Scambio d’informazioni fiscali

di Domenico Valentino, Patronato Acli-Basilea

Nel 2018 sono venuti alla luce in Svizzera capitali per 40-50 miliardi di franchi, dichiarati da 34’400 contribuenti presso i cantoni. L’incentivo è venuto anche dall’entrata in vigore degli accordi sullo scambio internazionale di dati fiscali. Lo scetticismo che aveva accompagnato nell’autunno del 2018 lo scambio automatico di informazioni fiscali della Svizzera con i paesi che avevano firmato l’accordo nell’ambito dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) è scomparso. Dai 36 paesi iniziali si è già passati a 75 paesi che hanno fornito dati a Berna, contro 62 paesi informati da Berna. 13 paesi non hanno ricevuto dati fiscali, da un lato perché non davano sufficienti garanzie sulla sicurezza e sulla confidenzialità dei dati (per esempio Romania e Bulgaria), dall’altro perché vi hanno rinunciato (per esempio Bermude e Isole Cayman).

Come si ricorderà, lo scambio automatico concerne il numero di conto, il nome, il domicilio del cliente e della banca, il saldo a fine anno precedente e i redditi dei capitali. L’accordo interessa (dal 2018 sulla base dei dati del 2017) un centinaio di paesi, tra i quali alcuni avevano già iniziato ad applicare le regole un anno prima.

Nel frattempo si sono fatte alcune esperienze e si sono affinate alcune procedure.

La Svizzera ha proceduto ad applicare l’accordo con molta prudenza, rispettando le regole interne compatibili ed esigendo in alcuni casi la reciprocità, nonché il rispetto della confidenzialità e della protezione dei dati personali, soprattutto nei primi anni di applicazione dell’accordo.

Infatti, si era diffuso il sospetto che la Svizzera potesse fornire molti più dati di quanti ne potesse ricevere. Alla luce dei dati sullo scambio di informazioni nei primi anni dell’applicazione dell’accordo, il sospetto non trova però conferma.

Già nel 2018, il numero di informazioni fornite era praticamente pari a quello dei dati ricevuti. Anche sulla base dei dati più recenti, si può constatare che lo scambio di dati non è unilaterale: la Svizzera ha fornito informazioni su 3,1 milioni di conti e ha ricevuto dati per 2,4 milioni di conti bancari all’estero di contribuenti domiciliati in Svizzera.

Quest’ultima cifra appare enorme nei confronti di circa 5 milioni di contribuenti privati residenti in Svizzera.

Si deve però tener conto che la statistica si riferisce anche a persone giuridiche con domicilio fiscale in Svizzera e potrebbe concernere anche contribuenti con più di un conto all’estero. Ciò non toglie che il volume di informazioni fiscali, in entrambe le direzioni, sia impressionante.

In ogni caso il numero maggiore di scambi avviene con la Germania. Mancano ancora dettagli per il 2019 (lo scambio avviene di regola in autunno), ma già nel 2018 il 44% delle informazioni su conti all’estero proveniva dalla Germania. Ciò è dovuto non soltanto ai tradizionali buoni rapporti di vicinato fra i due paesi, ma anche al fatto che in passato la Germania era interessante per gli evasori fiscali in Svizzera. Per esempio, nelle regioni di frontiera, si apprezzava il fatto che in Germania non veniva prelevata un’imposta preventiva.

In Svizzera, come si sa, la tassazione viene eseguita dai Cantoni, anche per l’imposta federale diretta. Quindi sono i Cantoni che ricevono i dati dello scambio automatico di informazioni, Le autorità cantonali di contribuzione sono rimaste sorprese della gran mole di dati ricevuti e alcune hanno fatto notare che, non sempre, è possibile inserire direttamente questi dati, in modo automatico, nelle procedure di tassazione cantonali.

Di conseguenza, si è dovuto procedere all’inserimento manuale di singoli dati e limitare l’operazione soltanto ai casi più importanti.

Non sono ancora disponibili dati completi, ma alcune valutazioni effettuate sui dati del 2018 nel Cantone Berna permettono di vedere che l’80% dei casi concerneva conti con depositi fino a 10’000 franchi e solo il 3% conti con 100’000 franchi e oltre.

Si è inoltre constatato che una gran parte delle autodenunce è avvenuta poco prima dell’entrata in vigore dell’accordo tramite l’OCSE. Si può quindi dedurre che già la minaccia di uno scambio automatico di informazioni ha avuto un ruolo importante.

Secondo parecchi Cantoni è però ancora presto per valutare pienamente l’effetto degli accordi. Si pensa però che, con questo sistema, si potranno scoprire parecchi altri evasori fiscali, con conti all’estero non dichiarati. Però con qualche limite, poiché l’accordo prevede che i dati così raccolti possono essere usati solo a fini fiscali.

Quindi, per esempio, non per società che sono soggette a procedure di fallimento o per beneficiari di aiuti sociali che non ne avrebbero diritto. Non mancano però anche sistemi per sottrarsi agli effetti dell’accordo.

Per esempio in alcuni Stati degli Stati Uniti si possono creare società che non rivelano il beneficiario economico del conto. Vi sono anche piccoli paesi che offrono vantaggi agli investitori in cerca di rifugi. L’OCSE prima o poi dovrà comunque risolvere anche questi problemi.

 

 

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