Uno “smart working” tutto per sé

Chi di voi sa di Judith, la sorella di Shakespeare? Ricorriamo al bardo un po’ spesso forse, ma i grandi, si sa, riservano continue sorprese. Compresa quella di una fanciulla ben più dotata di talento del celebre fratello, che studiava di nascosto dai genitori, i quali le avevano riservato un matrimonio con un mercante di lane; e scriveva nottetempo testi meravigliosi che poi bruciava tra le lacrime. Fuggì una notte, calandosi con una corda dalla finestra della sua casa per seguire un gruppo di teatranti, del cui capo comico era rimasta incinta. Il suo canto “non era meno bello e musicale di quello degli uccelli del cielo”, avendo la più vivace fantasia per la musica delle parole eppure – disperata per non avere nessuna possibilità di esprimere la sua arte del teatro e della scrittura, una notte d’inverno, si uccise; e il mondo non avrebbe mai potuto conoscere quel canto sublime.

Cos’altro dire? Che è tutto falso, una fake news d’epoca, una bufala, pura fiction. Autrice ne è stata – quasi cent’anni fa, per spiegare un tema evidentemente ancora attuale – la grandissima scrittrice Virginia Woolf, che, invitata a tenere una conferenza su “Donne e Letteratura” nell’Università di Cambridge, passando in disamina storie di artiste e scrittrici nei secoli passati, concluse con un’opinione tanto semplice quanto realistica. Una donna per poter scrivere ha bisogno di una rendita mensile e soprattutto di “una stanza tutta per sé” (il titolo del libro in questione), ovviamente nel senso reale ma anche figurato di una libertà personale capace di mettere nelle condizioni di produrre arte.

Il libercolo è una perla rara di spunti e riflessioni e, come con la fine triste dell’immaginaria Judith, fa pensare a quante donne di genio siano state bruciate come streghe o zittite in modi a dir poco fantasiosi nel corso della storia. Il punto è che, ben lontani da secoli passati ma anche dalle lezioni della Woolf, ripensare a quanto sia stato possibile per le donne esprimersi nelle arti, nel corso dei secoli, mette sempre un po’ di rabbia, visto che ancora oggi, nel 2020, in  piena crisi economica globale da COVID-19, in una situazione che è già di inferiorità – per salari e proporzioni di numeri -per il genere femminile, chi continua a aver la peggio sono sempre e comunque le donne, per le solite ragioni ma forse anche per altre.

Lo smart working e gli adattamenti del lavoro alla pandemia hanno prodotto disagi e carichi soprattutto, superfluo dirlo, sul genere femminile per motivi che i media, e un po’ di semplice riflessione (la casa, i figli), ci continuano a ripetere.

Si scrivono libri sulle donne che han fatto la storia e la storia dell’arte, di cui qui si vorrebbe raccontare.

È avvilente riconoscere che tra elenchi di artiste straordinarie nel corso dei secoli finiamo per riconoscere sempre le solite Artemisia Gentileschi, Frida Khalo, Tamara de Lempicka e Marina Abramovic e la plurinominata Ipazia, scrittrice, astronoma, matematica e dottoressa dell’antichità classica.

Gli altri nomi sono appannaggio dei più esperti e appassionati del settore, che conoscono le meraviglie prodotte dalle impressioniste francesi o dalle artiste fiamminghe, giusto per citarne correnti in cui sono presenti in modo significativo.

Per il resto Judith è morta davvero tante volte, tantissime, e tra quelle la cui vicenda è drammaticamente simile c’è quella della dolce Isabella Morra, che nel cuore della Lucania, in un castello dove si dice ancor oggi viva il suo fantasma infelice, produsse un canzoniere che vien paragonato per intensità agli idilli leopardiani. Ma a vent’anni venne uccisa per motivi passionali colpevole di un carteggio amoroso, l’unica finestra da una stanza tutta per sé che non avrebbe mai avuto.

La rivincita di Judith e Isabella oggi si chiama J.K. Rowling. Tra problemi di sopravvivenza e lavori saltuari per mantenere la prole è riuscita a derubare da una vita difficile il tempo per inventare Harry Potter e diventare una delle donne più economicamente potenti e influenti al mondo (la seconda nel regno Unito dopo la Regina) e autrice dei libri col maggior successo di vendita (con numeri come quindici milioni di copie in un sol giorno). Rifiutata da undici editori – così come Judith era stata sbeffeggiata dai teatranti perché femmina – caduta in depressione, tradita dagli uomini.

J.K. Rowling è nelle classifiche dove le donne languono comunque, ma non certo per valore: e cosa lo diciamo a fare?

Ancora oggi, il COVID insegna che le possibilità per gli uomini continuano a essere maggiori. La Rowling ha pubblicato le sue prime opere chiamandosi Robert e l’editore di Harry Potter suggerì un altro pseudonimo che la scrittrice scelse nelle sue iniziali J.K. per non condizionare negativamente il pubblico. Del resto V. Woolf racconta di George Sand, vissuta un secolo fa. Forse noi donne siamo un po’ stanche di ripetere o sentir ripetere dagli uomini in articoli magnanimi quanto sia ancora ingiusto tutto ciò. Confidiamo in nuove riscosse di Judith, in ogni campo, dell’arte e della cultura. Con un’ opinione finale che è una domanda un po’ scomoda: che a questo punto della storia servano ancora più coraggio e convinzione e che siano forse le donne il vero limite di se stesse?

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