Quali pubblici per la Radiotelevisione svizzera in italiano?

di Giorgia Reclari Giampà

Foto: un momento del dibattito organizzato dalla CORSI a Zurigo

Una radiotelevisione che dovrebbe parlare a tutta la Svizzera di lingua italiana e non solo a chi risiede in Ticino. È questa la richiesta tanto semplice quanto difficile da attuare, che proviene dagli italofoni che vivono fuori dalla Svizzera italiana. Una fetta non indifferente della popolazione, che raggruppa però tipologie di persone molto diverse. In occasione di un dibattito organizzato a Zurigo dalla CORSI, Società cooperativa per la RSI, che ha messo a confronto rappresentanti della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana con associazioni ed enti italofoni, molti partecipanti hanno sottolineato come il servizio pubblico dovrebbe davvero essere “di lingua italiana” e non “della Svizzera italiana”, cioè non avere una connotazione geografica così definita, ma arrivare a rappresentare tutti coloro che parlano italiano in Svizzera.

Il principio di territorialità
“Facciamo il possibile – ha spiegato Matteo Pelli, responsabile programmi e immagine RSI – anche se non va dimenticato che nel nostro mandato abbiamo la difesa del principio di territorialità. Questo non vuol dire che dobbiamo dimenticare quanto succede oltre Gottardo, ma non può essere la nostra priorità”. Gli italofoni in Svizzera sono quasi un milione, però non si può pensare a loro come a un gruppo coeso e omogeneo. “Oggi ci sono diversi tipi di italofoni: la prima generazione, la seconda generazione, gli expat e gli Svizzeri italiani che lavorano o studiano in altre regioni linguistiche. Con la nuova direzione RSI stiamo cercando di creare occasioni di contatto nel resto della Svizzera, proponendo programmi come Cash Suisse o La storia infinita. Anche il TG e l’informazione fungono da ponte”. In generale però a causa di questa frammentazione è sempre più difficile fidelizzare il pubblico.

“Un potenziale immenso”
Un gruppo che si è organizzato e attivato negli ultimi anni è quello degli expat, la nuova immigrazione italiana. Sono perlopiù 30-40.enni, laureati, che si spostano per lavoro, si informano sul web e sui social. In rappresentanza di questa nuova immigrazione c’è Marianna Sica, coordinatrice del GIR – Giovani in rete (progetto nato nel 2019 che aiuta i giovani italiani a gestire le difficoltà della nuova vita in Svizzera e organizza diversi incontri ed eventi che promuovono la cultura italofona). “Non c’è bisogno di un’offerta dedicata agli italofoni, piuttosto sarebbe utile che ci fosse un attraversamento di tutta la programmazione RSI da parte di sguardi provenienti dalle varie regioni, in modo da ampliare le prospettive e far sentire rappresentati gli italofoni di tutta la Svizzera”.
Sica ha ricordato come la RSI negli anni 60 abbia svolto un ruolo fondamentale di integrazione per l’immigrazione italiana. Questo potenziale – è convinta – il servizio pubblico ce l’ha ancora oggi e dovrebbe sfruttarlo di più. Gli italiani giovani che entrano in contatto con il GIR non hanno più profili omogenei come negli anni ‘60, ma con la generazione precedente hanno in comune la richiesta di essere informati su una realtà che non conoscono. “Si potrebbe prevedere un tipo di offerta più didattica, che li aiuti ad approfondire le conoscenze linguistiche e culturali, in maniera integrativa e non ghettizzante”. La RSI ha quindi “un potenziale immenso”, che va sfruttato per raccontare la Svizzera nella sua diversità e rappresentare tutta l’italianità nel nostro Paese.

La pandemia, un’occasione persa?
Secondo Steven Tirrito, vicepresidente del GIR, negli ultimi tempi ci sono stati dei miglioramenti, per alcune trasmissioni vengono coinvolte più spesso persone italofone residenti in altre regioni linguistiche. Ma sarebbe da incentivare ancora di più, per esempio in trasmissioni come Storie, raccontando di persone e situazioni anche fuori dalla Svizzera italiana. Tirrito ha ricordato l’importante ruolo avuto dal servizio pubblico durante la pandemia. Molti italofoni in Svizzera seguivano gli aggiornamenti della RSI per restare aggiornati, ma gli approfondimenti sulle decisioni sanitarie federali erano focalizzati quasi esclusivamente sul Canton Ticino e pochissimo sugli altri cantoni.
Il tema della prospettiva con cui si guarda e si racconta la realtà è stato sollevato anche dalla professoressa Tatiana Crivelli, titolare della cattedra di Letteratura italiana all’università di Zurigo. “La RSI dovrebbe riflettere su come arricchire la prospettiva della sua offerta attuale introducendo uno sguardo di un’altra regione linguistica su quanto avviene nella Svizzera italiana”. Il punto su cui riflettere non è tanto l’opportunità di seguire un evento o una notizia specifici, quanto piuttosto garantire una prospettiva sufficientemente inclusiva in tutta l’offerta della RSI.

Spunti per il futuro
Se fino a qualche anno fa c’erano le associazioni come i Comites, oggi sono i gruppi e le pagine social che aggregano chi arriva in Svizzera dall’estero. Quale quindi il ruolo dell’ente pubblico? Più che fornire trasmissioni e informazioni dedicate a questo target, secondo quanto emerso dalla serata, dovrebbe arricchire l’offerta esistente con nuove prospettive, aprendosi e includendo sguardi e punti di vista esterni alla Svizzera italiana. L’evento promosso dalla CORSI è quindi da vedere come una prima tappa di un processo di avvicinamento e reciproca conoscenza tra gli utenti italofoni e la RSI. L’auspicio di tutti i partecipanti è stato di poter proseguire il dialogo, con altre future occasioni.

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