Il Padre. La Recensione di Moreno Macchi. “Pubblicato per la prima volta nel 1931, Il Padre è un lucido spaccato delle condizioni sociali delle donne della media borghesia di quegli anni, forzate a soddisfare ogni bisogno o esigenza dei componenti maschili della famiglia…”

«Oh, quante
preziose compensazioni
hanno le persone
che non sono belle,
pensava con gioia»
Elisabeth von Arnim
Il padre (romanzo)
Bollati Boringhieri
Approfittiamo dell’eccellente iniziativa delle Edizioni Mondadori di allegare ad alcune riviste le sue opere, per presentare uno dei suoi libri che – neanche a farlo apposta – abbiamo appena terminato.
Per chi non la conoscesse ancora, Elizabeth von Arnim non è altro che lo pseudonimo della scrittrice inglese Mary Annette Beauchamp, che nasce nel 1866 a Kirribilli Point in Australia, nella residenza della famiglia, appartenente alla borghesia mercantile della colonia britannica. Mary viene però educata a Londra, dove dimostra un precoce talento musicale. Nel 1891 sposa il conte Henning August von Arnim-Schlagenthin, un aristocratico prussiano, ma l’unione si rivela assai infelice.
È autrice di molti celebri romanzi come l’autobiografico Il giardino di Elisabeth o il delizioso Incantevole aprile,che si svolge essenzialmente in Italia(e più precisamente in un piccolo castello medievale sulle coste del Mediterraneo), mentre il romanzo di cui stiamo per parlarvi è tutto ambientato nell’Inghilterra di inizio Ventesimo secolo.
Forse, quando la madre in punto di morte ha commissionato a Jennifer, sua figlia unica, la protezione e le cure del padre, non si è resa davvero conto di quanto quest’incombenza potesse essere gravosa per la giovane. Soprattutto quando il padre ha la discutibile tendenza a scambiarla per una valida collaboratrice gratuita e sempre a portata di mano, capace di mettere in bella copia dattiloscritta i suoi testi di celebre romanziere per signore bene, di dirigere coscienziosamente il personale di casa e di essere a sua completa disposizione in qualsiasi momento, quasi la donna non avesse un’esistenza propria.
Diciamo comunque che, fino a un certo punto, tutto va piuttosto liscio, anche se la donna, interamente devota al padre, è costretta a mettere tra parentesi la sua vita, la sua personalità, i suoi desideri più legittimi di affetto, di libertà e di relazionarsi con altre persone.
Per Jennifer però le cose si complicano quando il padre-padrone (dopo parecchi anni di vedovanza non proprio infelice visto il suo profilo dongiovannesco e l’ammirazione che gli testimoniano le sue ammiratrici) decide repentinamente di sposarsi con una giovane donna incontrata per caso in un omnibus un giorno di pioggia torrenziale (un vero «colpo di fulmine»!) che però ha la particolarità di essere più giovane di sua figlia.
Per Jennifer (ormai ultratrentenne) arriva così finalmente l’occasione di essere libera e di abbandonare la sua vita insulsa e priva di affetto a Londra per ritirarsi in campagna come ha sempre desiderato. Così brandendo l’ombrello in una mano e un piccolo bagaglio nell’altra, la donna si reca alla stazione Vittoria e acquista un biglietto per il Sussex dove ha già scelto nel giornale parrocchiale di quella regione, un paio di recapiti suscettibili di fornirle un confortevole, bucolico alloggio.
La natura, mai vista in passato nella nebbiosa capitale inglese, la stupisce e l’incanta; vede per la prima volta dei fiori di cui ignora il nome e che designa quindi solo indicandone il colore: gialli, rossi, blu, bianchi. Le basteranno le cento lire di rendita annue per vivere in modo decoroso in campagna? Troverà il cottage e l’ospitalità ideali? Sarà finalmente felice nell’idilliaca atmosfera campestre?
Purtroppo, Jennifer non ha però fatto bene i conti con le stranezze di un’attempata zitella tirannica e curiosa che da sempre piega il fratello alla propria volontà con la sua schiacciante personalità e il suo smisurato egoismo né con le esigenze e le pretese del dispotico padre, né con un pastore tradizionalista, intransigente e bacchettone, né tanto meno con la giovane matrigna, terrorizzata e pentita di quel matrimonio frettoloso e azzardato …
La costruzione del racconto è assai originale e particolare perché la voce narrante sembra repentinamente (e senza chiaro preavviso) penetrare nella mente dei protagonisti e seguire il vagabondare dei loro pensieri e delle loro riflessioni che a volte anticipano, descrivono e infine analizzano e commentano gli avvenimenti, i propri atteggiamenti e quelli degli altri, le strambe situazioni, spesso inedite, in cui si trovano.
Così il lettore si ritrova a «partecipare» alla scoperta di un universo del tutto nuovo per l’eroina, ricco di sensazioni, impressioni, meraviglie, novità; un mondo che affascina la giovane donna sorprendendola ad ogni inattesa rivelazione che le regalano la natura e gli esseri umani.
Ma penetra anche nelle menti più o meno contorte degli altri personaggi, svelandone i tormentati ragionamenti, le ripetute incertezze, i tentennamenti, le arrabbiature, i pentimenti, la rassegnazione, i dubbi, le curiosità, le rivolte e perfino i progetti di «vendetta, tremenda vendetta».
Pubblicato per la prima volta nel 1931, Il Padre è un lucido spaccato delle condizioni sociali delle donne della media borghesia di quegli anni, forzate a soddisfare ogni bisogno o esigenza dei componenti maschili della famiglia, spesso prive (come Jennifer) di risorse proprie e quindi ricattabili facilmente, impossibilitate a lavorare per non macchiare il buon nome della famiglia, prive di ogni libertà, intristite e sole nell’irrealizzabilità di ogni loro anche naturale e semplice desiderio.
Così, in tutte le pagine di questo delizioso romanzo pervaso di uno humour di stampo rigorosamente britannico, sentiamo echeggiare come un dirompente inno alla libertà.