Pane e convivialità

di Stefania De Toma

L’idea era quella di commentare il delirio collettivo di fare il pane, un delirio bellissimo s’intende, che si sparge dalle case e profuma di attesa, di cura, di condivisione, quella che ci manca tanto, preparato in microcosmi di quattro mura e balcone, terrazza o giardino per i più fortunati. Poi abbiamo provato anche a completare ai tempi del virus globale il titolo del meraviglioso film con De Sica e la Lollo.

Pane amore e…?

… Fantasia, come l’originale. Ci sta. Alcuni cercano di sbizzarrirsi. A inventare giochi, ricette, flash mob on line, oggetti di bricolage magari da brevettare, nuove risorse su cui puntare in periodi di crisi e nuovi modi di trasformare le proprie attività; e lì la fantasia magari fa a sua volta il paio con imprenditoria. Ben venga, soprattutto quando non marcia su una calamità in modo scorretto, per non dire “sciacallante”, cose che purtroppo accadono.

… Nostalgia. Il dolore del ritorno. Ecco, forse questa è la parola mancante più adeguata a descrivere un sentimento diffuso. Ci manca quel che eravamo, ci manca quel che ci rendeva felici ma anche quel che ci dava stress, noia, che sapeva di routine. Un dolore che ci può forse insegnare una chiave nuova per essere più felici, almeno un po’, si dice sempre ma pochi riescono a praticarlo: non dare nulla per scontato. Mai.

… Terapia. Intensiva. Sì ma anche chirurgia, gastroenterologia, oncologia, ginecologia, ortopedia…perché il coronavirus sta avendo il potere di fermare tanto, a partire dall’economia, (eccola, altra rima, dolorosa), ma non tutto. Le altre malattie continuano e questo virus uccide anche a causa di ciò che non può essere curato nei modi e nei tempi opportuni, di rinvii di interventi programmati più o meno gravi, di mancati esami e diagnosi. Non c’è rima al valore di medici infermieri e personale sanitario, compresi gli autisti delle autoambulanze e gli addetti alle pulizie, persone che non vogliono essere chiamate eroi perché hanno scelto ben prima una missione con il proprio mestiere. Eroi forse lo sono, operando in un sistema sanitario che poteva essere tra i migliori del mondo e invece ha troppe falle che potevano essere evitate. Ci eravamo meravigliati dell’ospedale cinese costruito in dieci giorni ma poi abbiamo fatto altrettanto: siamo in gamba, noi italiani, proprio in gamba, accidenti.

… Allegria. I canti dal balcone, le feste su zoom, i video che spopolano sui social con cui ci prendiamo in giro nelle nostre reclusioni; e però poi, già dopo un mese, ci è passata la voglia, anche le videochiamate si rallentano un po’, ci stiamo intristendo, troppi morti, troppo dolore, troppo dilagare di tutto questo nel resto del mondo, anche se i numeri in Italia prendono a calare…

… Geometria, ma anche geografia, filosofia, e su tutte l’Empatia, quella che si sta creando o sta crescendo tra insegnanti e alunni, di ogni ordine e grado, che senza più orari e limiti si aggrappano agli schermi per mandare avanti insieme la risorsa indispensabile e preziosa delle comunità, quella che ci garantisce il futuro: la scuola.

… Pandemia, infine: del virus ma anche della paura. Ieri una persona mi ha detto che questa è una situazione in cui forse per la prima volta vede Dio. Nella Natura che si riprende i suoi spazi, nell’aria più pulita, nei cessate il fuoco di molte guerre e nei reati che diminuiscono, insomma in quei nutriti elenchi di cose buone – molto diffusi sui social- che paradossalmente il virus sta portando con sé; ma al prezzo di vite umane, tante, sempre di più. Come se un Dio – qualunque sia – volesse ristabilire un equilibrio che la dissennatezza dell’uomo ha sgretolato, e non perché sia cattivo. Perché è giusto. Ovvio che in tutto questo pàgano in pochi quel che deve colpire molti e lì è difficile capire come una presunta giustizia divina possa agire: ma questo è dilemma di sempre di fede e ragione. Però da un virus che si chiama paura siamo colpiti tutti ed è questa paura che sta fermando il mondo, in una democrazia del contagio che, anzi, pare sia partita proprio dai quartieri alti della Terra e non ad esempio dalla solita, povera Africa.

Ci sarebbero molte altre parole in rima a completare quel titolo per descrivere il periodo, non basterebbero neanche: carestia, filantropia, poesia, isteria, ipocondria, ironia; tricotomia la prenderemmo come “desiderata” in prestito dalla pratica chirurgica per astinenza da estetisti e barbieri, condivisa nientemeno che col nostro Presidente, forse mai sentito così vicino a tutti noi.

Ma torniamo a Pane e Amore, da cui si era partiti e da cui forse ricominciare. Perché il Pane ha segnato l’inizio della civiltà e l’Amore dev’essere il motore che muove il mondo, per il prossimo, per le comunità, per la natura, per noi stessi. Quello che c’è si rinsalda, quello tiepido si ripara o si decompone definitivamente. Quel che non c’è manca, manca tanto, dà un profumo un po’ triste e l’idea di ciò che conta nella vita: l’Umanità che portiamo dentro. Sarà che “compagno” ha il suo etimo in “cum panis”: e forse per questo sarà vero il detto “se l’amore avesse un profumo, sarebbe quello del pane”. Continuiamo a farlo nelle nostre case, del resto il pane che lievita è energia. Ecco, la rima perfetta…

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