Pensiero computazionale: un progetto nelle scuole svizzere

Pensiero computazionale. Pensare come una macchina. Ma come si fa? Non è forse qualche cosa di lontano, astratto e fantascientifico? Ne abbiamo parlato con Luca Gambardella (Professore ordinario presso la Facoltà di Informatica e Direttore del Master in Artificial Intelligence presso l’USI), che da qualche tempo insegna ai bambini ad accrescere le proprie capacità di pensare in modo computazionale.

Professore Gambardella, anzitutto, cos’è il pensiero computazionale?

Il pensiero computazionale è un processo di problem-solving e fa parte del set di skill che ci rendono capaci di affrontare un problema secondo una metodologia che è vicina al ragionamento dei computer, quindi un modo di pensare che procede seguendo linee logiche, suddivisione di problemi da risolvere in sotto-problemi, (ri)combinazione dei risultati da semplici a complessi. Ogni giorno, noi tutti utilizziamo, in modo intuitivo e “naturale”, modalità di pensiero che, se analizzate da un punto di vista formale, si rivelano tipiche della computazione: dalla semplice osservazione che eseguire una moltiplicazione significa iterare una somma, alla possibile descrizione in termini algoritmici di molte azioni quotidiane.

Quanto ha appena sottolineato è un argomento forte a favore dell’insegnamento del pensiero computazionale fin dalla giovane età: se è una forma di pensiero già così presente nella nostra vita e indipendentemente dall’utilizzo delle tecnologie informatiche, è certamente importante inserirlo nel curricolo scolastico. Lei, assieme a colleghi della Svizzera interna e romanda, sta partecipando a un progetto di ricerca, finanziato dal Fondo Nazionale per la Ricerca, volto a sviluppare e favorire il pensiero computazionale dei ragazzi delle scuole con il supporto di un robot. Tra gli obiettivi vi è anche quello di monitorare, in modo semi-automatico e su larga scala, l’efficacia dell’introduzione della robotica educativa nella formazione scolastica. Ci racconta meglio del progetto?

Nelle scuole di livello primario e secondario inferiore a San Gallo, in Vaud e in Ticino, abbiamo cercato una modalità, che fosse sia di gioco sia di verifica, di come trasformare un pensiero in un’azione, o in un’azione eseguita da una macchina: utilizzando dei piccoli robot, dividano gli alunni in team e chiediamo loro di svolgere degli esercizi dove è richiesto di ragionare in maniera logica, dividere i compiti e lavorare in squadra. Applicare queste skill, lavorando con un robot, aiuta perché permette ai giovani di vedere nella pratica il risultato di quello che pensano in maniera computazionale. Per un bambino (o una bambina) la programmazione, di per sé, risulta per lo più asettica e fredda, qualche cosa di astratto e quindi lontano. Per questo motivo abbiamo pensato a un approccio più ludico, che consenta di attirare l’attenzione dei più piccoli, i quali – davanti a un monitor – credendo solo di giocare e attraverso esempi pratici, imparano come risolvere un problema più o meno complesso e a scrivere una serie di istruzioni che la macchina interpreta ed esegue. Pensiamo ad esempio a come si muove un robot nello spazio rispetto a noi. Programmare e lavorare con un robot ci rende consapevoli di una sorta di vincolo fisico al quale noi non siamo abituati. Nel mondo noi ci muoviamo nella direzione che decidiamo, per lo più, noi, mentre lo stesso non vale per una macchina, i cui limiti sono definiti dai sensori che possiede. Non è possibile far muovere un robot all’indietro se non possiede sensori posteriori! La programmazione è vincolata e di questi vincoli noi dobbiamo tener conto nel nostro problem-solving.

Quindi, per concludere, da un lato vogliamo sviluppare un sistema di tutoraggio “intelligente” che supporti gli alunni nella risoluzione di problemi specifici che richiedono l’applicazione del pensiero computazionale in una classe Dall’altro lato, il progetto ci aiuta a valutare l’impatto della robotica educativa per gli allievi ma anche per i loro genitori. Ad ogni allievo diamo infatti un robot proprio, del quale devono prendersi cura e con il quale possono interagire anche nel contesto extra-scolastico, come quello domestico. 

Per maggiori informazioni www.thymio.org

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