Goldoni e la nuova vita delle maschere

Così la commedia diventa più spontanea e meno accademica

di Sandra Persello, docente di Lettere

La più recente critica goldoniana respinge il giudizio di un Goldoni superficiale, realista-naturalista, indifferente riproduttore della realtà, così come quella di un poeta di fantasia, frutto di un mondo poetico personale.

Essa oggi mira ad una interpretazione storicistica del teatro veneziano, a cogliere il rapporto dialettico tra lo scrittore ed il mondo culturale e sociale dell’epoca.

La sua rilevante e significativa riforma del teatro, nuovo nelle forme e nei contenuti, è rivolta ad una società borghese, desiderosa di riconoscersi sia sulla scena che nella realtà.

Carlo Goldoni

Proprio perché rivolto al rinnovamento culturale illuministico, Carlo Goldoni (nato a Venezia nel 1707) è considerata una delle figure più rappresentative dello spirito dell’epoca.

Merito suo è aver ricondotto l’arte alla vita ed aver posto al centro di essa l’uomo.

La Commedia dell’arte, sino ad allora in auge, era una forma teatrale così denominata, perché recitata da attori professionisti, specializzatisi nell’ interpretazione di un determinato personaggio. La psicologia fissa tendeva però a impoverire i personaggi stessi, ragion per cui Goldoni sente il bisogno di dare nuova vita alle maschere, adeguandole al sentimento del vero, tipico del suo teatro.

“La nuova Letteratura”, scrive il De Sanctis “fa la sua prima apparizione nella commedia del Goldoni. […] Se prima si cercava di ottenere degli effetti scostandosi dal reale, la nuova tendenza cerca nel reale la sua base. […] Tutto ciò che costituiva la forma letteraria è bandito; l’uomo, studiato come fenomeno psicologico, ridotto alle sue proporzioni naturali, viene calato in tutte le particolarità della vita reale, che appare appena lambita”.

La riforma goldoniana si inserisce pertanto nella storia dei tentativi fatti all’inizio del XVIII secolo, per ricondurre la commedia ad un tono decoroso e ragionevole, più spontanea e meno accademica.

L’adesione dello scrittore alle idee illuministiche non ha nulla di estremistico. Goldoni dice di voler ritrarre la natura; ma la natura, di cui l’Autore veneziano vuol farsi pittore, rappresenta una metafora con la quale egli simboleggia le sue idee sociali.

Nel saggio borghese buon senso, in quella rappresentazione sempre cordiale del mercante veneziano con le sue virtù ed i suoi difetti, che non distruggono comunque nel lettore cordialità e simpatia, è possibile quindi ritrovare la vera rivoluzione. Così come nella forma, nel fatto cioè di sostituire alla commedia a soggetto la commedia scritta, realistica, in cui le classi sociali possano entrare non più come oggetto di riso, bensì come personaggi umanamente seri.

Che Goldoni avesse chiara consapevolezza del significato teatrale e sociale della sua riforma, si può constatare leggendo le Memorie, prefazioni che, per chiarire i suoi propositi, usava scrivere per le sue commedie.

Dal punto di vista linguistico, si accosta con simpatia cordiale agli umili ed impiega una lingua caratterizzata da elementi concreti e quotidiani, nei quali fa largo e sapiente uso del dialetto.

Proprio perché si fa portavoce del “terzo stato” può spezzare le convenzioni teatrali ed aprire il palcoscenico alla multiforme varietà dei caratteri e delle condizioni umane, riuscendo ad esprimere le sue convinzioni ideologiche non più in forme oratorie o polemiche, benché queste permeino di sé tutta l’opera.

E pensare che Carlo Goldoni si era laureato in Giurisprudenza a Padova ed aveva iniziato a Venezia la professione di avvocato, alternata con incarichi diplomatici a Milano ed a Genova.

Sin da giovane sente però viva dentro di sé una particolare sensibilità di scrittore teatrale, capace di avvertire il gusto dell’epoca, con la sua tendenza anticlassica ed antiletteraria.

Esempio singolare è La locandiera, una delle sue commedie più famose.

La donna, popolana o borghese, è la protagonista delle varie rappresentazioni, anche quando non presente sulla scena, come ne I Rusteghi.

Mirandolina è forse la figura più viva, che attrae, anche senza volerlo, i cuori di tutti quelli che alloggiano da lei, nella sua locanda, con le sue grazie ed il suo spirito. Non vi è comunque traccia di corruzione alcuna: è solo una donna a cui piace vedersi vagheggiata.

Le donne dell’Autore veneziano sono sì curiose e pettegole, ma oneste e spesso più accorte ed equilibrate dei loro uomini.

Arlecchino servitore di due padroni, altra commedia eccezionale, è caratteristica per le situazioni burlesche e le inverosimiglianze dell’intreccio. Proprio per tal motivo si è prestata alla realizzazione di registi moderni, Strehler compreso.

Nel corso della sua vita Goldoni ha scritto più di duecento commedie, in italiano ed in dialetto veneziano. Capolavori che non si può far passare sotto silenzio sono La casa nova, Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte e Una delle ultime sere di carnovale.

La sua stagione poetica si esaurisce in un breve giro di anni e si chiude prima della partenza per Parigi, dove muore il 6 febbraio 1793, mentre scrive, in francese, le sue Memorie.

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