Non basta dire cioccolato. Qual è il vero “cibo degli dei”?

Un libro ci aiuta a orientarci nel mondo del sapore autentico

di Giovanna Guzzetti

Irriverente. Come definire altrimenti la cronista, italiana, che ha l’ardire di parlare di cacao e cioccolato su una testata svizzera? Ancora non molti anni fa era diffusa l’abitudine di andare in Svizzera a comprare sigarette, per gli adulti maschi, e tavolette di cacao, soprattutto al latte, o Toblerone per i bambini.

Il cioccolato “buono” era rigorosamente svizzero…una memoria che ha dato il là alla famosa pubblicità “Svizzero? No, Novi!”. Il cibo degli dèi però, negli anni, ha abbattuto ogni confine e, nelle sue molteplici forme, è diventato simbolo di gioia, ricordo, affetto, pensiero…

Alzi la mano chi, in occasione delle Feste (ormai dietro l’angolo), non ha mai ricevuto in dono o regalato del cioccolato. La più retorica delle domande, dal momento che la pubblicità ci inonda di suggerimenti in tal senso. Per tutti i gusti e per tutte le tasche.

Anche per il cioccolato, però, come per altre eccellenze che onorano la nostra tavola ed hanno un potente legame con la terra (vino, olio d’oliva, caffè), la qualità è una valenza particolarmente distintiva. E degustare il cioccolato fa parte, alla stessa stregua degli assaggiatori di vino e/o olio, di un percorso culturale.

In questa passeggiata ideale fra le piantagioni di cacao e le sofisticate cioccolaterie, compresa una puntatina nelle nostre case dove spesso accogliamo ospiti e persone care con un cioccolatino che, addolcendoci il palato e l’animo, ci ben dispone, ci accompagna Cioccolato Rivelato, un volume da poco in libreria, per i tipi di Baldini Castoldi, firmato da Rossana Bettini. Non solo esperta di analisi sensoriale ed educazione del gusto (che insegna) ma, dal 2021, presidente dell’Istituto Internazionale Chocolier, con l’obiettivo di creare un corpo di assaggiatori al servizio del cioccolato, valorizzarne le eccellenze e orientare gli appassionati verso consumi di qualità.

Spesso, alla voce cioccolato, riconduciamo molte cose: tavolette, praline, snack, creme spalmabili, budino. La differenza però tra un prodotto e l’altro può essere molto profonda: denominatore comune il cacao. Quella magica polvere marrone scuro che, per noi di una generazione più remota, equivaleva ad un dono, ad una festa, quando lo si poteva (de)gustare con il latte caldo. E una buona dose di zucchero.

Rossana Bettini parte da lì, dal cacao. Dalle leggende che lo circondano destinate, ad un certo punto, a fondersi con la storia. Quella del colonialismo spagnolo in Messico, all’epoca del Conquistador Hernàn Cortés, quando il cacahuatl, spezia pregiata con cui si realizzava un balsamo emolliente e potente afrodisiaco, approdò prima di tutto nelle tazzine fumanti (di cioccolata) delle corti europee, lontane dalle tavolette cui siamo usi oggi.

In Italia due città, fin dal 16esimo secolo sperimentarono la bontà della cioccolata (calda). Torino e Firenze. Come mai tutto questo buon gusto proprio in riva al Po ed in riva all’Arno, antiche capitali d’Italia prima di Porta Pia? A Torino fiorirono le cioccolaterie grazie ai Savoia che, a quel tempo, erano mercenari al servizio degli Spagnoli e dal contatto con quella corona importarono questo “cibo degli dèi”. Solo nel 1865 comparirà l’icona torinese del Gianduiotto, un artifizio di Caffarel che, per ovviare alle difficoltà di approvvigionamento del cacao, amalgamò anche nocciole tritate e tostate.

A Firenze l’uso “goloso” del cacao fu introdotto da Francesco Carletti, avventuroso mercante, che dopo aver girovagato per il mondo per oltre un decennio tra 500 e 600, nei suoi Ragionamenti descrive tante materie prime che potevano essere una valida merce di scambio (ed il cacao lo fu per un lungo periodo), tra cui il caccao, e le modalità di preparazione della bevanda detta Cioccolatte, a base di frutti di cacao, acqua e zucchero.

Grazie a Rossana Bettini, che arricchisce il suo volume di belle immagini realizzate da Fabio de Visentini, scopriamo che non basta dire cacao (così come non basta dire caffè…). In natura le tipologie sono tre: il Criollo, la specie più pregiata con una produzione limitatissima; Il Forastero, che rappresenta il 90% della produzione mondiale; l’ibrido Trinitario, pari a circa il 9% del mercato mondiale. Il ventaglio delle specialità si completa con l’Ecuador Arriba Nacional, che presenta alcuni tratti (ad esempio la fragranza floreale) prossimi a quelli del number one Criollo.

Insomma, si fa presto a dire cioccolato ma, nel tempo, a tutela di questo cibo degli dei sono intervenute anche norme ad hoc che regolano in modo molto stretto le percentuali degli ingredienti di base, stabilendo le varie classificazioni del cioccolato. Dove troviamo l’ossimoro del cioccolato bianco che, sia chiaro, cioccolato non è dal momento che il cacao è il grande assente nel ventaglio degli ingredienti che si “limitano” a latte, burro di cacao e saccarosio, oltre ad una possibile presenza di vaniglia o suoi surrogati.

Il cioccolato, in modica quantità, è salutare, energetico ed induce il buonumore. Anche quella sensazione di setosità che può trasmettere è sicuramente un valore aggiunto. Ma deve rimanere solo o il suo gusto ricco, oseremmo dire dominante, può essere associato ad altro?

Sono possibili binomi con vini e /o distillati? Rossana Bettini ci illustra, con sapienza, anche alcune possibilità. Bandito lo champagne, vanno bene i vini spagnoli come lo Jerez e portoghesi secchi o liquorosi per i prodotti con molto cacao. Tra i distillati, non va dimenticato il rum.

La lettura, agile e veloce, del lavoro di Rossana Bettini fa venire l’acquolina in bocca e induce al sorriso. Elementi questi che fanno di Cioccolato Rivelato non solo un libro d’autore, imprescindibile per i cultori della materia, ma una perfetta strenna da Season’s Greetings.

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