Sensazionale ma non troppo

Nel mese di novembre 2020 una notizia è rimbalzata di sito in sito e di pagina in pagina: la scoperta di un disegno autografo di Leonardo da Vinci. Se, già di per sé, tale dichiarazione sarebbe bastata a creare entusiasmo e aspettativa, l’annuncio ha assunto toni ancor più eclatanti a fronte della contemporanea presa di posizione contro il dipinto del Salvator Mundi venduto all’asta nel 2017 come originale del maestro per l’astronomica cifra di 450 milioni di dollari. Al clamore che ha accompagnato la notizia sui canali della grande informazione ha fatto seguito la reazione del mondo accademico, che ha trovato principalmente nei social un veicolo per esprimere un deciso e corale dissenso.

Illustri testate giornalistiche e canali televisivi internazionali non ci hanno pensato un momento, quando Annalisa di Maria ha annunciato l’esistenza di un disegno di mano di Leonardo da Vinci hanno immediatamente diffuso la notizia, creando titoli di grande effetto che dichiaravano la scoperta di una nuova opera autografa del grande genio del Rinascimento. 

La storica dell’arte a cui si deve la notizia è membro del Centro per l’UNESCO di Firenze, una onlus che svolge attività di promozione culturale e sociale secondo i principi dell’Unesco, e afferisce al International Committee Leonardo da Vinci 2019. Contattata da privati in possesso di un disegno a sanguigna (la matita rossa) raffigurante un volto maschile, di Maria racconta che non appena ha potuto vedere di persona il foglio custodito a Lecco è rimasta senza fiato, colpita dalla qualità dell’opera. Convinta da caratteristiche tecniche, dalla famigliarità della fisionomia con altre opere di Leonardo e dalla posa, giudicata ricca di movimento e dunque in linea con la poetica del maestro, e fatto accertare tramite analisi scientifiche che il foglio risale al XVI secolo, ha diffuso la notizia tra i media, rimandando le vere e proprie comunicazioni scientifiche a un momento più opportuno, quando le limitazioni dovute alla pandemia saranno solo un ricordo.

Questa acquisizione, a parere di chi l’ha proposta, ha una ancor più sbalorditiva conseguenza: il dipinto che raffigura Cristo pantocratore, battuto all’asta nel 2017 per il prezzo record di 450 miliardi di dollari, non sarebbe l’originale leonardesco. Il Salvator Mundi, che dopo un lungo dibattito venne dichiarato autografo vinciano, è attualmente irreperibile benché fosse stato promesso al Louvre di Abu Dhabi. Le controverse vicende che interessano questa affascinante tavola non sembrano dunque avere mai fine.

Torniamo però al disegno di Lecco. A giudicare dall’enorme scalpore mediatico – nato dapprima sulla scena italiana e poi propagatosi a macchia d’olio su scala internazionale – non sembrerebbero esserci dubbi su questa nuova attribuzione. Eppure, tanto clamore si scontra in maniera più che stridente con lo scetticismo del mondo accademico, che fa registrare una vera e propria alzata di scudi. Non poche sono state infatti le voci che si sono levate dalle nutrite fila di studiosi di Leonardo (e non solo) per esprimere un’opinione sulla notizia, con toni più o meno accesi. In un’Italia alle prese con la chiusura degli istituti della cultura, con l’impossibilità di tenere convegni e conferenze, e con la gran parte delle lezioni universitarie svolte per via telematica, la reazione a caldo ha sfruttato internet e i social per manifestarsi in tutto il proprio dissenso. I più autorevoli studiosi impegnati da anni in ricerche su Leonardo che hanno portato a fondamentali pubblicazioni scientifiche, mostre e progetti di ricerca, pur riservandosi di fornire un giudizio definitivo solo a seguito di un esame autoptico, condotto cioè osservando dal vivo il foglio, hanno preso le distanze dalla proposta di autografia, riconoscendo nel disegno caratteri propri di un’opera di imitazione realizzata ben più tardi del secolo in cui visse Leonardo.

Forse le oltre sessanta pagine di dati e riflessioni promesse a dimostrazione dell’autenticità del disegno di Lecco e la visione dell’opera dal vivo forniranno tutte le prove necessarie a convincere della tesi di Annalisa di Maria, intanto però fa riflettere fino a che punto possano diventare sensazionalistici i toni adottati dalla stampa quando si tratta di artisti come Leonardo o Caravaggio. Quest’ultimo è stato protagonista di un dibattito che ha animato le settimane precedenti al Natale, per la maniera ritenuta troppo romanzata con la quale lo si continua a raccontare, anche nei programmi che aspirano a un’accurata divulgazione scientifica.

Per il momento insomma pare opportuno seguire un invito fatto qualche anno fa: «non nominare Leonardo o Caravaggio invano». 

Didascalia:

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Leonardo da Vinci, Uomo vitruviano, Venezia, Gallerie dell’Accademia (foto Wikipedia, Public Domain)

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