Quando un eccessivo calo dei prezzi non giova all’economia

Un recente articolo pubblicato sull’Economist ha messo in discussione il ruolo dell’inflazione come indicatore dell’andamento economico di un Paese. Ma prima di tutto cos’è l’inflazione? Sinteticamente è un sensibile incremento del livello dei prezzi di beni e servizi in un Paese, con la conseguenza che il potere di acquisto della moneta diminuisce con la possibilità di acquistare una percentuale inferiore di beni e servizi.

Poiché l’inflazione impatta sensibilmente sulla vita dei cittadini è inevitabile che se le politiche economiche o gli stessi cicli dell’economia fanno aumentare l’inflazione, i soggetti sotto accusa per l’opinione pubblica sono i Governi dei singoli Stati. La forza dell’inflazione sugli Esecutivi dei vari Paesi è tutta in questa affermazione di Ronald Reagan che, nel bel mezzo di un’impennata di prezzi, dichiarò che l’inflazione era “violenta come un rapinatore, spaventosa come un ladro armato e mortale come un sicario”.

Ad oggi, e lo dimostra la stessa politica della BCE, la maggior parte delle economie non lotta più con l’aumento dei prezzi. Al contrario si reputa l’inflazione troppo bassa (dovrebbe attestarsi intorno al 2%).

A molti può sembrare una buona notizia, di certo l’idea che i prezzi siano bassi rende tutti più sereni. In realtà le cose non sono così semplici.

Lo scenario in cui l’inflazione non esiste e i prezzi non salgono o salgono pochissimo, è considerato un grosso problema.

“Zero inflazione significa
essere a un passo dalla deflazione”

Zero inflazione significa essere in una situazione di generale calo dei prezzi, che è ancora peggio dell’inflazione perché vuol dire che tendenzialmente resteranno fermi o caleranno anche gli stipendi, anche se magari non quelli dei lavoratori protetti da contratti molto rigidi. Scenderanno quelli degli autonomi, dei commercianti e dei professionisti. Inoltre, in caso di lunghi periodi di deflazione pronunciata, si crea un disincentivo a spendere soldi. Perché comprare un bene oggi quando tra 2-3 mesi costerà meno? O peggio, perché fare un investimento che crea lavoro quando si può aspettare ancora un po’ per farlo a prezzi più vantaggiosi? Così le spese vengono rinviate dando la stura ad ulteriore deflazione, che a sua volta provoca ancora immobilismo nella spesa. In pratica un vicolo cieco …

A cosa o a chi dobbiamo questo trend?

Sicuramente alle politiche monetarie delle banche centrali che, colpite dall’inflazione, dagli anni ’90 hanno gradualmente immunizzato le economie contro i prezzi in fuga. Il problema è che ad una neutralizzazione dell’inflazione i singoli Stati non hanno saputo o voluto opporre misure al bilanciamento delle politiche monetarie centrali così da ottenere equilibrio.

Tra l’altro, se nel lungo termine l’inflazione bassa porta alla crisi, nel breve termine, la bassa inflazione porta a salari più bassi e a un aumento della disoccupazione (cd. Curva di Philips: a un aumento della disoccupazione corrisponde una diminuzione dell’inflazione). Una possibile conseguenza di un tasso di inflazione troppo basso è, tra l’altro, una più difficile restituzione del dovuto (prestito più interessi) da parte dei debitori, in difficoltà di liquidità a causa delle crisi e questo è tanto più vero quando ad essere indebitati sono i Paesi.

Un esempio concreto del rischio della bassa inflazione sono gli Stati Uniti: nel marzo di quest’anno Jerome Powell, presidente della Fed, ha affermato che la bassa inflazione globale è stata “una delle maggiori sfide del nostro tempo”. L’incapacità della Fed di raggiungere il suo obiettivo di inflazione ha scatenato l’ira del presidente Donald Trump, che è infuriato per il fatto che nel 2018 Powell ha rallentato la crescita aumentando i tassi di interesse per scongiurare una minaccia inflazionistica che non si è ancora materializzata.

Perché l’inflazione ha raggiunto questo punto?

Affermare come fanno alcuni che l’inflazione stia scendendo perché i governi hanno perso la capacità di aumentare i prezzi vorrebbe dire investire i singoli Governi di un potere che non hanno. Perché i fattori da prendere in esame sono tanti e mutevoli. L’inflazione è diventata più difficile da prevedere e usare per mettere a punto delle politiche monetarie sostenibili perché le economie sono cambiate in modi che non sono ancora stati pienamente compresi.

La malattia degli anni ’70 e ’80 era contemporaneamente alta inflazione e alta disoccupazione. Ad oggi, questi problemi sono stati superati ma rimane il pericolo concreto che una situazione prolungata di bassa inflazione indebolisca ancora di più il sistema economico di Paesi come il nostro, che hanno un alto debito.

Considerato dunque che i modelli precostituiti non funzionano più nè le decisioni delle banche centrali sono da considerare dogmi, occorre lo sforzo dello Stato di declinare studi e competenze al proprio interno. La lotta alla bassa inflazione e quindi alla crisi è ormai una battaglia del singolo Paese.

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