Riflessioni a margine del discorso di Capodanno di Ignazio Cassis

Foto: Ignazio-Cassis. Courtesy of Chancellerie federale suisse/ Annette Boutellier-Yoshiko Kusano

Il discorso (o allocuzione) di Capodanno del Presidente della Confederazione Ignazio Cassis mi offre l’occasione per esporre alcune considerazioni personali, da italiano che frequenta la Svizzera da 30 anni e che da poco ne ha pure ottenuto la cittadinanza. Non mi sono mai molto interessato alla politica svizzera: ricevo informazioni da mio figlio e dagli amici svizzeri ma, lo riconosco, sono ancora troppo impegnato a dipanare la questione dell’apparente incongruità delle demitiane convergenze parallele (e della loro possibile affinità con la meccanica quantistica), che mi riesce difficile avere un quadro d’insieme, sufficientemente informato ed obiettivo, su quanto succede qui in Svizzera, dove si bada più al sodo che alla metafisica.

Comunque sia, il discorso di Cassis, prima ministro degli esteri e ora presidente della Confederazione, ritengo fosse rivolto al panorama della politica interna svizzera, caratterizzata dalle differenze politiche dei vari cantoni e degli stessi consiglieri federali. In uno stato confederale, fondato sulla pluralità, è qualche volta complicato trovare un punto medio, e immagino che le capacità di mediazione di un presidente siano messe a dura prova.

Da antico cultore della critica stilistica di Leo Spitzer, mi colpiscono alcune espressioni e la ridondanza di esse.

Innanzitutto, la premessa che la politica, quella operativa che conta, ascolta tutti, concittadine e concittadini e ne comprende le preoccupazioni dovute, in ordine, dal cantone di origine (26), dalla lingua (4), “giovani o vecchi” (educazione, lavoro, cassa malati e pensioni) e “vaccinati” (con richiamo il 26,72%, completamente vaccinati il 67,33% e parzialmente vaccinati l’1,64%) e i “non vaccinati”. Per inciso, in un discorso ufficiale, sarebbe preferibile il termine anziani piuttosto che “vecchi”.

Parrebbe dunque che una prima divisione della popolazione svizzera possa attuarsi in questi termini, almeno in questi momenti di “preoccupazioni e paure”. Ma al di là di queste “pluralità”, Cassis ha inizialmente voluto rassicurare che il governo “tiene conto dell’interesse globale della Svizzera e della sua popolazione”.

Varietà di “origini, sensibilità ed esperienze”, di luoghi di provenienza e/o di residenza come “città e campagne”, “centro e periferia”, esse costituiscono delle differenze, una pluralità che unisce. E a queste Cassis aggiunge poi le “diverse lingue, culture, religioni e idee politiche”.

La mia Einbürgerung è forse troppo recente per consentirmi di comprendere come questa pluralità potrà unire. Ma colpiscono due espressioni come “nonostante queste differenze” e “sfida”, le quali, come due esantemi, forse sottendono preoccupazioni più profonde. Esse si possono così sintetizzare: la Svizzera è un paese dove le differenze ci sono, si sentono, sono vive e presenti, e che si tratta di una vera faticosa sfida quella di volerle superare, soprattutto in questi momenti di emergenza dovuti alla persistente pandemia.

Quali sono le armi che Cassis evoca per questa sfida? “Impegno” (cioè volontà), “mettersi nei panni degli altri” (fratellanza, o compassion) e rinuncia (condivisione). A ben guardare sono tre concetti fondanti delle democrazie moderne e della buona politica: impegnarsi per il bene comune, comprendere i bisogni degli altri e rinunciare a qualcosa di nostro per il bene di tutti.

Ma al di là di questi nobili e doverosi intenti, è quel malgrado che preoccupa. Questa preposizione avversativa rivela forse la coscienza della gravità della situazione e della difficoltà nel compito di trovare una soluzione condivisa. Si ha quasi l’impressione che “pluralità” sia l’immagine di un tutti contro tutti e che il discorso, più che un augurio stimolante, sia volto a non toccare la suscettibilità di nessuno.

Difficile pensare che la “polarizzazione che minaccia la nostra società” che paventa Cassis, possa essere sconfitta senza una coesione veramente democratica e senza un’apertura al mondo che vada al di là dei meri interessi di bottega. Tradizione e immaginazione non sono concetti antitetici, il mantenimento del proprio benessere non è in contraddizione con la ricerca del benessere degli altri.

In questo senso, da cittadino svizzero di fresca data, ho trovato questo discorso un po’ sotto tono, un po’ troppo prudente rispetto a quanto, credo, sia necessario in questi frangenti.

Mi sarei anche aspettato che “le gioie che ci riserverà il 2022” fossero supportate e alimentate anche da differenze altre, da altre pluralità, a cominciare da quelle portate da tutti quegli stranieri che contribuiscono alla grandezza e al benessere di questo paese, operando nelle attività propulsive dell’economia, della ricerca e della cultura della società svizzera. Un giacimento di idee ed energie innovative enorme. Pressoché a costo zero.

Buon Anno a Lei, Presidente Cassis, e a tutto il Consiglio federale.

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