Tutti insieme – magari

Al suo esordio come regista, Ginevra Elkann dirige un film dall’anima fortemente biografica, indagando sulle dinamiche di una famiglia divisa.

Ginevra Elkann mette in campo una regia invisibile che segue i personaggi e li studia nelle loro vicissitudini. Si tratta dunque di un’ottima prova d’esordio, diretta con una tecnica consapevole ma non ancora matura e alla ricerca di un proprio stile personale.

Ginevra Elkann, il film tratta di una vicenda autobiografica?

Penso che la vicenda parta da uno spunto autobiografico e che il ‘magari’ di Alma sia stato il mio ‘magari’. È stato appassionante partire da una mia esperienza personale per poi discostarsi e costruire una storia nuova.

Ha avuto registi di riferimento durante la lavorazione del film?

Durante la fase di scrittura, quando abbiamo pensato al tono che il film dovesse assumere (la regista ha scritto il film assieme alla sceneggiatrice Chiara Barzini ndr.), abbiamo preso come punto di riferimento la Commedia all’italiana. Questo filone cinematografico trattava tematiche serie e di problematiche familiari riuscendo comunque a dare sempre una vena umoristica. Altri modelli di riferimento sono stati Noah Baumbach e un cinema americano di stampo indipendente. TravelWithGirls

Com’è stato lavorare con attori di un certo spessore come Riccardo Scamarcio e Alba Rohrwacher?

Quando annunciai che volevo fare il mio primo film con protagonisti tre bambini e un cane tutti mi dissero che ero pazza. Ma grazie a Riccardo e ad Alba che sono stati molto vicini al progetto e hanno dato molto di loro stessi in questo film, sono riuscita ad essere più sicura nel muovere i miei primi passi come regista.

Lei ha lavorato per molti anni nel campo della distribuzione. Cosa l’ha trattenuta dal dirigere un film tutto suo?

Fondamentalmente non mi sentivo pronta, mi spaventava l’idea di mostrare una mia opera a un vasto pubblico e dovere fare i conti con te stessa  e con il tuo lavoro.

E per quanto riguarda i suoi progetti futuri?

Per fortuna adesso non ho così tanta paura e sto scrivendo sempre con Chiara Barzini e un’altra sceneggiatrice, Ilaria Bernardini, un nuovo film.

Cos’è per lei la famiglia?

Credo che sia una famiglia qualunque struttura in cui ci sia dell’affetto, e dove un bambino possa essere cresciuto e accudito con amore. Se è presente l’amore qualunque tipo di famiglia funziona. Io ho vissuto in giro per il mondo ma la mia famiglia è a Roma dove ci sono i miei figli e mio marito. La mia ancora è quella.

La vicenda che ha deciso di narrare è molto personale. Come ha scavato dentro di sé per esprimere al meglio quello che intendeva comunicare?

Io e Chiara Barzini abbiamo parlato a lungo dei personaggi e soprattutto della mia storia, della sua storia e della storia di tante altre persone che conosciamo. Siamo andate ad analizzare quello che era una famiglia borghese di un certo tipo, un po’ artistica, di quegli anni. Personalmente ho fatto un lungo lavoro di psicanalisi e questo mi ha aiutato moltissimo a scrivere questo film. Assistiamo al punto di vista di Alma che utilizza la sua immaginazione per in fondo non soffrire della separazione dei suoi genitori. E il film stesso segue le sue fantasie. Appena succede un fatto traumatico subito dopo riparte, narrando qualcosa di più leggero.


TRAMA del film: Seb, Jean e Alma sono figli di una coppia separata. La madre francese si è risposata e si è convertita al cristianesimo ortodosso. Il padre è uno sceneggiatore italiano squattrinato che dopo il divorzio ha inanellato una serie di relazioni sentimentali tutte fallimentari. Prima di trasferirsi in Canada con la madre i tre fratelli passano un po’ di giorni al mare con il padre e con la sua nuova compagna Benedetta. Dopo molti anni nel campo della produzione e distribuzione, Ginevra Elkann decide di vestire i panni della regista e di mettersi a capo di un progetto interamente suo. La storia che decide di raccontare è poliedrica e tocca numerosi sentimenti; l’amore, la felicità e la crescita sono infatti tutti racchiusi in un’unica istituzione: la famiglia. Una famiglia le cui sfaccettature vengono descritte dai vari punti di vista dei suoi componenti. Il padre Carlo, in fondo ancora innamorato dell’ex moglie, che vede i propri figli molto raramente; la madre Charlotte, ormai risposata e decisa a costruirsi un altro futuro con il nuovo marito; e soprattutto la piccola Alma, che insegue l’irrealizzabile desiderio di rivedere i propri genitori ancora insieme. Ed è proprio su questa incertezza, su questo desiderio che si regge il film, mettendo al centro un sogno che ‘magari’ (titolo di distribuzione italiano della pellicola) si realizzerà. È dunque precario il filo ormai sottile che lega i personaggi, talmente fine da diventare invisibile e sempre pronto a essere definitivamente strappato dalla tensione che si crea tra di loro. La mestizia del mare in inverno e l’ambientazione passata, a cavallo tra gli anni 80 e 90, creano un miscuglio di emozioni indefinite che bollono nello spettatore lasciandolo pensieroso e malinconico. Riccardo Scamarcio da’ una buona prova d’attore, dando vita a un personaggio che rischiava di cadere nello stereotipo. La sua prestazione riesce ad illuminare con una luce tenue e aggraziata la difficile condizione in cui Carlo si trova. I lunghi lassi di tempo passati tra una visita ai figli e l’altra si fanno sentire, generando insicurezza nel suo ruolo di padre. Egli si trova quindi costretto a ricostruire la figura paterna nella diffidenza dei due figli maggiori. Meno incisiva invece la performance di Alba Rohrwacher, qui leggermente sottotono rispetto ad altre sue interpretazioni, forse a causa del suo personaggio non particolarmente approfondito.

 

 

 

 

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