Pace e guerre. No, no, nessuna intenzione (anzi, delirio) di fare il controcanto a Leone Tolstoj. E nemmeno di volermi annoverare fra i trendsetter, avviando un dialogo sul tema con ChatGPT. Niente di tutto questo. Molto più semplicemente, ed umilmente, qualche riflessione indotta dall’incanutimento.
Si sono sprecate, o moltiplicate, le parole, le considerazioni, le discettazioni ad un anno dall’inizio dell’operazione speciale (vae victis, a pronunciare la parola guerra in russo, война) di Putin in Ucraina. Anche le statistiche, che grondano di sangue delle vittime o delle lacrime dei profughi. Per non parlare delle ferite dei torturati (gli orrori di Butcha non sono diversi da quelli di Buchenwald. O delle foibe di Basovizza e dintorni).
Pensiamoci bene. Guerra è un termine che decliniamo molto spesso al plurale. Pensiamo alle guerre persiane, a quelle puniche, di successione, di indipendenza, di religione. Saltellando qua e là nelle pagine di storia.
Ma la pace? No, quella è sempre al singolare. Perché le guerre sono concrete, si combattono anche a mani nude, espongono e ci espongono alle peggiori azioni (da àgere, fare) mentre la pace è uno stato dell’anima. Secondo la fede cristiana la pace è il dono offerto agli uomini dal Signore risorto ed è il frutto della vita nuova inaugurata dalla sua resurrezione. La pace, pertanto, si identifica come "novità" immessa nella storia dalla Pasqua di Cristo. Nasce da un profondo rinnovamento del cuore dell'uomo.
La radice di pace (pax, pacis) è la stessa di *pak-, *pag- che si ritrova
in pangere «fissare, pattuire» e pactum «patto», oltre che in paciscor, venire a patti, stipulare un prezzo. Un concetto che ha trasceso i limiti del concreto per rappresentare uno stato di grazie proprio quando si è materializzata nell’Ara Pacis (Augustae), fatta erigere dal Senato romano quando sembrò che Augusto, dopo aver sottomesso la Spagna e le Gallie, pareva aver definitivamente posto sotto la tutela della dea Pace il mondo. Come un ampio mantello che avvolgesse l’orbe terracqueo fino ad allora conosciuto. Un mantello morbido, come si addice ad una sensazione di universale benessere, e trasparente, perché l’umanità avvolta potesse guardare e guardarsi con sentimenti positivi.
Il senso di armonia e quiete diffusa (pace durevole in Omero) lo ritroviamo...