Mobilità sociale ed emigrazione

Il Rapporto Italiani nel Mondo 2019 non è un Annuario di statistiche, a ben guardare non lo è mai stato. Giunto alla sua XIV edizione, il Rapporto si è consolidato come una vera e propria “enciclopedia” dell’emigrazione italiana nel mondo, che accanto agli indicatori riguardanti il flusso della mobilità antica e nuova dei cittadini italiani, attinge alla memoria collettiva, facendo riemergere immagini tragiche e di successo di milioni d’italiani all’estero.

Immagini  di un tempo passato come la valigia di cartone, rappresentazione di una mobilità non voluta, e immagini di decine di migliaia di persone – 1 milione di nuovi italiani registrati all’estero nel periodo 2014-2019 – che si muovono avendo a disposizione strumenti professionali e culturali per lo più sconosciuti ai loro predecessori.

Il tema della “mobilità sociale” ha animato l’Incontro internazionale di studi del sistema Acli svoltosi a Bologna nello scorso mese di settembre, avendo come riferimento la ricerca sociale “Famiglie oltre confine” sostenuta dalla FAI e realizzata dall’IREF, l’Istituto di ricerche educative e formative delle Acli. E non a caso la presentazione del RIP 2019 è stata fatta a due voci: quella di Delfina Licata, curatrice “storica” del Rapporto, e quella di Roberto Rossini, Presidente nazionale delle Acli.

La mobilità sociale e fisica non è unidirezionale, non è rivolta solamente verso altri Paesi dell’Europa e del mondo; vi è una mobilità che sposta migliaia di persone – giovani soprattutto – dal Meridione verso il settentrione dell’Italia, fenomeno che richiama alla memoria il periodo postbèllico. La fuga dal Mezzogiorno ha un costo sociale elevatissimo, 30 miliardi di euro negli ultimi 10 anni, e genera un impoverimento precoce che si manifesta già al momento della scelta dell’Università: tantissimi giovani vanno a studiare in quelle del nord dell’Italia, scelta che depaupera ulteriormente l’economia del sud e alimenta quella del nord! Siamo passati dal valore delle rimesse degli emigrati – che per decenni hanno alimentato l’economia del Meridione, al valore delle risorse investite per far studiare i figli nelle università del nord dell’Italia o per aiutarli nei primi mesi di vita all’estero! Ma vi è una contraddizione in termini, perchè il flusso in uscita riguarda anche il nord dell’Italia: si emigra consistentemente pure dal Veneto e dalla Lombardia.

In Italia ha tenuto e tiene banco soprattutto l’immigrazione, con dosi di odio elevate, rimuovendo volutamente dalla discussione pubblica che non siamo solo un Paese di arrivi ma anche di partenze come testimonia il RIP; la mobilità italiana nel mondo è aumentata vertiginosamente e non può essere catalogata come “fuga di cervelli”, una semplificazione inaccettabile. Una discussione con un’accezione generale, come ci ricorda Papa Francesco: “siamo caduti nella cultura dell’aggettivo e abbiamo dimenticato quella del sostantivo”.

E allora – ricordando il bel titolo dell’articolo di Delfina Licata per il Corriere dell’italianità – “Italiani nel mondo: è il tempo delle scelte”, un invito rivolto all’Italia, che deve armarsi di ago e filo per ricucire e tenere assieme la società.

Continuare
Abbonati per leggere tutto l'articolo
Ricordami