di Marco Nori, Ceo di Isolfin
A governo non ancora in funzione, Giorgia Meloni deve già fare i conti con le avvisaglie di una crisi su scala nazionale e internazionale forse mai affrontata prima nella storia della Repubblica Italiana dalla Costituente a oggi.
Mario Draghi e il suo Governo, probabilmente con l’ultimo atto prima di cedere definitivamente il testimone, ha approvato un pacchetto di aiuti del valore di circa 14 miliardi di euro al fine di proteggere le aziende e le famiglie dall’aumento dei costi energetici.
Draghi ha inoltre ridotto la previsione di crescita economica del prossimo anno allo 0,6% a causa dei costi energetici alle stelle, cercando comunque di tranquillizzare i mercati internazionali e confermando che gli aiuti deliberati non graveranno sul bilancio dello stato dal momento che saranno invece finanziati da maggiori entrate fiscali, legate all’aumento delle bollette di luce e gas, e da adeguamenti di bilancio, senza perciò ricorrere a maggiore debito.
Il ministro della Economia Daniele Franco ha confermato che il deficit di bilancio per il 2022 sembra attestarsi sulle attese del 5,6% della produzione nazionale già fissato ad aprile scorso.
Nel pacchetto di aiuti si attiverà un nuovo schema di garanzie statali che dovrà sostenere le aziende che devono affrontare problemi di liquidità a causa dei costi energetici elevatissimi., supportato da SACE che offrirebbe garanzie gratuite sui prestiti con un tasso non superiore a quello pagato dai titoli di Stato con la stessa scadenza.
Tra una serie di altre misure, il regime prevede un’erogazione una tantum di 150 euro per 22 milioni di lavoratori e pensionati con un reddito annuo inferiore a 20.000 euro, oltre al taglio delle accise sul carburante alla pompa che rimarrà in vigore fino alla fine di novembre anziché terminare il 17 ottobre.
Per scoraggiare le imprese dalla chiusura degli stabilimenti in Italia, il decreto del governo revoca i benefici statali già percepiti se le imprese che operano sul territorio nazionale spostano la produzione all’estero e licenzino il 40% o più del loro personale, come previsto dal ministro dell’Industria Giancarlo Giorgetti.
Un insieme organizzato di azioni, sostegni e aiuti che però appare ogni giorno sempre meno sufficiente a far fronte alle gravi condizioni che il paese dovrà affrontare nel corso dell’autunno. Il caro energia, ulteriormente aumentato in seguito alle ancora poco chiare condizioni che hanno portato al danneggiamento delle tubazioni sottomarine del North Stream 1 e 2, l’inefficienza del nostro sistema distributivo, l’assenza di strutture dedicate alla rigassificazione di potenziali forniture liquide statunitensi, la mancanza di determinazione nella implementazione di impianti per la produzione di energia pulita quali il fotovoltaico e l’eolico, non fanno presagire un inverno senza contraccolpi.
Retribuzioni oramai al palo da almeno un decennio metteranno molte famiglie in difficoltà nel dover sostenere i costi delle prossime bollette e gli aiuti alle imprese appaiono insufficienti per mantenere inalterati i livelli occupazionali.
Anche le circolari redatte dal Governo per la riduzione di uno o due gradi negli edifici pubblici non sembrano una soluzione calata nel mondo reale, soprattutto quando a ridurre il riscaldamento saranno le case popolari, gli ospedali, gli istituti pubblici per anziani e le scuole.
E allora, come affrontare questo temibile trimestre? Giorgia Meloni e il suo Governo, con la speranza che a breve se ne crei uno, non potrà limitarsi a individuare soluzioni temporanee per ridurre parzialmente il peso economico e finanziario dell’aumento dei costi energetici, dovrà dare un grande sostegno alle imprese, certamente riducendo il cuneo fiscale, affinché le retribuzioni nette possano finalmente aumentare, commisurando gli aiuti al numero del personale assunto con impegno almeno triennale affinché non si crei un aumento incontrollabile di disoccupazione, oltre a prevedere un supporto alle imprese che decideranno di assumere ancora. Serve un grande piano nazionale e le imprese, di qualunque dimensione, piccole medie e grandi potranno essere il veicolo mediante il quale garantire il sostegno di tutti, il pagamento delle tasse e la sostenibilità del debito nazionale.
Non è in fondo sempre il tessuto imprenditoriale, artigianale e industriale italiano ad aver riacceso la speranza anche nei momenti più complessi della storia d’Italia e aver dato lo slancio a tante riprese in seguito alle crisi dal dopoguerra a oggi?
È arrivato il momento di affidarsi alla imprenditoria italiana, controllando e punendo gli abusi ovviamente, ma liberando da ostacoli e vincoli la sua innata capacità creativa, la sua funzione sociale e l’ambizione di divenire elemento trainante proprio nei momenti bui che il paese potrebbe affrontare.
È proprio questo ramificato e complesso tessuto imprenditoriale a essere pronto a rimboccarsi le maniche e a caricare il paese sulle proprie spalle per traghettarci tutti oltre la crisi con la consapevolezza che ci vorranno anni per riacquisire i volumi andati persi e gli spazi di mercato che altri hanno acquisito.
Forse così, lasciando alle imprese la ripresa e al Governo la tutela sociale dei più deboli e il controllo sull’operato di tutti, potremmo finalmente farcela. Terza Guerra Mondiale permettendo.