Un momento! Ho un’altra confessione da fare…

I racconti dei ragazzi del Liceo Pareto

di Sauro Giornali

La scrittura creativa è un’attività che abbiamo cercato di coltivare il più possibile al Liceo Pareto di Mies e di Losanna, che di per sé un liceo votato alle scienze.

Da tempo ci esercitiamo nella scrittura di racconti, interpretazioni di immagini, simulazione di messaggi e manifesti pubblicitari. La scrittura creativa porta gli studenti a allenare la fantasia e esercitare la logica, per creare un testo coerente e efficace, due abilità non sempre scontate fra i nostri giovani, abituati a essere stimolati da serie televisive, videogiochi, web, ma poco avvezzi a mettersi dall’altra parte, dalla parte di quelli che inventano una storia stimolante.

L’esercizio che sta dando i migliori risultati è quello di dare ai ragazzi non un titolo o un argomento, ma una frase, dalla quale o intorno alla quale far nascere il loro racconto di fantasia. Da un lato è un grande aiuto per persone non troppo avvezze a confrontarsi con il foglio bianco: lo spaventoso pensiero “che cosa scrivo? Di che cosa parlo?” in questa maniera è superato. Dall’altra parte però, si pianta un solido paletto che gli studenti devono rispettare. Quindi se la frase proposta è “Inizia oggi il mio secondo anno di guerra, qui a Verdun”, è chiaro che gli studenti non possono parlare di un viaggio su Marte (o forse sì, dipende dalla fantasia dello scrittore). In altre parole, il lavoro è più complicato di quello che sembra. (Anche se, devo dire, al momento che presento la frase, gli studenti non sentono la difficoltà ma sono animati dalla sfida della scrittura; un approccio che, come insegnante, mi fa grande piacere.) Per questo laboratorio, la frase di partenza era “Un momento! Ho un’altra confessione da fare…”.

Nella scrittura dei loro racconti, gli studenti si lasciano andare e raccontano volentieri. Alcuni inventano di tutto di più, citando la narrativa che conoscono, soprattutto quella del web o del cinema, altri raccontano le loro storie personali, e io che devo leggere e correggere i loro testi, non so mai cosa aspettarmi. È per questo che quest’attività di scrittura creativa è una delle mie preferite, che con l’accordo dei giovani autori, vorrei provare a condividere con i lettori del Corriere.

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Da solo

·       Un momento! Ho un’altra confessione da fare…

·       Ancora? Cosa c’è ora? Hai ancora dimenticato di spengere il forno?

·       No, è qualcosa di molto di più… personale. Vedi, quando sono solo a casa, porto dei vestiti… poco comuni.

·       Okay…

·       Vestiti che nessun uomo deve portare…

·       Ti travesti?!

·       No, quello non fa per me. Ebbene: porto i sandali con i calzini bianchi.

·       No…

·       Sì, ogni volta che sono a casa.

·       Mio Dio!

·       A me questo stile piace, cosa posso dire? In più, sapere che infrango un tabù e che la mia dignità può essere distrutta se qualcuno mi scopre mi dà una scossa, tutto grazie ai miei calzini bianchi.

·       Come ti puoi sminuire a questo punto? Credevo che fossi meglio.

·       Lo so, mi dispiace, è solo che io sono così.

(Malik Jalleb, 16 anni)

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Dimmi tu

Un momento! Ho un’altra confessione da fare… Tesoro, io non sono l’uomo che tu pensi che io sia. Non sono la persona gentile, adorabile e che pensa agli altri, il marito perfetto.

Ti ho mentito su tutto, sulla mia identità, il mio lavoro, e la mia vita. Da venti anni sto mentendo e non posso più continuare così, perché tu meriti di sapere, ma questa conoscenza potrebbe metterti in pericolo.

Ecco la verità: il mio vero nome è John Wick, e il mio lavoro non è come gli altri e non è nemmeno bello. Sono un sicario, una specie di soldato privato che viene pagato per far sparire la gente. Sono quel tipo di persona che si sporca le mani al posto di un altro. È per questo che a volte non rientravo alla sera o inventavo sempre scuse. Spero che tu possa perdonarmi, ma anche che tu capisca che facevo tutto per te, per te, per te… Per poterti accontentare con quelle tue infinite richieste, per comprarti tutte quelle infinite cose carissime che hai sempre voluto da me. È per farti contenta che ho fatto questo. Questa sera ho un’altra missione, dimmi tu, vuoi che vada?

(Gianluca Leonzio, 16 anni)

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Sfida finale

“Un momento! Ho un’altra confessione da fare”.

Il prete guardava Salvatore con occhio minaccioso. Infatti, dopo venti minuti di confessioni, Salvatore aveva ancora un ultimo peccato di cui pentirsi. A quel punto, il peccatore fa un gran respiro, mentre una lacrima cadeva lentamente sulla sua guancia: “Padre, questo qui, non sapevo se dirlo o no. Questa qui è la mia ultima confessione, ma certamente la più orribile”.

Il prete ascolta e si prepara ad ascoltare Salvatore, pur essendo un po’ spaventato per quello che sta per sentire.

“Padre, ecco come ho ucciso mio figlio… Verso le sette di questa mattina, non ce la facevo più a dormire, dunque dopo aver passato una ventina di minuti al bagno, ho capito che era impossibile riaddormentarmi. Dunque ho preso il telefono e sono stato sui social. Alle nove sono andato in cucina per bere un caffè e fare colazione con le fette biscottate. Ma qui viene il momento della verità: ho aperto l’armadietto e ho visto il pacchetto di Gocciole mezzo e… non ho resistito. Ne ho presa una, dopo aver mangiato questo biscotto magico, non ce la facevo e ne ho preso un secondo. Ecco, come può immaginare, Padre, ho finito il pacchetto che avevo comprato per mio figlio”.

“Ma come, Salvatore, è questo il tuo peccato orribile? Mi hai detto che avevi ucciso tuo figlio!”

“Sì sì, lo ammetto! Mio figlio mi ha visto che stavo per mangiare l’ultima Gocciola, e…”

“Eee…???”

“E l’ho sfidato a Call of Duty e l’ho ucciso! E pure barando! Per quell’ultimo biscotto avrei fatto di tutto”.

(Alessio Rappagliosi, 17 anni)

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Gli anni passavano

Un momento! Ho un’altra confessione da fare. Sa, io sono madre, e cerco di esserlo nel modo migliore che conosco. Mi sforzo di far crescere e amare questo bambino nella maniera più pura. Ma come si può essere puri quando la vita è nata nella menzogna? Ogni giorno che passa non fa che aumentare la mia vergogna e la mia paura della verità.

Questo bambino indifeso diventerà un adulto tormentato dalla violenza della sua stessa nascita. Ma mi chiedo cosa diventerebbe se sapesse della sua origine? È per questo che sono qui a confessarmi, nella speranza che il perdono e la felicità si posino su mio figlio.

Sette anni fa ho dovuto sopportare il lutto della morte di mia figlia, che si è suicidata a causa di un evento terribile. Era incinta e si è suicidata, lasciandoci questo bambino, la causa del suo gesto tragico. Non sopportava di dover mettere al mondo questa creatura che la vita gli aveva imposto. Era la prova vivente di un dramma, immaginava il seme del suo aggressore in lei, non lo poteva sopportare.

Nonostante tutto però, il bambino è nato, innocente, e bisognava crescerlo. Avevo perduto mia figlia, ma avevo trovato questo orfano. L’ho allevato come se fosse mio figlio, non gli ho fatto mancare nulla. Ma più gli anni passavano, più diventava difficile dirgli la verità e alla fine non gliel’ho mai detta. Ecco, io non sono la madre di mio figlio, sono sua nonna.

(Fiona Pitz, 22 anni. Fiona è ritornata a scuola dopo una carriera da ballerina e ancora non parla correntemente l’italiano, il testo è tradotto dall’originale in francese.)

 

 

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