Vasilij Grossman svela il silenzio sugli ebrei in Ucraina

di Amedeo Gasparini

Il libro postumo di Vasilij Grossman, Ucraina senza ebrei (Adelphi 2023), presenta un resoconto agghiacciante della situazione degli ebrei in Ucraina quando l’autore, al seguito dell’Armata Rossa, entrò nei territori liberati nel 1943.

Il libro è breve, ma molto analitico.

Il testo parte dal racconto dell’entrata in Ucraina e del silenzio assordante di un popolo massacrato (gli ebrei in Ucraina sono letteralmente scomparsi dopo l’occupazione nazista) e si conclude con la ricerca dei motivi e del perché proprio la Germania perpetrò lo sterminio.

Vasilij Grossman rimase colpito ben prima di trovarsi nell’inferno di Treblinka (L’inferno di Treblinka è il titolo di un altro volume di Grossman e racconta la fabbrica della morte ideata dai nazisti).

In Ucraina senza ebrei lo scrittore tenta di sviluppare un ragionamento articolato sulle ragioni e sulle radici dell’eccidio. L’autore fa dunque entrare con sé il lettore nell’Ucraina appena liberata: e scopre che qui più della metà degli ebrei presenti erano stati liquidati.

Corrispondente della Krasnaja Zvezda, Grossman non fu sorpreso dell’astio nei confronti dei tedeschi da parte degli ucraini. Gli stessi tedeschi che erano stati accolti in maniera gioviale dopo l’operazione Barbarossa, in funzione antisovietica. I nazisti avevano compiuto massacri indicibili, dando fuoco alle case, riducendo in schiavitù la popolazione locale, ma il silenzio più tremendo è quello degli ebrei in Ucraina; «un popolo ucciso». Centinaia di migliaia di ebrei scomparsi.

«Hanno ucciso un popolo, hanno ucciso le case, le famiglie, i libri e una fede; hanno ucciso l’albero della vita».

Vasilij Grossman ha battuto in lungo in largo a piedi questa lunga terra tra la Russia e l’Europa occidentale. Come un’anima in pena, non si dava pace, in un cimitero di senza-tomba. In un’Ucraina dove lo sterminio si è svolto con rigore ineccepibile. La mancanza delle vittime – tutte uccise in quanto ebree- lasciava alla fine della guerra un Paese deserto, depredato dei suoi figli.

«L’umanità non ha mai assistito a una strage di innocenti, di indifesi così pianificata, così massiccia, così feroce, è il crimine più grande che sia mai stato commesso nella Storia».

In conclusione d’opera, l’autore si chiede come mai la Germania nazionalsocialista sia arrivata tanto. La risposta è che le classi dirigenti naziste avevano identificato l’ebraismo come la fonte di tutti i mali.

Grossman parla di una reazione della società tedesca alla pace di Versailles (uno dei trattati di pace che posero fine alla prima guerra mondiale e che obbligava la Germania a cedere territori al Belgio, alla Cecoslovacchia e alla Polonia).
«I capitalisti vedevano nei rivoluzionari i propri nemici ed erano terrorizzati dallo spettro di una rivoluzione che veniva da Est per scuotere la Germania. Le masse disperate dei lavoratori guardavano con odio torvo alle potenze vincitrici e in quel momento che il nazionalsocialismo ha scelto di mandare al patibolo un nemico universale ed eterno, testato e sperimentato, indifeso e dunque perfetto, oltre che perfettamente a portata di mano: gli ebrei».

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