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World Economic Forum 2020: coscienza del mondo

In questi giorni è in corso a Davos la 50° edizione del World Economic Forum-WEF per discutere delle responsabilità che la industria si trova ad assumere nell’attuale periodo socio-politico ormai totalmente globalizzato e informatizzato.

Ma questa non é che la premessa teorica alle discussioni in corso a Davos.

Infatti i ricercatori del WEF hanno allestito un sondaggio, fra settecentocinquanta esperti e dirigenti internazionali che partecipano all’evento, per individuare le priorità che inquietano il mondo della economia. Ed ecco allora che il dipartimento Global Risk Iniziative, la centrale dei rischi sociali del Forum, presenta il suo Global Risk Report. Premettiamolo: negli ultimi tempi il principio di responsabilità sociale della impresa di cui il WEF è sempre stato promotore, si è adeguato alla attuale sensibilità sociale, che oggi percepisce il rischio ambientale come il criterio-guida per ogni progetto di sviluppo.

Ma in concreto questo cosa vuol dire? Vuol dire che se in un passato ancora recente i maggiori timori derivavano da una crescita economico-finanziaria ritenuta insufficiente, oggi le cinque maggiori problematiche che in assoluto hanno la maggiore possibilità di verificarsi hanno tutte un comune denominatore: la sostenibilità climatica.

Vediamo quali sono. Calamità ambientali originate dalla volontà dell’uomo, come purtroppo ricordano le cronache riguardanti gli incendi nella foresta amazzonica ed in Australia. Estremizzazione degli eventi climatici, con eccessive ondate di calore seguite da precipitazioni torrenziali. Alterazione del biosistemi naturali, già segnalata durante il Summit sul Clima svoltosi lo scorso settembre presso la sede delle Nazioni Unite di New York, dove gli scienziati internazionali hanno lanciato un appello alla comunità mondiale sui rischi derivanti da una eccessiva pesca della fauna ittica, cui ormai non é neppure concesso il tempo necessario per riprodursi e che quindi nei prossimi anni creerà un severo deficit alimentare a molte popolazioni già economicamente fragili. Disastri naturali, come inondazioni o eruzioni vulcaniche. Inadeguatezza ad adattarsi o mitigare gli effetti sociali degli squilibri climatici.

Ma quelli appena elencati non sono che i rischi tendenziali, di lungo periodo. infatti, quando le analisi si concentrano sui prossimi dodici mesi ecco che sorgono altri timori, altrettanto concreti. I conflitti economici, come ricordano le guerre commerciali e tariffarie tra Stati Uniti e Cina. L’estremizzazione del dibattiti politici a livello nazionale, di cui i tre anni di laceranti discussioni riguardanti la Brexit costituiscono l’esempio piu’ clamoroso, e non solo per il Regno Unito. Le ondate di calore estremo, con cui anche gli abitanti del Continente Europeo hanno imparato a familiarizzare all’arrivo di ogni estate. La distruzione degli ecosistemi naturali, che abbiamo appena commentato. La guerra informatica, i cyber-attacchi, ormai altrettanto devastanti quanto una guerra convenzionale. A tal proposito, basta richiamare le fake news, le notizie volontariamente ingannevoli, oppure i periodici furti di dati personali che frequentemente vengono segnalati dalle cronache e con altrettanta rapidità dimenticati dai consumatori.

Riassumendo, e confrontando le prospettive a breve e lungo periodo, il quadro generale prospettato dagli esperti del WEF conferma un generalizzato timore per una estremizzazione degli scenari economici il che si traduce in una altrettanta estremizzazione delle scelte del singolo, nel momento in cui da consumatore diventa elettore. Difficile, partendo da queste premesse, prevedere le iniziative politiche si tradurranno, limitatamente all’aspetto climatico, in risoluzioni concordi e soprattutto rapide. Ed è proprio per questo motivo che il World Economic Forum, coerentemente alla sua impostazione di centro di ricerca, nella edizione in corso propone ai partecipanti un Davos Manifesto, un decalogo di raccomandazioni affinché i potenti della terra non dimentichino il vero obiettivo del loro agire: la necessità di un approccio globale per occuparsi dei rischi cui vanno incontro le nostre società, senza attendere che le nebbie del disordine geopolitico si disperdano da sole e ci mostrino nuovi orizzonti.

 

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