Rodolfo Valentino, il primo divo del grande schermo

di Fabio Buffa

Cent’anni fa nasceva Rodolfo Valentino, non solo una leggenda del cinema, ma il primo divo della storia del grande schermo. 

È il 1921, siamo negli Usa e il regista Rex Ingram, un irlandese naturalizzato americano, chiama Rodolfo Valentino ad interpretare il ruolo del “bel tenebroso” nella parte di Julio Desnoyers nel film “I quattro cavalieri dell’Apocalisse”. La pellicola, tratta da un romanzo di Vincente Blasco Ibanez, è subito un successo e la scena in cui Rodolfo Valentino balla un sensuale tango con una ragazza conosciuta in una bettola “fumosa”, rimane ancora oggi una pietra miliare del grande schermo.

Valentino è subito un mito. Le donne impazziscono per lui. Davanti a quelle immagini migliaia di ragazze danno vita ad atteggiamenti di isterismo derivanti dal fascino magnetico di questo perito agrario tarantino.

Eh sì, perché Rodolfo Valentino, il cui vero nome era Rodolfo Alfonso Raffaello Pierre Filiberto Guglielmi di Valentina D’Antonguella, nacque (il 6 maggio 1895) a Castellaneta in provincia di Taranto e da giovane studiò in un istituto agrario ligure.

Dopo le immagini che lo ritraggono nei quattro Cavalieri dell’Apocalisse, gli uomini americani sono gelosi di questo italiano: negli Stati Uniti si contano numerosi casi di famiglie rovinate dal fascino di questo latin lover. Al punto che, anche per invidia, inizia a correre voce che Rodolfo Valentino fosse omosessuale. Si insinuava che il film girato con il regista Rex Ingram, vedeva protagonista Valentino grazie alla relazione gay tra i due.

Ma, se vogliamo, queste voci accrescono ancor di più l’interesse verso questo attore, bello, con i lineamenti del viso molto fini; ed espressivo, come nessun altro. Poi è tanto misterioso.

Il mito di Rodolfo Valentino è talmente imponente che sono ancora molti (soprattutto tra i più giovani) a pensare che non fosse un personaggio realmente esistito, ma una figura nata dalla penna di qualche scrittore di romanzi.

Invece questa entità dell’interpretazione cinematografica, quasi mitologica, visse sul serio: è stato il primo “divo” del cinema e, per la prima volta, grazie a lui si parlò di “latin lover”.

Il padre era veterinario e in gioventù fu dragone di Cavalleria, la madre era francese con origini piemontesi.

Sin da ragazzino Rodolfo dimostrò estro e talento nell’arte in genere, anche se la morte prematura del papà lo costrinse ad un periodo di tre anni presso un istituto per bambini con difficoltà familiari.  I parenti lo fecero poi studiare a Genova, dove si diplomò perito agrario. Dopo questa esperienza nella città della “Lanterna” tornò a Taranto. Ma la provincia gli stava stretta, così decise di trasferirsi a Parigi.

Rodolfo era concittadino del musicista Domenico Savino: nel 1910 quest’ultimo andò a cercar fortuna negli Stati Uniti, trovandola.  La leggenda narra che, tramite una parente di Savino, Valentino si mise in contatto con il musicista, che lo invitò a raggiungere l’America. È il 1913 e a diciotto anni Rodolfo Valentino si imbarca sul Cleveland e viaggia verso New York.

L’inizio della nuova vita americana fu assai difficile. Lui voleva fare l’artista, ma per poter vivere si adattò a tutti i tipi di mestiere: lavapiatti, cameriere e giardiniere.

Ma il primo passo verso il successo giunse proprio grazie ad un’imbeccata di Domenico Savino che lo introdusse nel Maxim Club, un night in cui Rodolfo Valentino mise in mostra le sue doti di ballerino con il ruolo di partner per balli di coppia.

Ciò gli portò non poca fortuna, visto che in questa veste conobbe la ballerina Bonnie Glass che gli permise di entrare nel contesto più vivace dell’arte statunitense. Poco dopo Valentino lascia New York per San Francisco, poi entra in una compagnia teatrale di operetta. Questa fu l’esperienza determinante nella carriera del grande attore, propedeutico al grande salto ad Hollywood.

Entra nel mondo del cinema (allora ancora muto) in punta di piedi, quasi con timore reverenziale: i primi film in cui viene ingaggiato come attore furono dei successi, ma per lui venivano previste parti marginali. Punta a lavorare, seppur in ruoli secondari, nel maggior numero di film: voleva imparare l’arte della recitazione e del cinema attraverso il duro lavoro sul set.  Recita come comparsa in ventiquattro pellicole, tra cui “Donna che ama”, il suo primo film nel 1914, “La Corsara”, “Patria”, “L’Avventuriero” e, nel 1920, “Stolen Moments”. Ma i registi intuirono che Rodolfo Valentino era un attore a cui bisognava dare fiducia con ruoli di primo piano.

Rodolfo Valentino ebbe due mogli: Jean Acker attrice con cui visse solo poche settimane, e Natacha Rambova, scenografa e costumista di Hollywood. Si parlò (e si parla tutt’ora) che quelli furono matrimoni di facciata, proprio per nascondere l’omosessualità del grande attore. Ma al di là delle propensioni più intime di Rodolfo Valentino, i dibattiti sulle sue tendenze sessuali non hanno mai sbiadito la sua grande figura.

Sempre nel 1921 Valentino è un personaggio di primo piano nella “signora delle Camelie”, dal celebre romanzo di Alexandre Dumas: interpreta infatti Armand, il protagonista della struggente storia d’amore con Marguerite.

Dopo questo film piovono ulteriori dimostrazioni di ardita passione da parte di migliaia di donne. Lui suggella il proprio ruolo di mito della bellezza e del fascino maschile con “Il giovane Rajah”, “L’età di amare”, ma soprattutto con “Sangue e arena” e “Lo sceicco”.

All’apice del successo, e dopo aver girato “Il figlio dello sceicco”, Rodolfo Valentino una sera si sente male. Lo portano in ospedale a New York, dove gli viene diagnosticata un’infiammazione grave all’appendice vermiforme.  Muore il 23 agosto del 1926 di peritonite.

Dopo la sua dipartita vennero organizzati ben due cortei funebri, uno a New York, l’altro a Hollywood. Era il 1926, Rodolfo Valentino aveva 31 anni ed era in vetta alla carriera. La scomparsa “blocca” la figura di questo attore sul vertice della popolarità. Tanto che la sua bellezza, il suo fascino, e semplicemente il suo nome, rappresentano da un secolo qualcosa di proverbiale e indelebile nel tempo.

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