di Domenico Valentino, Patronato Acli-Basilea
I buoni fruttiferi postali (BFP) sono strumenti di risparmio emessi e garantiti dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP) e collocati sul mercato da Poste italiane S.P.A.
La sottoscrizione dei suddetti titoli prevede, a scadenza unica ventennale (BFP ordinari) o a più scadenze multiple (BFP a termine), il riscatto del capitale versato, maggiorato degli interessi (D.M. 19 dicembre 2000; L. 266/2005; D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206).
La riscossione di quanto versato nella sottoscrizione di detti titoli è consentita sia prima della scadenza che successivamente ma, se richiesta prima del termine, comporterà decurtazioni degli interessi sinora maturati, fatto salvo il capitale.
Alla scadenza dei BFP si riconnettono due effetti:
- il primo: ciascun buono postale, una volta maturata la propria scadenza, cessa di essere fruttifero e non produce più interessi, è pertanto possibile riscuotere il montante, costituito dal capitale investito, maggiorato degli interessi;
- il secondo: dalla data della prevista scadenza decorre il termine per la prescrizione del diritto al rimborso, sia del capitale investito che degli interessi maturati.
La prescrizione del suddetto diritto maturava inizialmente in cinque anni e decorreva dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui cessa la fruttuosità.
A seguito del D.M. 19 dicembre 2000, la stessa fu convertita in decennale, con decorrenza dal primo giorno successivo a quello in cui cessa la fruttuosità del titolo.
Ai sensi della L. 266/2005 (c.d. “legge finanziaria 2006”), una volta perfezionatasi la prescrizione, il denaro investito nei Buoni Fruttiferi Postali emessi dal 14 aprile 2001, in forma cartacea, confluisce in un fondo costituito presso il Ministero dell’Economiae finanze e diventa generalmente irrecuperabile.
La destinazione delle somme prelevate da tali “depositi dormienti” è l’indennizzo dei risparmiatori, vittime di frodi finanziarie, il cui danno sofferto non risulta risarcibile per insolvenza del debitore.
L’unica tutela offerta al risparmiatore in simili evenienze è quella prevista dal Codice del consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206), esperibile solo in caso di condotta “scorretta”, perché contraria a buona fede, o inadempiente su determinati profili, nonché imputabile all’intermediario che ha collocato i BFP sul mercato: Poste Italiane.
Il caso che offre maggiori possibilità di vittoria in un eventuale contenzioso è rappresentato da un’omessa informazione al cliente, con mancata esplicitazione delle clausole vessatorie aventi a oggetto la prescrizione del diritto al rimborso delle somme versate.
A seconda della tipologia di buono sottoscritto, il titolare ha la possibilità di usufruire di una tutela più o meno incisiva.
È bene anzitutto precisare che la prescrizione colpisce attualmente i soli buoni cartacei emessi a partire dal 14 aprile 2001, come su accennato.
Diversamente, per i buoni dematerializzati, il rimborso avviene in automatico alla scadenza, con relativo importo accreditato sul conto di regolamento dell’intestatario.
I BFP si distinguono inoltre per serie e ciascuna serie è stata emessa in un preciso periodo. Il risparmiatore che voglia accertarsi della disciplina contrattuale cui è soggetto il proprio titolo, in mancanza di un’esplicita denominazione rinvenibile sul titolo stesso, può risalire alla serie corrispondente in base alla data di emissione.
Una volta identificata la serie cui appartiene il titolo, è opportuno distinguere tra:
- i buoni le cui clausole contrattuali sono stampate e stampigliate con timbratura sullo stesso titolo, in mancanza delle quali, Poste Italiane incorrerebbe in un evidente inadempimento informativo;
- i buoni le cui clausole sono tutte contenute nel foglio informativo, da consegnarsi al cliente prima della sottoscrizione.
Per i primi è più agevole dimostrare l’eventuale mancata conoscenza della data entro cui si sarebbe prescritto il titolo, nel caso d’incompletezza delle condizioni riportate sullo stesso titolo, come ad esempio, la scadenza o le scadenze, se multiple (ventennale, decennale, settennale, quadriennale, triennale), che nello specifico figura come timbratura, oppure il termine di prescrizione.
Per i secondi, poiché l’informazione e il regolamento contrattuale sono contenuti nel foglio informativo, è necessario dimostrare la mancata consegna di detto foglio, se assenti elementi che dimostrino comunque una conoscenza di fatto delle condizioni contrattuali.
Per quanto riguarda le tutele giurisdizionali a disposizione, è possibile, oltre alla via del giudizio ordinario, ricorrere all’Arbitrato Bancario Finanziario.
I vantaggi del ricorso all’ABF sono rappresentati certamente dai costi contenuti della procedura e dalla maggior rapidità della conclusione del procedimento.
Gli svantaggi consistono in primis nella non esecutività della decisione, e nella conseguente eventualità che Poste Italiane S.P.A. ritenga di non ottemperare al provvedimento dell’ABF. Scenario che imporrebbe un nuovo ricorso allo stesso Arbitrato per l’applicazione di una sanzione a danno della controparte, oppure, nella peggiore delle ipotesi, un ricorso al Giudice (Tribunale o giudice di Pace, a seconda del valore della causa), allegando la decisione dell’ABF come parere autorevole, di cui il giudice può tenere conto oppure no, sebbene motivatamente.
Secondo svantaggio della procedura arbitrale risiede nel limite di competenza temporale a fatti successivi all’ottobre 2009 (nel senso che l’oggetto del contendere non può riguardare fatti anteriori al 2009, ma sul puto lo stesso ABF consente la contestazione di condotte aventi effetti recenti, anche se derivanti da vecchi contratti o vecchi buoni).
In definitiva, il titolare di detti buoni può usufruire di almeno due strade di tipo contenzioso e, nell’eventuale opzione della procedura arbitrale, è bene precisare che l’una non pregiudica il ricorso alle vie giudiziali, ma si pone sia come metodo risolutivo, sia come supporto per una successiva controversia giudiziale.