MINDFULNESS, OVVERO CONSAPEVOLEZZA DEL PROPRIO SENTIRE

Un protocollo scientifico per lavorare al meglio, partendo da sé  

di Beatrice Bernasconi

Mindfulness: la migliore traduzione per questa pratica oggi molto in voga è “consapevolezza”.

In una società che ha tanti segni di frattura e di sofferenza tante sono le proposte per trovare armonia e benessere: paradossalmente la consapevolezza, anche degli aspetti dolorosi e sgraditi può aiutarci a mantenere un sano equilibrio. 

D’altra parte è assodato che le ricette per la felicità siano in genere delle fughe dal buono dell’esistente verso improbabili mete ideali, e che si traducano all’atto pratico in modi per rovinarsi la vita: il geniale e ironico Watzlavick ne ha fatto un libro Istruzioni per rendersi infelici

Comunque sia, equilibrio e serenità non sono scontati per nessuno: se non esistono ricette,  richiedono comunque un impegno più o meno intenso di ricerca e di esercizio; per chi lavora quotidianamente con persone sofferenti, difficili, poi, c’è un rischio reale di malessere che la psicologia classifica come “sindrome del burnout”: un disagio psicofisico specifico, che coinvolge sia la vita dell’operatore che, di conseguenza, quella degli assistiti.

Una delle declinazioni  di grande interesse della mindfulness è proprio la possibilità di sperimentazione pratica, basata su ricerche scientifiche rigorose che cercano di verificarne l’effettiva efficacia e i meccanismi di funzionamento di questo approccio che, in termini semplificati, aiuta a vivere meglio il quotidiano.   

Cristina Curaggi è educatrice professionale, da anni impegnata in Centri per la cura dei disturbi psichiatrici, un ambito a forte rischio stress; l’Azienda per cui lavora ha proposto a gruppi di operatori un percorso di approccio alla mindfulness: la Sig.ra Curaggi ha accettato la proposta con interesse: è stato l’inizio di un percorso che prosegue e che l’ha portata alla scelta di diventare istruttrice mindfulness. 

Quando hai aderito alla proposta, cosa ti aspettavi? 

Quando ho accettato la proposta del corso, ho anche cercato di capire cosa fosse la mindfulness e alcune risposte sembravano indicare che fosse un metodo di rilassamento, di presa di distanza dai problemi;  in realtà il suo obiettivo è renderci consapevoli, esercitare un’attenzione vigile, quindi se vogliamo,  paradossalmente,  il contrario.

L’approccio è quello di Jon Kabat-Zinn, un biologo statunitense dell’Università del Massachusetts,  che applica un rigoroso protocollo scientifico per la “Mindfulness Based Stress Reduction”: un metodo  che consente quindi sperimentazione e confronto sui processi e sui risultati.

Come funziona?

Il percorso lavora per permettere alle persone di centrarsi, di osservarsi da dentro, di raggiungere una buona consapevolezza del proprio sentire nel corpo, dei meccanismi di pensiero, in modo da essere liberi di scegliere anziché rispondere in modo istintivo come quando ad esempio siamo in ansia, o per abitudini che ci condizionano.   

Abbiamo meccanismi emotivi che a volte ci imprigionano perché non ne abbiamo consapevolezza, non sappiamo leggerli e ne siamo travolti. Ad esempio, a tutti può capitare di sfogare tensioni, agitazione, frustrazioni con lo shopping compulsivo, mettendoci a pulire ossessivamente la cucina o con altre reazioni che non abbiamo davvero scelto, ma in cui siamo piuttosto trascinati. 

La pratica che viene proposta si basa anzitutto sul “riconnettersi” coi 5 sensi, riconoscere e osservare le sensazioni fisiche: per esempio, se sono seduta, pongo attenzione alle sensazioni di tutto il corpo: come sono appoggiata, sentire i piedi a terra, la posizione delle spalle, ecc., se respiro, sentire l’aria che entra dalle narici, che scende nella gola… un’attenzione che non poniamo se non ci esercitiamo a farlo.

Infine, cerco di porre attenzione ai miei pensieri: di che tipo sono? Organizzativi, emotivi, sul passato, sul futuro…

E’ difficile? Sembrano azioni semplici, ma non usuali.

Non è per niente facile, richiede esercizio costante e allenamento: la capacità di osservarsi e divenire consapevoli cresce con la pratica e richiede rigore, costanza, anche fatica, come qualsiasi allenamento che porta a un risultato. Gli esercizi non richiedono accessori speciali, si usa la sedia, un tappetino per sdraiarsi, camminare, azioni che compiamo tutti i giorni.

La pratica poi avviene in gruppo e questo è di aiuto e supporto, anche se le esperienze di ognuno restano personali e non confrontabili.

Qual è il risultato?

Impari a conoscerti, a essere consapevole delle tue sensazioni e a comprendere alcuni meccanismi di pensiero e in questo modo puoi disinnescare gli automatismi. Per esempio, ti accorgi che quando succede un certo fatto il tuo pensiero ti porta in una certa direzione: lo comprendi, lo accogli per quello che è, ma puoi anche cambiare direzione.

In occidente in genere ci educano a essere attivi, a non sprecare il tempo, a programmare tutto…perdi il treno? Ti arrabbi perche “perdi” un’ora, ma se riprendi consapevolezza che ogni momento è vita tua, anche quell’ora è tua. Allora invece di lamentarti e imprecare puoi utilizzare quell’ora  nel modo migliore.

La mindfulness può ridonare la pienezza di stare nel presente, può permetterci di accettare la vita come è  e anche le altre persone, disinnescando giudizi e pregiudizi.

I giudizi, le aspettative e i tanti schemi che ci portiamo dentro, possono aggiungere stress a sofferenze e fatiche che la vita porta naturalmente. Capita un incidente? Una persona cara ha un problema? Può essere istintivo lamentarsi, domandarsi “perché a me?” ribellarsi…ma queste reazioni, pur comprensibilissime aggiungono male al male: il dolore c’è, possiamo esserne consapevoli e accettarlo così, come siamo capaci, senza fughe e arrabbiature: lo diminuiremmo? No, anzi…vivere il presente non è facile perché ci mostra come siamo, con le nostre fragilità e rigidità, ma ci può permettere di accoglierci per quello che siamo, a fare pace con la nostra realtà e quindi anche con la realtà degli altri.         

La mindfulness ha un legame con le filosofie orientali?

Ha radici culturali, filosofiche e anche religiose particolari, l’approccio della “Mindfulness Based Stress Reduction” è pensato per essere per tutti, utilizza potremmo dire in modo “neutro” una saggezza secolare che può innestarsi rispettosamente sulle storie e culture diverse di ciascuno.

Grazie Cristina, potremmo dire che è un percorso rigoroso e costante che vale la pena percorrere?    

Sì, ci vuole impegno, con istruttori esperti e certificati; si può scoprire  che la vita nel presente è straordinariamente interessante e si può viverla e accettarla qualunque sia quello che ci offre.

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