Alexander Langer: più lento, più profondo, più dolce

Nella ricorrenza della tragica morte di Alexander Langer, avvenuta il 3 luglio di 25 anni fa, si svolgerà a Firenze una giornata di studio per celebrare la figura e l’opera del grande intellettuale sudtirolese.

Nato nel 1946 a Sterzing-Vipiteno, in provincia di Bolzano, Alexander dovette confrontarsi, fin da giovane, con le difficoltà della convivenza fra i gruppi etnici della sua terra di origine, che trovano tuttora riscontro perfino nella denominazione dei luoghi, di cui esiste sempre una versione italiana e una tedesca e talvolta ladina, non senza contrasti sull’adozione dell’una o dell’altra.

A questo proposito lo stesso Langer, che era un bilingue perfetto, si dichiarò sempre sudtirolese e non altoatesino, ritenendo questa dizione storicamente più corretta e non discriminante.

Alexander apprezzò sempre le diversità del Sudtirolo come una ricchezza, opponendosi a ogni tentativo di costruire muri fra un gruppo etnico-linguistico e l’altro: questo lo portò fin da giovane a farsi animatore di gruppi interetnici e al rifiuto, sia nel 1981 che dieci anni dopo, di dichiarare formalmente  la propria appartenenza, in sede di censimento, a un determinato gruppo linguistico.

In seguito, Langer fu fra i fondatori della Federazione dei Verdi, ricoprendo importanti incarichi istituzionali, prima nella sua regione di origine poi nel Parlamento europeo a cui fu eletto nel 1989 e nel 1994, divenendo il primo presidente del gruppo parlamentare dei Verdi.

Accanto alla militanza politica, assume un grande rilievo la sua riflessione teorica in materia di ecologia, che rimane straordinariamente attuale.
Lucidamente conscio dei disastri ambientali cui gli stili di vita e i modelli economici dei Paesi cosiddetti sviluppati stavano conducendo l’intera umanità, auspicò una “conversione” ecologica che fosse in primo luogo un processo culturale sia a livello individuale che economico e sociale.

La citazione dell’espressione da lui coniata, scelta come titolo di questo articolo, costituisce un intenzionale rovesciamento del motto olimpico “Più veloce, più in alto, più forte”, che incita gli atleti al costante tentativo di oltrepassare i propri limiti. Naturalmente Langer non contesta la validità dell’esortazione decoubertiniana in campo agonistico ma piuttosto il fatto che questo sia diventato il principio che ispira le nostre vite e i nostri sistemi economici.

Al devastante superamento di ogni limite nello sfruttamento della natura, Langer contrappose la ricerca di un’armonia con essa come base anche di una maggiore giustizia fra gli esseri umani. Questo pone la sua riflessione in perfetta sintonia con le tendenze più mature dell’odierno pensiero ecologista, che mette al centro della ricerca della sostenibilità ambientale le esigenze di pari dignità di tutti gli esseri umani.

Notevoli anche le consonanze fra il suo pensiero e l’enciclica Laudato si’ che testimoniano l’ispirazione religiosa che  ha sempre guidato il pensiero e la vita dell’intellettuale sudtirolese.

I problemi ambientali individuati da Langer non sono mutati nel quarto di secolo trascorso dalla sua morte ma si sono semplicemente aggravati così come è divenuta più urgente la necessità di attuare soluzioni nella direzione già dal lui suggerite

Langer fu anche attivo nell’impegno pacifista, in particolare rispetto alle vicende dei conflitti che dilaniavano l’ex Jugoslavia, visitando a più riprese la Bosnia e il Kosovo e auspicando un intervento di truppe dell’Onu per porre fine al conflitto.

Anche per onorare questo impegno, la Fondazione Alexander Langer di Bolzano ha ideato da qualche anno, insieme all’associazione bosniaca  Tuzlanska Amica, il progetto di collaborazione “Adopt Srebenica”. Il progetto si propone di mantenere viva la memoria sull’eccidio avvenuto 25 anni fa, pochi giorni dopo la morte di Alexander, e di sviluppare nella città bosniaca varie forme di cooperazione interetnica

I filoni fondamentali del pensiero e dell’azione di Langer sono stati qui necessariamente presentati come aspetti diversi ma sono in realtà riconducibili a una visione unitaria e omogenea: Alexander può essere a buon diritto annoverato fra coloro che lui stesso definì “mediatori, costruttori di ponti” fra uomini di diverse etnie e fra gli uomini e la natura.

Lo sbocco di questa visione fu anche l’indicazione, anch’essa attualissima, della rifondazione di un impegno politico che si colloca oltre i meschini interessi contingenti per “riparare il mondo” in funzione di un’esistenza migliore dell’umanità di oggi e delle generazioni future.

 

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