Salviamo le società liberali! Il pensiero di Francis Fukuyama

Aperte, permeabili a idee, interazioni e multiculturalismo e per questo motore di crescita economica e benessere, le società liberali sono sotto attacco al loro interno e all’esterno

di Amedeo Gasparini

«Le società liberali dovranno correggere la rotta, se vogliono compere con le potenze autoritarie in ascesa nel mondo». Francis Fukuyama (Il liberalismo e i suoi oppositori) ha spiegato che nella Storia le società liberali sono state motore di crescita economica e benessere proprio per il fatto che erano liberali. Cioè aperte, permeabili a idee, interazioni e multiculturalismo.

Storicamente hanno prevalso sulle dimensioni socialiste e nazionaliste – due forme di collettivismo. «Sarà la capacità della società liberali di essere incubatrici di innovazione, tecnologia, cultura e crescita a sostenibile a definire la geopolitica del futuro». Il recente emergere dell’alternativa autocratica cinese ha dimostrato di estrarre dalla povertà di milioni di persone. Ma tale capitalismo nazionalista e autoritario è un modello resiliente che potrà andare avanti a lungo? Non c’è ancora risposta a questo quesito.

E nel frattempo, il liberalismo e le società liberali sono sotto attacco al loro interno e all’esterno. All’interno per via delle divisioni, le polarizzazioni e i malesseri sociali che alimentano l’estremismo politico e la disillusione dei cittadini. All’esterno da potenze autoritarie che esercitano fascino e finanziano partiti antiliberali e antidemocratici in Occidente.

Comprendere l’insoddisfazione che sembra minare alla base il liberalismo è interesse del liberalismo stesso e della sopravvivenza delle società liberali. Gli Stati liberaldemocratici devono risolvere i loro problemi strutturali per competere meglio nella sfida esistenziale contro le autocrazie aggressive.
«Se il liberalismo classico può essere visto come un mezzo per governare la diversità, tanto la destra nazional populista quanto la sinistra progressista faticano ad accettare che le società siano effettivamente diversificate», spiega Fukuyama. Questo indebolisce le democrazie liberali al loro interno creando un clima di feroce intolleranza di una parte verso l’altra. La destra, in particolare, teme i cosiddetti nuovi diritti legati alle categorie di genere, religione e orientamento sessuale.

Ha paura che i rappresentanti e i destinatari di questi diritti si sostituiranno ai “bianchi”. La questione democratica tocca tutte le società e sarà la vera sfida entro cui si giocheranno altre sfide del futuro. Le società liberali devono preservare la democrazia in salsa liberale, perché è da essa che dipende la sopravvivenza delle istituzioni, dello Stato di diritto e dunque dei cittadini.

Fukuyama spiega che la società aperta può essere salvata anche dai conservatori. «Di fronte ai cambiamenti demografici i conservatori possono scegliere tra due posizioni. Da una parte possono spostarsi verso l’autoritarismo e impadronirsi semplicemente del potere, vietando le elezioni democratiche o manipolandone pesantemente i risultati». Nella Germania bismarckiana, i conservatori tedeschi tentarono di limitare il suffragio universale. I conservatori britannici della seconda metà dell’Ottocento, invece, estesero notevolmente il diritto di voto. Occorre abbracciare il cambiamento per affrontare le sfide del futuro.

Allargare la forchetta della tolleranza e dell’inclusione per rafforzare la società liberale è essenziale per le democrazie aperte. «Abbracciare i principi del liberalismo classico significherebbe per i conservatori proprio questo: accettare la diversità demografica, che un fatto, e saperla mettere al servizio di quei valori conservatori che esulano da aspetti fissi dell’identità».

I principi li formula Fukuyama.

1) Uno Stato moderno è uno Stato impersonale, che si rapporta con i cittadini in maniera equa così non solo da proteggere il liberalismo, ma anche da gestire una serie di questioni e, appunto, il concetto di differenza tra individui. «Il problema più urgente per gli stati liberali non ha a che fare con la dimensione o il raggio d’azione del governo […]. Ci si deve occupare piuttosto della qualità del governo, cioè del fatto che possegga risorse umane e materiali sufficienti a fornire alla popolazione servizi necessari».

2) Federalismo. Per valorizzare le società liberali occorre decentrare l’autorità e lasciare il potere decisionale ai livelli più bassi.

3) Proteggere la libertà d’espressione, definendo i limiti dell’espressione stessa per garantire il rispetto delle opinioni altrui e la coesistenza di tutte le opinioni. La libertà di ciascuno finisce dove inizia quella di un altro.

4) Il primato dei diritti individuali su quelli dei gruppi. Non esistono i diritti dei gruppi; esistono i diritti delle persone. Non si gode di diritti perché si è bianchi e neri, uomini o donne, eterosessuali o omosessuali. Creare dei diritti di gruppo è razzista. «Le persone non sono mai completamente definite dalla loro appartenenza a uno o più gruppi e non cessano di esercitare il libero arbitro individuale». Inoltre, «l’individualismo non è una caratteristica fissa della cultura occidentale […]: è piuttosto un sottoprodotto della modernizzazione socioeconomica che ha gradualmente luogo in tutte le diverse società».

5) L’autonomia umana non è illimitata. «Molti limitano volentieri la propria libertà di scelta accettando un quadro di riferimento religioso e morale che li connette alle altre persone, o vivendo all’interno di tradizioni culturali ereditate». «Se l’autonomia personale è la fonte della realizzazione individuale, questo non significa che una libertà illimitata e la costante distruzione di tutti i vincoli rendano la persona più realizzata. Talvolta la realizzazione viene dall’accettazione del limite. Recuperare un senso comunitario e di moderazione individuale è la chiave per far vivere, anzi sopravvivere, il liberalismo». La moderazione implica autocontrollo. Le società liberali sono tali solo se gli individui esercitano l’autocontrollo. E l’autocontrollo non è il controllo dello Stato come quello delle società autocratiche. È, piuttosto, una forma di libertà, nonché il principio cardine del mantenimento delle società liberali.

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