Quando un rudere diventa un gioiello di sostenibilità

Miracoli italiani. Succede nelle Marche

di Cristina Penco

Una storia di rinascita, che, con l’anima e la forza di un nuovo sogno imprenditoriale, ha ridato vita a un antico rudere abbandonato in mezzo a un’oasi di pace e di serenità. Il motore principale è stato la passione: quella per un territorio incantevole come le sue mille sfumature, le Marche, e per le sue uve. È da lì che è partito il progetto Filodivino, che, nel 2014, ha cominciato a prendere vita tra le colline di San Marcello, in provincia di Ancona. A pochi chilometri da un borgo caratteristico come Morro d’Alba, e a nemmeno mezz’ora dal mare Adriatico. Quello che si vede oggi – e, soprattutto, “si vive” come ospiti – è un relais di charme ricavato da una importante ristrutturazione di una casa colonica, condotta con estrema attenzione per limitare il più possibile l’impatto sull’ambiente circostante.

rudere

Otto stanze tra camere e suites tutte diverse, uniche nella forma e nei dettagli, accomunate dallo stesso design semplice e pulito e da arredi realizzati da artigiani locali con materiali di recupero. È Alberto Gandolfi ad avere forgiato il progetto, ampliando il concetto di azienda vitivinicola e trasformandolo, insieme al contributo fondamentale di Alida Beretta, naturopata, in una grande e accogliente casa per i viaggiatori, per coloro che amano condividere la bellezza autentica e genuina come forma di nutrimento dello spirito. La stessa di cui si può godere rinfrescandosi, nella bella stagione, nella piscina a sfioro sui vigneti, degustando un calice di vino della cantina, certificata biologica, e assaporando le eccellenze della cucina marchigiana del ristorante, rivisitate con estro e fantasia dallo chef Andrea Alessandrelli. Negli ambienti interni dominano il legno e il verde della foglia di ulivo in armonia con il paesaggio. I saponi e i prodotti per la cura del corpo sono creati ad hoc in un saponificio artigianale. A Filodivino si torna in una dimensione temporale e sensoriale in cui il ritmo è scandito dalla natura, protagonista anche del nuovo spazio Spa del wine resort, dedicato alla cura di corpo e mente in un ambiente equilibrato e rilassante con vista sulle vigne.

DAI FILATI AI FILARI

Il percorso imprenditoriale e manageriale di Alberto nasce all’incirca trentacinque anni fa in un’azienda del Nord Italia, capitanata, all’epoca, da Dino Gandolfi, suo padre, uomo elegante e tenace. Dopo studi in Fisica e in Informatica, animato soprattutto dalla voglia di “sporcarsi le mani”, smontare e rimontare le cose, capirne l’origine e il funzionamento, nel 1986 Alberto fa il suo ingresso nell’impresa paterna e si dedica alla formazione e all’apprendimento. Dalla tempesta della crisi economica del 2008 l’azienda esce rafforzata, ancor più solida dopo la bufera. Ma passato il pericolo è già il momento di guardare a nuovi orizzonti, come sa bene Gandolfi, che ama il mare e la barca a vela e che, da quel mondo, ha sempre tratto importanti lezioni di vita. Alberto sente adesso il richiamo della terra, di una produzione che segua i ritmi naturali. Intraprende, così, una nuova avventura nelle Marche, verso la creazione di un nuovo progetto. Il nome Filodivino nasce da un gioco di parole che mette insieme passato, presente e futuro: le radici professionali legate ai fili, di cui si occupava la precedente azienda, e i “filari di-vini” che si rincorrono tra le loro colline anconetane e che rappresentano la nuova sfida, in un momento in cui sente che le sue passioni devono diventare adulte, le visioni devono trasformarsi in concrete realtà, la rincorsa al successo deve virare al raggiungimento del benessere, che è tale se è legato all’autenticità e se è condiviso con le persone che si amano.

LA CANTINA IPOGEA, FIORE ALL’OCCHIELLO

Una delle particolarità di Filodivino è la cantina ipogea, che si può visitare con un tour guidato pensato per mettere al centro l’esperienza del vino e della sua produzione e comunicarla al meglio ai visitatori. Completamente interrata per ridurre l’impatto sul territorio, la cantina è stata ideata e progettata dall’architetto Cristiana Dell’Acqua, divenendo uno strumento tecnologico all’avanguardia nelle mani del nuovo enologo Luca D’Attoma, che dalla vendemmia 2021 segue Filodivino. La cantina è distribuita su due piani. La parte superiore è riservata all’accoglienza, con la zona degustazione sospesa su quella di affinamento: una voluta scelta architettonica che intende rappresentare il percorso naturale e spontaneo del vino, dalle anfore al calice. È lì che barrique, tonneaux, le già citate anfore, contenitori d’elezione fin dall’antichità, e ovetti di cemento, conservano ed affinano il pregiato nettare. A Filodivino le vigne attigue permettono ai grappoli di arrivare rapidamente in cantina.

sala degustazione

Le uve sono immediatamente diraspate da una moderna macchina, che con delicatezza e attenzione, seleziona e scarta meccanicamente gli acini non maturi o difettati, per la seconda ed ancora più accurata cernita. Solo gli acini perfetti finiscono nella pressa, dove sono pigiati con molta delicatezza. Altro aspetto innovativo riguarda la decisione di utilizzare una pompa elicoidale, che non spinge, ma accompagna i liquidi, senza stressare le uve. Vicini al mare, ma non lontani dai monti ci sono 20 ettari di vigneti che abbracciano Foresteria e Cantina: durante la vendemmia la distanza decisamente ridotta è un grandissimo vantaggio.

Da due soli vitigni caratteristici del territorio – Verdicchio e Lacrima – Filodivino produce sei vini diversi. Il Verdicchio, da sempre considerato autoctono delle Marche, ha una storia antica e piena di mistero. Se ne ha una prima testimonianza nel 410 d.C. quando pare che Alarico il re dei Visigoti abbia fatto incetta di un vino che dava agli uomini “sanitatem et vigorem bellico” passando nella zona dei castelli di Jesi. Ancora più remote le origini del Lacrima, che, secondo quanto attestano alcuni documenti, esiste fin dal 1167. In quell’anno gli abitanti di Morro d’Alba furono obbligati a consegnare notevoli quantità di vino all’imperatore Federico Barbarossa, mentre cingeva d’assedio Ancona accampato nella cittadella fortificata di Morro d’Alba. Immersi nel verde di Filodivino, raggiungendo con lo sguardo le mura arroccate di San Marcello, verso nord ovest rispetto al wine resort si vedono le vigne più vecchie di Verdicchio, con oltre mezzo secolo. Scorrendo al contrario tutta la rosa dei venti, si possono trovare i nuovi impianti di Verdicchio e di Sauvignon Blanc. A sud-est ci sono quelli di Lacrima ed altri di Verdicchio. Scendendo e salendo i naturali declivi ad est e nord-est ci sono i recenti impianti di Syrah. Dalla vendemmia 2018 tutti i vini hanno anche la certificazione biologica. Guardando a est si vede il mare Adriatico, e rivolgendo lo sguardo a ovest si scorgono i monti Sibillini, i monti “Azzurri” perché, quando sono innevati, riflettono il cielo.

Morro d’Alba, cinta muraria. Marche Tourism

DA VISITARE

Il borgo di San Marcello, dove è situato Filodivino, merita una visita. Fu edificato intorno al Duecento come colonia della città di Jesi e a questo periodo risalgono la cinta muraria e i caratteristici torrioni. Interessanti gli edifici storici, tra cui Palazzo Marcelli, la Chiesa di Santa Maria del Rosario e il Teatro Comunale. Non lontano da San Marcello sorge Morro d’Alba, altrettanto suggestivo. Qui trovate un ricco patrimonio storico e artistico a partire dalla cinta muraria e dal camminamento denominato “la scarpa”. Interessante è anche il Museo Utensilia dedicato alla cultura agricola e rurale.

Ancona (a 32 km da Filodivino), capoluogo di regione, sorge nella costa dell’Adriatico centrale su un promontorio formato dalle pendici settentrionali del Monte Conero, che comprende anche i borghi di Portonovo, Sirolo e Numana. Nella parte più interna del suo golfo si trova il porto naturale. Il monumento più rappresentativo della città è la Cattedrale di San Ciriaco, splendida basilica romanico-gotica, con elementi bizantini, costruita sulle fondamenta di un tempio italico del IV sec a.C e di una successiva chiesa paleocristiana. La Pinacoteca Comunale custodisce, tra le altre, opere di Carlo Crivelli, Tiziano, Lorenzo Lotto e del Guercino. Il Museo Archeologico Nazionale delle Marche documenta la preistoria e la protostoria del territorio marchigiano. Il Museo tattile Omero, uno dei pochi al mondo, e l’unico in Italia, che permette anche ai non vedenti di avvicinarsi all’arte facendo toccare calchi in gesso a grandezza naturale di famose opere scultoree, modellini architettonici di celebri monumenti, ma anche reperti archeologici e sculture originali di artisti contemporanei.

Le Grotte di Frasassi sono delle grotte carsiche sotterranee che si trovano all’interno del Parco naturale regionale della Gola della Rossa e di Frasassi (certificato con la Carta Europea del Turismo sostenibile) nel comune di Genga, in provincia di Ancona. Sono state scoperte il 25 settembre 1971 dal gruppo speleologico del CAI di Ancona. Nel 1972 è stato costituito dal comune di Genga e dalla Provincia di Ancona un consorzio ad hoc con l’obiettivo di salvaguardare e valorizzare il complesso. All’interno di queste cavità carsiche si possono ammirare delle sculture naturali formatesi ad opera di stratificazioni calcaree nel corso di 190 milioni di anni grazie all’opera dell’acqua e della roccia. L’acqua, scorrendo sul calcare, discioglie piccole quantità di calcare e cadendo a terra, nel corso di uno stillicidio che dura millenni, le deposita e forma delle concrezioni di notevoli dimensioni e di forme a volte anche curiose. Queste si dividono in stalagmiti (colonne che crescono progredendo dal basso verso l’alto) e stalattiti (che invece scendono dal soffitto delle cavità). Le forme e le dimensioni di queste opere naturali hanno stimolato la fantasia degli speleologi, che, dopo averle scoperte, hanno attribuito a esse nomi curiosi. Tra le stalattiti e le stalagmiti più famose ricordiamo: i “Giganti”, il “Cammello” e il “Dromedario”, l’”Orsa”, la “Madonnina”, la “Spada di Damocle” (stalattite di 7,40 m di altezza e 150 cm di diametro), “Cascate del Niagara”, la “Fetta di pancetta” e la “Fetta di lardo”, l’“Obelisco” (stalagmite alta 15 m al centro della Sala 200), le “Canne d’Organo” (concrezioni conico-lamellari che se colpite risuonano), il “Castello delle Streghe”. All’interno delle grotte sono presenti anche dei laghetti in cui ristagna l’acqua dello stillicidio e dei “pozzi”, cavità cilindriche profonde fino a 25 m che possono raccogliere l’acqua o convogliarla verso piani carsici inferiori. La visita ha una durata di 70 minuti. I gruppi sono accompagnati da guide professionali fornite dal Consorzio Frasassi. Il percorso è lungo 1.500 metri. La temperatura interna è di 14 °C costanti.

(turismo.marche.it)

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