Quella curva che spaventa è visibile dalla mano

di Luca Gambardella,

professore ordinario presso la Facoltà di Informatica dell’USI 

Sono nato nel 1962. Ve lo voglio raccontare non per farvi sapere la mia età, pur ancora sotto i sessanta come avrete rapidamente calcolato, ma per alcuni episodi di quell’epoca che ricordo con piacere.

Era il 1972, avevo dieci anni, e in piena Guerra fredda le tensioni fra le due superpotenze USA e URSS si stavano allentando. Non che la cosa mi interessasse più di tanto. Avevo seguito, e anche pianto molto di più, due anni prima, nel 1970, per la sconfitta dell’Italia al Mondiale a opera del Brasile a Città del Messico. Ahimè, ma quel Pelè, che ha compiuto ottanta anni il 23 ottobre scorso, era proprio un fenomeno. Adesso realizzo che ai tempi aveva soltanto vent’anni, non ci avevo mai fatto caso, solo il doppio della mia età di allora. 

Sapete ho la tendenza a divagare, mi avete letto altre volte. Torniamo al 1972 e a USA e URSS. L’eccentrico campione di scacchi Bobby Fischer sfida per il campionato del mondo a Reykjavík, capitale dell’Islanda, il campione russo Boris Spasskij. Il “match del secolo”, due mondi che si sfidano. La finale ebbe una risonanza mondiale e venne trasmessa anche dalla televisione. Fischer vinse quella partita e gli scacchi vennero sdoganati anche per noi ragazzini. Ci affascinava quel gioco e diventavamo matti per quell’orologio da torneo che si schiacciava di volta in volta per passare la mossa all’avversario. Abbiamo scoperto così le partire simultanee e quelle veloci, il gioco rapido, dove il tempo per ogni mossa era pochissimo.

Ovviamente a scacchi eravamo scarsi, ci voleva troppo tempo per imparare, e noi ragazzini ci siamo inventati un nuovo gioco: lo scopa-scacchi. Giocavamo tra di noi a scopa con le stesse regole degli scacchi. Facevamo simultanee di scopa-scacchi. Quattro mazzi, dovevi spostarti, prendere le carte da tavolo, guardarle e giocare. Poi appoggiavi il tuo mazzo, ti spostavi ancora e così via. A volte giocavamo a scopa-scacchi in due o in quattro col sistema del gioco rapido, dove pretendevamo tempi di risposta rapidissimi da tutti.

Credo di aver imparato così a fare i conti in maniera molto rapida e ad amare la matematica. Sì ve lo confesso, giocando a scopa-scacchi. Non è che sia un vero fenomeno della matematica, no questo non lo posso dire, non esageriamo, non palleggio i numeri come Pelè il pallone, ma me la cavo e adesso di mestiere mi occupo della scienza dei dati.

Oggi si dice che i dati sono il petrolio del futuro e che dai dati, soprattutto da quelli storici, si possano ricavare un sacco di informazioni per analizzare il presente e talvolta per prevedere il futuro.
Sono comunque sempre molto prudente nell’analizzare i dati e tirare delle conclusioni perché ho imparato da Ronald Harry Coase (1910 – 2013), britannico, premio Nobel per l’Economia nel 1991 che “se torturi i dati abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa” e non dimentico mai la frase di Harry Truman (1884 – 1972), 33esimo Presidente degli Stati Uniti, che affermava “se non puoi convincerli, confondili”, anche se lui parlava della politica.

Ma una delle cose che insegno ai miei studenti è come riconoscere nei numeri la complessità. Mi interessa che acquisiscano la sensibilità per capire se un indice, una curva, un problema o un indicatore sono sotto controllo o ci stanno scappando di mano. Ce lo stiamo domandando tutti in questo periodo, con i dati del Covid-19 che ci arrivano e ci inondano continuamente.
La situazione ci scappa di mano quando i numeri, gli indici e gli indicatori assumono un andamento esponenziale. Cosa vuol dire? 

Alzate la mano destra col dorso verso di voi e aprite il pollice e l’indice a mo’ di pistola chiudendo le altre dita, e vedrete la forma di una curva esponenziale! Quando un indicatore assume un andamento esponenziale significa che se oggi ho 1 contagiato, domani ne avrò 2, dopo domani saranno 4, poi 8,16, 32, 64, 128, 256 (tutte le volte moltiplichiamo il numero precedente per 2)… e in 20 giorni arriviamo a circa 1’000’000 (un milione!) e il giorno dopo a due milioni, e poi quattro milioni e così via. Se l’andamento fosse lineare (una retta, basta chiudere il pollice!), per sapere cosa succederà nel prossimo futuro sommeremmo 1 (o un’altra costante) al numero dei contagi di oggi. Se oggi abbiamo un contagiato domani saranno 2 poi 3,4,5,6 e dopo venti giorni saranno 20. Una bella differenza direi.
Anche quando si parla di tasso R0 o tasso Rt con valori sopra il 2 si parla di crescita esponenziale dal momento che ogni contagiato ne infetta 2, e questi due ne infettano quattro, e poi 8, 16,32 … ci siamo capiti, oramai. Se aggiungiamo che il periodo di incubazione del virus è tra 2 e 12 giorni, capiamo come il fenomeno è ancora più complesso e difficile da analizzare, da controllare, da gestire e da bloccare.

Io allora consiglio di indossare la mascherina, di lavarci le mani e tenere un grande atteggiamento di prudenza evitando luoghi affollati e situazioni di possibile contagi, anche se le regole e le restrizioni non ce lo impongono nell’immediato.

L’avete capito: le curve esponenziali mi spaventano, indipendentemente da quanto fa la politica. E in questo periodo le curve del COVID-19 sono proprio così, come una pistola rivolta verso l’alto, fatta con pollice e l’indice. Speriamo non spari troppi colpi, ma questo spetta anche a noi!

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