Stati (di confusione) generali

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

di Marco Nori

Il Governo convoca gli Stati Generali, apparentemente abbandonando il lavoro portato a termine dalla Task Force guidata dal manager italiano di rilievo internazionale Vincenzo Colao, già CEO di Vodafone e RCS MediaGroup, e sceglie Villa Pamphili quale teatro per il coinvolgimento e la discussione con le parti sociali delle possibili azioni a sostegno della ripresa del Paese. I primi resoconti delle parti sindacali e delle imprese rappresentate fanno trapelare una profonda confusione di intenti, obiettivi e modalità. Il Piano Colao portava al Paese una molteplicità di azioni stimate positivamente da alcune parti politiche e criticate da altre, ma certamente funzionali alla definizione di una visione strategica che dovrebbe guidare il Paese.

Vi sono però elementi che riguardano la sopravvivenza del tessuto imprenditoriale e sociale del Paese che debbono essere immediatamente presi in considerazione e per i quali si deve, oggi, intervenire con concretezza e determinazione. Parallelamente si dovrà definire quel piano strategico che sostenga lo sviluppo per i prossimi 30 anni e che, se saremo sufficientemente capaci di avere rappresentanti in Parlamento sufficientemente competenti, si tradurrà in una road-map in continua applicazione e non l’oggetto di un dibattito politico o ideologico.

Le aziende italiane, peraltro sofferenti per un mancato processo di aggregazione che le ha obbligate a restare medio-piccole e soprattutto deboli nel mercato globale, saranno chiamate a sostenere i versamenti di IRAP e IRES a fronte di un trimestre in cui i ricavi, e conseguentemente la liquidità, sono assenti a causa del periodo di quarantena osservato. In questo momento lo Stato dovrà essere in grado di sostenere i pagamenti di Cassa Integrazione, Pensioni e Oneri Sociali, anticipando la liquidità relativa ai prestiti in arrivo dall’ Unione Europea. Le aziende hanno però già versato il secondo acconto IRES e il primo acconto IRAP nel novembre del 2019, il cui importo dovrebbe essere loro restituito a fondo perduto per sostenere la mancanza di produttività accumulata durante il periodo di lockdown. Potenzialmente, si dovrebbe cancellare il saldo da versare nel corso del 2020.

Il “piccolo e bello”, tipico delle imprese italiane, è sempre meno competitivo nel mercato globale.

Il “piccolo e bello”, tipico delle imprese italiane, è sempre meno competitivo nel mercato globale e il Governo dovrebbe sostenere la progressiva aggregazione di aziende di piccole dimensioni, sostenendone i costi e la necessaria quotazione sul mercato azionario. Solo nel mercato azionario le imprese italiane possono individuare le risorse finanziare indispensabili alla crescita ed allo sviluppo internazionale. Si impone un cambio culturale per permettere al Paese di rincorrere le nazioni occidentali e orientali che hanno saputo individuare questi percorsi almeno un decennio fa.

Le aziende italiane si sono distinte nell’ultimo ventennio per una incredibile capacità di innovazione tecnologica riconosciuta a livello mondiale, a dispetto di un paese che sempre poco ha fatto per sostenerne il valore.

Oggi è invece il momento di dare pieno sviluppo alla collaborazione fra imprese e università.

Oggi è invece il momento di dare pieno sviluppo alla collaborazione fra imprese e università, rendendo deducibili i sostegni economici che le imprese potrebbero devolvere alla ricerca in collaborazione con gli atenei, oltre a sostenere l’estensione temporale del piano Industria 4.0 includendo i costi legati all’economia circolare, alla decarbonizzazione, all’innovazione e sostenibilità in ambito ambientale e alle tecnologie che permettano lo smart working.

Il periodo di quarantena ci ha permesso di verificare quanto la tecnologia possa sostenere le nostre attività quotidiane, ridurre la necessità di spostamenti, individuare delle soluzioni che riducano l’impatto ambientale delle nostre abitudini e dei cicli produttivi delle nostre aziende. Questo è il momento di sostenere questa transizione, incentivare le imprese a fare di più, andare ancora oltre.

È evidente che, a seguito delle gravi emergenze legate alla pandemia che ha bloccato il Paese, sarà chiesto alle imprese italiane di sostenere il tessuto sociale e, in molti casi, di sostituirsi allo Stato come è già avvenuto con il versamento diretto degli anticipi della cassa integrazione. Queste stesse aziende dovranno però essere messe nella condizione di poter sopportare l’impatto della crisi economica e finanziaria, ad esempio sospendendo per un biennio la deduzione degli ammortamenti nel Conto Economico e inserendo l’obbligo di versamento a patrimonio dei valori svincolati in esenzione fiscale al fine di rendere le imprese più solide e forti e, così, anche più predisposte e pronte a proporsi al mercato azionistico.

È fondamentale definire un piano strategico trentennale e, se ben fatto, varrà l’attesa delle valutazioni in atto all’interno degli Stati Generali istruiti dal Governo e dalla possibile attuazione parziale o totale del Piano Colao.  Ma si deve garantire la sopravvivenza delle imprese italiane o non vi saranno interlocutori con cui realizzare le strategie individuate.

 

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