Milano Moda settembre 2019

Milano capitale del prêt-à-porter, ritornata a richiamare un grande pubblico fra stampa e compratori (ultra numerosi i secondi, soprattutto stranieri) con le sue oltre 60 sfilate in calendario, incalcolabili altre sfilate e presentazioni, oltre 170 (sì: 170) eventi, fra i quali l’inaugurazione di nuove sedi, non soltanto italiane – come quelle degli italianissimi Tod’s, e Patrizia Pepe – ma di stranieri: dello statunitense-olandese Tommy Hilfiger; del giapponese “Uniqlo” di Tadashi  Yanai (considerato il più ricco del Giappone, presente con  la moglie) e del cinese Semir x Dumpty, al White, con una sfilata che pensa alla generazione Z in Cina.  E si parla di Steven Zhang, arrivato pure lui dalla Cina, non soltanto per l’Inter, ma – come charmain del colosso Suning – anche per la settimana della moda.

Si è conosciuto, dunque, quello che dovrebbe essere l’abbigliamento delle donne di ogni continente, per la primavera/estate 2020, in una sette giorni all’insegna della sostenibilità, del “verde” (“green” ed “eco” i termini più diffusi) dalle collezioni alla grande serata alla Scala, che ha visto presente, arrivata con Chiara Boni, Cara Kennedy Cuomo, attivista della sostenibilità in veste di Ambassador del progetto “Measuring For a Sustainable Future”. Inoltre, si è assistito alla consegna di premi a grandi personaggi distintisi per essere pionieri nelle scelte “green”, come Stella McCartney e François Henry Pinault, presidente del Gruppo Kering, e a Valentino (consegnato da Sophia Loren), mentre  piazza della Scala era stata trasformata in un’oasi, nella ricostruzione della “Vigna di Leonardo”, e  veniva annunciato che a “Sì White Carpet by Sposaitalia Collezioni” (fieramilanocity – 17/20 aprile 2020)  verranno presentate “capsule collezioni eco-sostenibili” di abiti da sposa, frutto della collaborazione con produttori di tessuti e filati green.

Femminilità, essenzialità, minimalismo, buon gusto, ritorno alla normalità, meno “street style” a favore di una sempre più diffusa nostalgia degli anni ’70 (anche se non  manca l’evidente nostalgia dei ’20 e dei ’90), e una particolare attenzione alle donne “curvy” i punti principali di questa grande kermesse, nella quale ricordiamo Alberta Ferretti, con una bella collezione dai colori solari sia per la tuta di denim quanto per gli abiti di chiffon. Cucinelli (anche per lui  ispirazione anni ’70 e “minimalismo neoromantico”) con delicati colori per il tailleur con giacca doppiopetto da indossare sia con pantaloni lunghi quanto con bermuda o gonne al ginocchio.

Col suo “party in giardino”, poi, Luisa Beccaria ha trasportato in una atmosfera romantica per una donna estremamente femminile e nel contempo attualissima, con maglia a maniche tre quarti e pantaloni quanto con sahariane-redingote, per arrivare ai lunghi romantici con balze, arricciature, plissé, dal bianco a tenui sfumature pastello. Altra collezione da ricordare, Genny col suo “sogno argentino” per una affascinante donna-gaucho che indossa nuovi pantaloni sopra la caviglia, giacchini e grandi cappelli nei colori delle spezie argentine; e non mancano le frange e il cavallo del gaucho nelle stampe.

Notevoli, e “nel tempo” i completi pantaloni con camicia e cravatta sotto ad un classico spolverino, di Max Mara. Margherita Maccapani Missoni (figlia di Angela) in un vecchio tram in movimento, ha presentato la nuova collezione M-Missoni: e, nell’attenzione ai problemi del pianeta, ha realizzato abiti con vecchie sciarpe, pullover e cappotti con  filati e tessuti d’arredo dismessi. Mamma Angela, invece, ha ricordato gli anni ’70 con gli straordinari temi che hanno reso celeberrimo il nome Missoni.

Sensazione, e pubblico in delirio, si sono visti da Versace per Jennifer Lopez, in passerella col “Jungle Dress” (abito giungla, che fece moda ed epoca, indossato dall’attrice al Grammy Award del 2000), sempre a scollatura abissale e con la stampa “Jungle” che ha siglato poi buona parte la collezione. Di Veronica Etro sono da ricordare gli abiti-farfalla, la giacchina nera con alta cintura di metallo su short a fiori e la camicia GE. O1, primo capo creato dal suo grande papà, Gimmo Etro. Lavinia Biagiotti, nel nome della sua indimenticabile mamma Laura, ha creato “Storia di donne for ever”, una collezione giovane, grintosa, oltre ad alcuni pezzi “tipicamente Laura”.

Brava come sempre (la ricordiamo a New York), pure Marianna Rosati, che in questo ritorno in patria con la sua “Drome”, ha ricordato gli anni ’70 lavorando la pelle come un tessuto per completi pantaloni, vesti traforate e tuniche. A Milano è tornato pure Boss, con la sfilata “doppia”, maschile e femminile, unendo rigore a creatività sia nelle linee sia nei colori.

Per Scervino ritornano i tailleurs classici, ma col “tocco in più brillante”, i parka, gli spolverini-vestaglia, i lunghi a spalline sottoveste e gonne amplissime a strati asimmetrici. Anche Alessandro Michele, per Gucci, ha lasciato buona parte della sua conosciuta originalità a favore di uno stile più classico, lineare.  Paul Andrew, per Ferragamo, si rifà ai capi iconici – rinnovati – che hanno contraddistinto lo stile della grande Casa fiorentina: dagli chemisier, alle tuniche, ai caftani. Eleventy, poi, si è ispirato all’Africa in un equilibrio fra modernità e contaminazione rispettando i concetti di sostenibilità.

E chiudiamo in autentica bellezza ricordando Giorgio Armani che, ancora una volta, ha dato… “una zampata da leone” con le collezioni “Emporio, e la “Giorgio Armani”. Nel trionfo di strati, trasparenze, ogni abito che sembra “il più”, fin che non arriva l’uscita successiva col “più del più”, dai colori della terra agli azzurri, ai pallidi rosa e grigio perla per tulle, organze, georgette, per forme sempre più lievi, vaporose, pur partendo dai blazer con pantaloni per arrivare agli abiti ed ai robe manteau lunghi, per sera.

Una grande, grandissima, settimana di grandissima moda.

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