Pagelle. La Svizzera è il terzo paese più sostenibile del mondo

Di Marco Nori, Ceo di Isolfin

Per il quarto anno consecutivo, la Svizzera si è classificata al terzo posto a livello mondiale in termini di sostenibilità. La graduatoria è stata calcolata dal think tank svizzero-coreano Solability con il suo Global Sustainable Competitiveness Index (GSCI) 2021.

La Confederazione ha mantenuto il terzo posto con 61,8 punti su un potenziale totale di 100. La parte del leone la fanno i paesi scandinavi, e non è una sorpresa, con la Svezia al primo posto, seguita dalla Finlandia, la Danimarca al quarto, la Norvegia al quinto e l’Islanda al sesto. È una classifica dominata dall’Europa con solo 5 paesi extra-europei fra i primi 30: Giappone (13), Nuova Zelanda (15), Corea del Sud (21), Costa Rica (28) e Usa (30). L’Italia non è purtroppo molto virtuosa in termini europei e si classifica al 32esimo posto.

L’indice si basa su cinque categorie: capitale sociale, capitale intellettuale, capitale naturale, intensità delle risorse e governance. È un indice bilanciato, che non tiene in considerazione solo i numeri ma anche la qualità delle risorse a disposizione e, in particolare, il capitale sociale, che viene spesso dimenticato concentrandosi sull’ambiente. Ma la qualità dell’assistenza sanitaria, della sicurezza, della libertà e dell’uguaglianza, oltre alla soddisfazione degli abitanti di un paese sono cruciali perché sia etichettato come “sostenibile”.

Se per la Svizzera il risultato è di grande prestigio, Solability avverte che il punteggio medio assegnato nel 2021 è di 45 punti su 100 e quindi la situazione mondiale non è così rosea. Diciamo che i primi paesi sono i più virtuosi fra i mediocri, ma anche qui sappiamo che la perfezione non è di questo mondo. L’opinione del think tank è che per migliorare rapidamente la situazione occorra una tassa globale sulle emissioni di CO2 che è un’iniziativa bellissima ma, per il momento, abbastanza utopica. Il mondo è ancora composto di una grande fetta di paesi per i quali le energie pulite sono troppo costose e si affidano al carbone e al petrolio per restare competitivi: d’altro canto, sostengono questi paesi, nei decenni scorsi l’America e l’Europa si sono industrializzate e arricchite usando energie inquinanti a basso costo, e ora vogliono che tutti diventino virtuosi con energie pulite e più costose? È vero, ma il pianeta la pensa diversamente.

Come per la stragrande maggioranza delle discussioni globali, non esiste una ricetta infallibile ma il modo migliore resta un compromesso con tanta buona volontà – anche questo rasenta l’utopia. L’inquinamento resterà a livelli alti fino a quando non si potrà offrire ad alcuni paesi una via d’uscita che non pregiudichi la competitività e il mercato che si sono faticosamente conquistati. La mia personale opinione è che difficilmente ci si arriverà con una tassa globale, è più realistica un’azione che sia modulata. Non si può imporre al Chad, uno degli ultimi paesi della classifica, gli stessi parametri della Svezia, il primo. Un ultimo punto di discussione è la nazionalità del think tank, svizzero-coreano, un connubio inusuale e interessante. Che la nazionalità abbia influito sul grande risultato della Svizzera non è in questione, perché la Confederazione è davvero un paese che si distingue, però forse è la prospettiva da paese ricco e privilegiato che può avere influenzato le ricette per migliorare il mondo.

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