HACCA è una casa editrice indipendente nata a Matelica, vicino Macerata, nel 2006 da un progetto di Francesca Chiappa. L’idea, costruita con attenzione, cura e qualità grafica ha fatto sì che il lavoro editoriale si sviluppasse negli anni in varie direzioni: da un lato la narrativa contemporanea, italiana e straniera, e dall’altro il recupero di testi del secolo scorso – “Quel che di novecentesco è ancora in grado di produrre visioni.” – nella collana Novecento.0.
Quello creato da Francesca e dai suoi collaboratori è un mondo prezioso nel quale certamente i libri occupano un ruolo centrale senza trascurare, anzi attribuendo valore, a tutto ciò che li circonda, dal rapporto con i lettori alla bellezza delle copertine. Anche il percorso che un testo compie attraverso la promozione, la distribuzione e la comunicazione tramite i nuovi media è ragionato e costruito con cautela. Tutto questo ha permesso e permette ad Hacca di portare in libreria storie che sono anche forme di riflessione, strumenti di osservazione, pratiche d’ascolto e immaginazione tanto della realtà quanto dell’invisibile.
La diffusione del coronavirus e il conseguente lockdown hanno impattato duramente anche sul settore librario. Quali sono state le vostre prime riflessioni e le vostre prime scelte?
Per prima cosa abbiamo pensato al ruolo che potessero avere i libri durante la fase critica, e la risposta è stata che potevano starsene un poco fermi, in disparte, come dovevamo stare fermi e in disparte tutti noi. I libri potevano avere un ruolo subito dopo – lo sapevamo bene, perché dopo il terremoto del 2016 nel centro Italia hanno avuto un ruolo cruciale per rimettere insieme una comunità che si era dissolta nello spazio tutto intorno – e lo avevano avuto fino a poco tempo prima (penso a “Spillover” di David Quammen, che aveva raccontato già tutto; poi ne sarebbero arrivati altri, come “Cecità” di José Saramago, “La banalità del male” di Hannah Arendt, ad esempio, a predire altro), ma in quel momento potevano aspettare, essere una promessa per un ritorno a una normalità possibile. Ci siamo quindi fermate, abbiamo atteso e osservato, cercando di capire, prima di tutto, cosa ci stava accadendo.
Il mercato online ha rappresentato una forma di primo soccorso oppure no?
Durante il lockdown in molti hanno cercato rifugio nei libri. In un primo momento l’acquisto online non era garantito ovunque (c’erano zone rosse in cui non era possibile consegnare merci) e non tutti i magazzini erano operativi; anche Amazon ha limitato le vendite di alcuni prodotti, tra i quali i libri. Molte librerie hanno cercato sin da subito di assicurare un servizio di consegna a domicilio e spedizione, ma la fase più critica ha creato comunque un blocco. Noi abbiamo invitato ad acquistare on line solo beni strettamente necessari non disponibili nei negozi di prossimità, per non sovraccaricare il lavoro dei corrieri, già stanchi e spaventati. Abbiamo suggerito di guardare tra gli scaffali di casa, scovare libri mai letti – certe che ogni nostra casa custodisce un giardino segreto – o a riprendere in mano libri amati. E poi gli e-book, gli audiolibri, i contenuti liberi che man mano gli editori hanno iniziato a offrire. Abbiamo convertito in ebook molti nostri titoli che fino ad allora erano disponibili solo in cartaceo, e abbiamo offerto la lettura gratuita di uno dei nostri romanzi più belli.
Cosa è successo a quei libri che avevate in programma per questi mesi?
Stanno semplicemente aspettando. Noi siamo una casa editrice che ha cercato di non sottostare mai alla “dittatura” dell’uscita dei titoli. Il mercato editoriale si basa, finanziariamente, sull’uscita costante di nuovi libri, atta a compensare le rese che nel frattempo tornano dalle librerie – per semplificare notevolmente il meccanismo –; con la nostra casa editrice abbiamo invece cercato di sempre di pubblicare solo libri che credevamo necessari, nel momento in cui erano pronti a uscire, senza forzare i tempi creativi della scrittura, senza cedere alla tentazione di far uscire libri mediocri per coprire delle attese. Subito dopo il terremoto abbiamo avuto un buco di sei mesi, che a poco a poco abbiamo riparato. Sappiamo che il nostro tipo di editoria può resistere una piccola attesa. Abbiamo preferito aspettare, per non far uscire i nostri titoli in programma in un momento in cui le librerie avevano difficoltà a riaprire; aspettiamo anche ora, quando i titoli di molte altre case editrici si stanno riversando fuori. Aspetteremo l’estate, luglio, affinché l’uscita in libreria sia protetta.
Oltre che essere editrici, avete anche una libreria a Matelica, luogo speciale dove si incontrano libri, persone e storie. Com’è stato riaprire? E quali sono state le risposte dei lettori?
Noi abbiamo voluto aspettare anche per la riapertura, nonostante sia stata consentita molto prima di altre attività commerciali. Sapevamo che nel primo momento avremmo dovuto applicare dei sistemi di controllo molto serrati: contingentamento, e dunque permanenze limitate all’interno della libreria. Dopo anni in cui avevamo cercato di invitare tutti a entrare in libreria, anche solo per guardare, chiacchierare, incontrare gente, avremmo dovuto iniziare a comportarci in maniera completamente opposta: limitare gli ingressi, invitare a non toccare troppo i libri, a uscire. Non ce la siamo sentita di invertire semanticamente il senso del nostro stare in libreria, e abbiamo preferito andare noi dai nostri lettori, con le consegne a domicilio e con le spedizioni gratuite – rese possibili anche dal servizio Libri d’asporto – con le telefonate ai nostri clienti, amici, per sapere come stavano, con le riunioni on line del Circolo dei lettori. Poi piano piano abbiamo aperto, abbiamo fatto costruire due piccole panche di legno per poter aspettare fuori, comodi e coccolati, se la libreria è troppo affollata. I libri, lo abbiamo capito, ci aspettano; non ci mettono fretta mai, anzi richiedono un tempo largo, dilatato. E una panchina comoda dove stare seduti.
Guardando avanti (o forse nella sfera di cristallo): quali saranno le ricadute complessive nell’editoria per il prossimo futuro? Vedremo qualcosa di nuovo rispetto ai numeri e ai libri ai quali eravamo abituati?
L’editoria ha fatto sempre i conti con una crisi endemica, cronica. Se questa crisi nuova, diversa, avrà effetti sul mercato del libro, sarà su diverse dimensioni. Penso a un mercato che dovrà necessariamente ridurre la propria offerta, con la speranza di andare verso un approfondimento della ricerca, una maggiore cura del libro in tutti i suoi aspetti. Penso poi che assisteremo a una riduzione degli eventi (presentazioni, festival, fiere) che avevano forse spostato l’attenzione dal libro alla spettacolarizzazione della letteratura, dove i grandi nomi raccoglievano folle attorno a sé e i nomi meno conosciuti rischiavano di presentare le loro uscite a sale vuote; spero in un ripensamento dei live del libro, dove di nuovo a contare siano le storie e la scrittura, e non la dedica sul frontespizio di un libro.
Penso inoltre a un mercato, quello degli ebook e degli audiolibri, che in Italia non è mai veramente decollato e che ha finalmente l’occasione di ricevere nuovo impulso.
In finale, ma solo perché necessita di un approfondimento ancora maggiore, penso ai lavoratori del mondo del libro, che spesso non inquadrati in forme contrattuali tradizionali, avranno ancora più difficoltà di prima a resistere. Molti dei lavoratori dell’editoria (redattori, editor, traduttori, grafici, librai) sono anche gli autori dei libri che leggiamo, e dovranno essere doppiamente tutelati, affinché la scrittura non sia sempre più elitaria, affinché non sia il mercato a decidere sull’immaginario che andremo a costruire d’ora in avanti. Perché quando un mondo crolla, è necessario immaginarne uno nuovo. E vorrei che a immaginarlo ci fossero tutte le menti migliori che abbiamo, e che non siano troppo stanche, troppo affamate o deluse.