di Cristina Penco
Antonio Caprarica, celebre esperto italiano della Royal Family, ci spiega i motivi della rottura tra i due principi fratelli, di cui parla nel suo ultimo libro
Ha alle spalle una vasta esperienza internazionale, il giornalista e scrittore italiano Antonio Caprarica. Oggi il pubblico dello Stivale lo applaude, sul divano e sui social, per i suoi numerosi interventi televisivi acuti, puntuali e garbati, impeccabili a tal punto da risultare una perla rara persino in un terreno scivoloso e controverso, spesso gestito malamente, a livello mediatico, come il conflitto russo-ucraino. Ma basterebbe dare un rapido sguardo al suo cammino professionale di lungo corso per comprendere la sua accurata preparazione, frutto di trent’anni di reportage televisivi dall’estero. Caprarica, infatti, è stato per la Rai prima inviato di guerra in Afghanistan e Iraq, poi corrispondente da Gerusalemme, Il Cairo, Mosca, Parigi e Londra. Ha lavorato anche nella carta stampata, come commentatore politico dell’‘Unità’ e di ‘Epoca’ e condirettore di ‘Paese Sera’, e in radio, come direttore dei ‘Giornali Radio Rai’ e ‘Radio 1’. Per la sua attività ha ricevuto i più prestigiosi premi di giornalismo.

Vero è che il suo nome è associato, in particolare, alla Corona britannica, di cui è massimo esperto italiano. Autore di romanzi, racconti di viaggio e saggi, molti dei quali dedicati, per l’appunto, alla Royal Family, di recente il giornalista e scrittore ha pubblicato con Sperling & Kupfer ‘William & Harry – Da inseparabili a nemici’. Il titolo, ovviamente, fa riferimento ai due principi Windsor, a quella loro fratellanza che sembrava inossidabile e che, invece, di recente, pare essersi irrimediabilmente sgretolata, restituendo al pubblico uno spettacolo che rattrista e amareggia.
“Questo è il libro che vorrei non avere scritto, ma che doveva essere scritto”, afferma infatti Caprarica nell’introduzione del volume, in cui ci mostra le radici e i significati nascosti di vicende che, pur essendo del tutto private, continuano a tenere la scena mondiale e a suscitare l’interesse e la curiosità di una platea vastissima.
Noel e Liam Gallagher, Rob Kardashian e le sorelle, Kim in testa, e ancora, in passato – prima di cauti riavvicinamenti, secondo quanto risulterebbe – anche Eric e Julia Roberts o La Toya e Janet Jackson, solo per citare alcune coppie di fratelli famosi. Sono tanti quelli che, in qualche modo, vengono travolti dalla cosiddetta “sindrome” o “complesso” “di Caino”, tra rivalità e tensioni. Eppure nessun duo fraterno ha mai appassionato e commosso tanto come William e Harry. Al di là del sangue blu, da che cosa dipende la straordinarietà delle loro figure e delle loro vicissitudini?
«Agli occhi del grande pubblico mondiale è evidente che quello che rendeva e rende tuttora assolutamente unici William e Harry è la circostanza che siano figli di Diana, uniti in modo apparentemente indissolubile dal dolore enorme della perdita della madre. Quando li abbiamo visti dietro al feretro della principessa, quel 6 settembre 1997, tutti noi li abbiamo sentiti come se fossero figli nostri. Abbiamo avuto la netta percezione che rappresentassero, assieme, l’eredità di Diana. William e Harry erano un po’ i Castore e Polluce della monarchia britannica, i Dioscuri usciti dall’amore di Lady D. e che recavano con sé, in modo indiviso, il lascito della principessa, un messaggio di apertura e inclusione. Questo ce li ha fatti amare in una maniera particolare. È pure il motivo fondamentale della forza del loro rapporto, reso solido, comunque, anche da tanti altri fattori familiari, come scrivo nel libro. Perfino adesso che non si parlano più e non si rivolgono nemmeno uno sguardo, come abbiamo visto nella Cattedrale di St. Paul (dove, ai primi di giugno, si è tenuta la messa di ringraziamento in onore della regina Elisabetta II durante il Giubileo di Platino, per i settant’anni di regno della sovrana, ndr), William e Harry evitano di parlare male l’uno dell’altro, di dire in pubblico che cosa li ha divisi. Sul loro rapporto conservano un pudore, una discrezione, una riservatezza che deve tutto al legame fortissimo che li ha tenuti insieme. E che deve tutto al legame fortissimo che li univa alla madre».
William è un essere umano come tutti e da ragazzo ne ha fatto pure lui di cotte e di crude.
Ma per la stampa era Harry il responsabile di tutti i guai
Lei scrive: “La rottura tra William e Harry non è solo un dramma personale, ma una picconata al futuro del trono”. Di che portata?
«Il punto è che l’eredità di Diana è indivisa: ora che i due si sono divisi, la loro separazione pare aver infranto anche il maggior lascito della principessa, di cui parlavamo poc’anzi. Quello di William e Harry è un dramma privato che però proietta un’ombra molto preoccupante sul futuro della monarchia, finendo per minarne, in qualche misura, la credibilità e la legittimità. Significa, inoltre, che non c’è nulla che possa salvare la famiglia reale dalla gabbia e dalla tragedia della incomunicabilità e della mancanza di affetto».
Fin dalla culla, del resto, c’è stata una netta separazione tra i due: da un lato il fratello maggiore destinato a portare la corona, dall’altro il minore, erede “di scorta”, perennemente in ombra. ‘The heir and the spare’, dicono gli inglesi. Quanto può avere influito questo elemento nelle prime crepe createsi tra William e Harry?
«I punti di rottura tra i due fratelli hanno sempre avuto a che fare con l’immagine dell’uno e dell’altro proposta all’esterno. Tanto che, poi, ci si chiede se forse non sia proprio la specificità dell’essere reali che rovini la qualità dei rapporti personali. Perché nonostante tutto l’affetto e l’amore tra fratelli, sul fondo permane quella tensione tra chi è destinato al trono e chi non ci salirà mai, tra chi è il numero uno e chi rimarrà per sorte il numero due tutta la vita o si troverà perfino a scivolare al numero sei, com’è accaduto al “povero” Harry quando sono nati i figli di William. I principi sono stati inseriti in due categorie: quella del “perfettino”, perché i futuri eredi non possono che essere più candidi dei gigli, e “la pecora nera”, in cui, se ci facciamo caso, rientrano costantemente i numeri due delle famiglie reali. In realtà né l’uno né l’altro sono completamente bianchi o neri. Entrambi condividono vizi e passioni, ma l’immagine pubblica dell’erede deve essere inappuntabile, com’è quella di oggi di William. Il quale, però, è un essere umano come tutti gli altri. Da ragazzo ne ha fatto pure lui di cotte e di crude. Non era, infatti, solo Harry che si dava alla débauche! Ma per la stampa, era quest’ultimo responsabile di tutti i guai. Per lui non c’era nessuna pietà. Ecco perché Harry ce l’ha tanto con i giornali: sa che a lui i tabloid inglesi non hanno mai fatto sconti, mentre hanno riservato i guanti bianchi per il fratello maggiore. Inoltre, nel momento in cui Harry finiva giustiziato sulle prime pagine dei giornali, il fratello maggiore non interveniva, lasciandolo, ai suoi occhi, solo. Non perché William mancasse di affetto o di amore nei suoi confronti. Ma la politica imponeva che l’erede rimanesse fuori da tutte le malefatte che il più piccolo combinava. In realtà le combinavano in due, ma chi poi finiva sulle prime pagine dei tabloid era Harry. Questa è la sostanza della faccenda. Si è determinato un accumulo di risentimento».
William si troverà da solo nell’impresa di salvare la Corona ai tempi della modernità.
Quanto a Harry, la sua sfida è più complicata, di natura esistenziale: cosa fa lontano dalla famiglia reale?
A questo proposito, nel suo libro spiega come Meghan Markle, la moglie americana di Harry – da tanti accusata subito di essere il motivo principale della rottura tra i due fratelli – sia stata, invece, perlopiù, un detonatore.
«È così. L’arrivo di Meghan è stato l’innesco che ha fatto esplodere le tensioni. È successo quando William, nel modo più fraterno, più schietto, più normale, facendo quello che farebbe qualsiasi fratello con un rapporto stretto col proprio congiunto, ha invitato Harry a pensarci bene, prima di sposarsi in fretta e furia. Ha suggerito che sia Harry sia Meghan riflettessero attentamente, che la stessa Markle capisse davvero in che cosa si stava ficcando e se effettivamente quel mondo faceva per lei. Parliamo, oltretutto, di uno come William, che prima di sposare la donna di cui era innamorato, Kate, per essere sicuro di non prendere una cantonata dopo quella presa dai genitori, ci ha impiegato dieci anni! Purtroppo, nel caso del fratello minore, aveva ragione William, come si è visto. Ma per Harry non contava assolutamente nulla. Dal canto suo, lui si aspettava che il fratello su cui si era appoggiato tutta la vita e a cui aveva dato piena fiducia lo supportasse. Ciò non è accaduto. Quello che è seguito è una crisi fatta di reciproca diffidenza. Nessuno dei due, adesso, si fida più dell’altro».
Come sottolinea nella ricostruzione che propone ai lettori, da separati, William e Harry risultano depotenziati, privati in parte di quell’alone magico che li rendeva pieni di fascino e potere. Allo stato attuale, quali sono le prove a cui sono chiamati l’uno e l’altro?
«William deve affrontare da solo la sfida di disegnare la nuova monarchia del XXI secolo, salvando la Corona ai tempi della modernità e, al tempo stesso, rispettando gli obblighi verso il suo Paese. Penso stia dimostrando di avere tutti i numeri per portare a termine il compito con successo, ma certo, in questa avventura, l’aiuto del fratello sarebbe stato prezioso per lui. Non c’è dubbio che Harry abbia una semplicità di modi di porsi e una simpatia innata in grado di conquistare il cuore della gente. In qualche misura, Harry è un po’ il depositario maggiore dei tratti più aperti di Diana. Il fratello maggiore, invece, è più introverso, ha preso più da Windsor. Dunque, William si troverà da solo nell’impresa, per quanto la stia già portando avanti con l’aiuto di Kate, formidabile nella parte e nuovo pivot della famiglia reale quando la regina non ci sarà più. Quanto a Harry, la sua sfida è più complicata, di natura esistenziale: cosa fa lontano dalla famiglia reale? Ritengo che lo stesso ritorno di lui e Meghan, in Inghilterra, nei giorni del Giubileo sia stato dettato più che altro da brutali considerazioni commerciali. Se non sono legati ai Windsor, qual è il contributo specifico di Meghan e di Harry? Il loro valore commerciale è direttamente proporzionale alla loro vicinanza alla famiglia reale. I duchi di Sussex hanno avuto ampio agio di notarlo. Stanno giocando una partita pericolosa. Come si è visto, i loro progetti mediatici tanto con Netflix quanto con Spotify non stanno decollando. Credo che prima o poi i Sussex dovranno porsi il problema: meglio essere secondi a Londra o primi a Montecito? Ammesso, nel secondo caso, che abbiano soldi a sufficienza per mantenere una villa che costa loro diversi milioni di dollari all’anno…».