Una campagna elettorale infuocata per le elezioni federali del 20 ottobre 2019

La fine delle vacanze estive ha risvegliato l’attenzione e l’interesse dei cittadini svizzeri per le elezioni federali del 20 ottobre 2019, un appuntamento denso di significati, poiché il popolo procederà all’elezione dei 200 membri del Consiglio nazionale e dei 46 membri del Consiglio degli Stati, in altri termini al rinnovamento del Parlamento.

Negli ultimi giorni – di pari passo con l’approssimarsi della scadenza – si è messa in moto la macchina elettorale dei partiti e i mezzi di comunicazione hanno ampliato i servizi e le analisi sull’offerta politica e sugli impegni dei candidati e delle forze in campo.

I sondaggi commissionati da vari enti indicano da una parte che i Verdi e i Verdi liberali crescono ancora nei consensi, dall’altra confermano che l’Unione democratica di centro (UDC) potrebbe registrare anche a livello nazionale la flessione subita in alcune delle ultime elezioni cantonali. Non possiamo naturalmente sapere se i sondaggi troveranno ratifica nell’urna elettorale, ma di sicuro esprimeranno una linea di tendenza.

Le politiche imperniate sull’ambiente e le sue numerose accezioni – dalla sostenibilità ambientale delle scelte d’indirizzo al contrasto ai cambiamenti climatici, dalla lotta agli sprechi (alimentari, energetici…) fino all’economia circolare – hanno risvegliato l’interesse per la politica di una vasta parte delle popolazioni che, ovunque in Europa, hanno votato i Verdi per sostenere le loro battaglie ambientali. I disastrosi incendi che stanno distruggendo una parte significante dell’Amazzonia, polmone verde del pianeta, e la debolezza delle risposte politiche per fronteggiarli – ma anche le documentate anomalie di questa caldissima estate – dovrebbero favorire ulteriormente i Verdi come sottolineano i sondaggi di cui sopra.

Le questioni in gioco sono tante, alcune preminenti come la presenza delle donne nel Parlamento. Andando a rivisitare l’esito delle elezioni svoltesi nei Cantoni in questi ultimi quattro anni, emerge la loro avanzata costante negli organi politici elvetici e lo sciopero nazionale delle donne del 14 giugno scorso ha evidenziato quanto forte sia la spinta provenuta dal mondo femminile, non solo per accrescere la presenza nelle Istituzioni politiche, ma anche per reclamare – ad esempio – migliori strutture di custodia extra-familiare dei bambini. Le donne, che nella patria della democrazia diretta hanno ottenuto il diritto di voto a livello federale soltanto nel 1971, sono intenzionate a recuperare rapidamente il gap che per oltre un secolo (123 anni) le ha tenute ai margini della politica federale svizzera.

Un altro argomento piuttosto avvertito è la legge sul finanziamento dei partiti politici. La Svizzera è l’unico Paese membro del Consiglio d’Europa a non avere una legge che assicuri la trasparenza sul finanziamento dei “costi della politica”, tanto da subire i reiterati richiami del Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione (GRECO), che ha deplorato ancora una volta la mancanza di evidenza che caratterizzerà le elezioni federali del 20 ottobre prossimo.

Ora che la campagna elettorale è entrata nella fase più viva, la questione che ancora una volta polarizza l’attenzione dei cittadini svizzeri è tuttavia il rapporto con l’Europa, per di più con la patata bollente dell’Accordo quadro istituzionale, al centro di un dibattito serratissimo, non da ora, con fortissime contrapposizioni tra i partiti, nel Parlamento e nella società. Ed anche tra i Consiglieri federali, come si è visto la settimana scorsa alla Conferenza che annualmente riunisce a Berna il corpo diplomatico elvetico. I mezzi d’informazione hanno prontamente riportato le dichiarazioni del Presidente della Confederazione Ueli Maurer (UDC), che ha bollato come fallito l’Accordo quadro con l’UE, senza nessun ritegno verso Ignazio Cassis – Consigliere federale e capo del Dipartimento degli Esteri, suo collega di Governo – che si è impegnato fortemente per l‘Accordo, istituendo tra l’altro più di una taskforce all’interno del Dipartimento allo scopo di elaborare e negoziare un accordo accettabile per tutte le parti in causa. La costernazione che hanno suscitato le dichiarazioni di Maurer è stata ampia. “Quello di Maurer è stato un colpo sparato alle spalle della nostra squadra a Bruxelles, impegnata da mesi a individuare una soluzione con l’UE” ha sottolineato Hans-Peter Portmann, Consigliere nazionale del Partito Liberale.

La complessità dell’Accordo quadro istituzionale è nota. La Svizzera non fa parte – per innumerevoli ragioni – dell’UE e tuttavia per non perdere l’aggancio con il grande mercato di otre 500 milioni di persone costituito dai Paesi UE, ha optato da oltre un ventennio per una serie di trattati bilaterali riguardanti i principali settori di attività: il commercio, gli appalti pubblici, i trasporti, la ricerca e la formazione, ecc.; accettando nel contempo alcuni vincoli come la libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali tra i paesi membri. Con l’Accordo quadro istituzionale, Bruxelles preme per un’adeguamento della legislazione svizzera agli sviluppi del diritto dell’UE, senza dovere rinegoziare ogni volta le intese.

A quattro anni dalle ultime elezioni federali il quadro politico europeo e mondiale è profondamente cambiato. A Bruxelles Ursula von der Leyen è stata eletta a nuova Presidente della Commissione subentrando a Jean-Claude Juncker, l’Italia è alla ricerca di un nuovo Governo dopo l’(auto)uscita di scena di Matteo Salvini. Ma in generale l’Europa è alle prese con i rinascenti nazionalismi e sovranismi che guardano al modello Trump o Putin. Le elezioni di questo ultimo fine settimana nei Länder di Sassonia e Brandeburgo hanno per altro evidenziato ancora il forte richiamo che il partito di destra estrema Alternative für Deutschland (AfD) esercita su una parte non indifferente dell’elettorato tedesco.

Il quadro politico europeo così altamente complesso esclude che le elezioni federali del 20 ottobre 2019 possano essere intese come un passaggio di routine, tanto grande è il portato della sfida, anche per una democrazia compiuta come quella svizzera. In tal senso, le parole del Presidente Ueli Maurer sull’accordo quadro vanno lette come il cavallo di battaglia del suo partito – l’UDC – che ancora una volta vorrà fare presa sui valori di neutralità e difesa dell’identità nazionale che mobilitano buona parte dell’elettorato svizzero.

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