Parità di genere, lingua italiana e lavoro

L’intervento di Marina Carobbio Guscetti a Zurigo, ospite del “lunedì del Corriere” (svoltosi in via eccezionale sabato 23 novembre), ha offerto un ampio panorama sullo scenario politico della Confederazione elvetica dopo le elezioni del 20 ottobre scorso e il ballottaggio per il completamento del Consiglio degli Stati. E in attesa di completare il quadro complessivo con l’elezione dei membri del Governo l’11 dicembre. Tra le tematiche più calde – senza sminuire l’importanza degli altri argomenti toccati – credo che tre questioni toccate dalla Presidente Carobbio meritino una menzione particolare, avendo per altro caratterizzato la linea politica del suo anno presidenziale (il suo mandato si concluderà il 1° dicembre, dal giorno successivo sarà Consigliera alla Camera dei Cantoni).

Di fronte ad una sala gremita, Marina Carobbio, incalzata a gran ritmo da Simona Cereghetti – giornalista e corrispondente della RSI da Berna – ha iniziato la sua riflessione sulle disparità di genere partendo proprio dalla situazione al Parlamento. Oggi le donne elette al Consiglio Nazionale sono il 42%, mentre al Consiglio degli Stati sono 12 (circa il 26%). Un dato straordinario alla luce della situazione antecedente la tornata elettorale. Grazie alla campagna di mobilizzazione voluta e supportata da più parti sociali (si pensi alla campagna “Helvetia ruft” e allo sciopero del 14 giugno scorso), oggi la Svizzera arranca significativamente di meno per quanto riguarda la parità donna-uomo in politica! Rimangono, certo, ampi margini di miglioramento volti ad accrescere la presenza e visibilità femminile in ruoli e funzioni di responsabilità, ma la determinazione e quella ritrovata unità del mondo femminile svizzero, che va oltre le affiliazioni di partito, fanno ben sperare! Lentamente, si assiste anche nella società elvetica alla ritrovata consapevolezza (intergenerazionale e interpartitica) che attraverso la solidarietà di genere si possono ottenere risultati degni di nota per quel che concerne la giustizia e la riduzione delle disuguaglianze tra uomo e donna.

Prende corpo un discorso, appoggiato – a ben vedere – non solo dalla sfera femminile, che mette sotto i riflettori, ad esempio, la percezione tradizionale del lavoro di cura, svolto per lo più dalle donne senza che siano retribuite e senza la copertura dei contributi versati alle assicurazioni sociali. Un inganno che peserà sul loro futuro pensionistico. Sono di questi ultimi mesi, se non addirittura settimane, le discussioni intavolate in vari gruppi di lavoro – politici e istituzionali – che esaminano la questione della fuoriuscita dal mercato del lavoro per accudire non solo i figli gravemente ammalati, ma anche gli anziani. In una società che invecchia – ha sottolineato la Presidente Carobbio – non è più possibile posticipare la discussione sul ruolo delle donne (e degli uomini) nelle attività di cura. E dunque affrontare la problematica delle differenze di genere diventa centrale, per l’impatto che la questione ha sulla coesione sociale e, non da ultimo, sulla democrazia – una democrazia che garantisca non solo uguali diritti ma anche uguali opportunità.

Non solo” il genere”, ma anche la “lingua italiana” ha un ruolo decisivo per la qualità della partecipazione alla vita politica e la coesione sociale in Svizzera. In un Paese, che si fonda su diverse culture e tradizioni, espresse anche linguisticamente in modi differenti, l’utilizzo delle quattro lingue nazionali deve essere difeso e rafforzato.

Per questo – è doveroso ricordarlo – Marina Carobbio ha impresso una svolta ai lavori parlamentari, imponendo un ampio utilizzo della sua lingua madre, l’italiano, dando seguito a quanto fece Chiara Simoneschi Cortesi – prima donna di lingua italiana Presidente del Consiglio nazionale (2008-09) – che condusse parte dei suoi lavori parlamentari nella propria lingua madre. Là dove gli anglicismi pullulano e l’inglese rischia di soppiantare le lingue minoritarie nazionali nei contatti tra le varie regioni linguistiche svizzere, la valorizzazione della lingua italiana permette la tutela della storia e della cultura di una parte importante della Confederazione elvetica. Parte che oggi ancora fatica a trovare una propria e definita collocazione, stretta tra “il resto della Svizzera”, a nord, e il panorama lombardo a sud.

La questione dell’italianità è in qualche modo anche legata al mercato del lavoro e in particolare del frontalierato dall’Italia verso il Ticino e i Grigioni, importante anche per la sua dimensione numerica (65mila frontalieri). Naturalmente, l’identità linguistica facilita l’accesso ad un mercato del lavoro comunque più stabile di quello italiano, con tutti i problemi connessi, primo fra tutti il fenomeno del dumping salariale che si traduce in tensioni sociali, nella richiesta di chiusure delle frontiere e, infine, gonfia il consenso verso le tesi populiste. Dichiarandosi a favore di misure che proteggano i salari medio-bassi, tagli ai costi delle casse malati e di un ritrovato dialogo tra Svizzera e Ue sull’Accordo Quadro – oggi arenato anche perché le istituzioni europee sono molto assorbite dalla questione Brexit – Marina Carobbio ha sottolineato anche l’importanza di tenere aperto il dialogo con la vicina Italia, auspicando un governo italiano stabile che permetta di avviare e concludere politiche comuni su problemi economici che toccano in pari tempo le due aree geografiche, la Svizzera di lingua italiana e il Nord Italia.

 

 

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