Le multe ai frontalieri svizzeri
di Marco Nori
Foto: confine di Stato Italia-Svizzera, courtesy of Giovanni Zagaria
Non ci sono solo i frontalieri italiani (e francesi e tedeschi, non dimentichiamoci di loro) che oltrepassano il confine quotidianamente per venire in Svizzera a lavorare, ma anche i cittadini della Confederazione che vanno in Italia per fare shopping o, più semplicemente, per fare la spesa. Nel 2020, nel momento più acuto della pandemia, il Consiglio federale aveva introdotto una multa di 100 franchi per coloro che attraversavano il confine unicamente per fare acquisti all'estero. Le multe in questione non erano state pensate per vigilare sul valore dei beni sfuggiti alla dogana, ma per sanzionare il gesto stesso degli acquisti, per "aver ostacolato il lavoro dell'autorità di protezione del confine". Dal momento che c’era grande carenza di personale, si chiedeva di ridurre al minimo le attività di monitoraggio e chi veniva sorpreso ad aumentare il carico di lavoro veniva multato.
Non era certo una logica ineccepibile e infatti lo scorso ottobre la Commissione della gestione degli Stati (CdG-S) ha sanzionato che le multe inflitte all'inizio della pandemia per il turismo degli acquisti non si fondavano su una base legale sufficiente, una risposta diretta al Consiglio federale che aveva dichiarato che la base legale c’era, pur non escludendo singole sviste di valutazione. Alla fine, il Consiglio federale ha ammesso l’errore e dichiarato che rivedrà la legge e “che una tale situazione non si ripeterà in futuro”. Insomma, un piccolo pasticcio con l’Italia, con qualche ripercussione locale.
Il commercio oltre confine fra Ticino e Italia è un caso lampante di “mors tua vita mea”, niente di più, niente di meno. Le merci e i servizi in Svizzera hanno prezzi più alti che negli Stati confinanti e questo favorisce il turismo degli acquisti all’estero – i negozi in Svizzera prima della pandemia registravano annualmente perdite di oltre dieci miliardi di franchi verso l’estero. La pandemia ha messo tutto questo a soqquadro e i ticinesi sono tornati a spendere in Ticino per la gioia dei commercianti locali e la disperazione di quelli oltre confine, nello specifico di quelli che nei decenni hanno sviluppato un’offerta commerciale confezionata principalmente sulla base della vicinanza con la Svizzera e che, quando le frontiere hanno chiuso, si sono trovati in maggiori difficoltà. E infatti, i commercianti della fascia di confine avevano chiesto al governo italiano di prevedere regole speciali per i territori di frontiera, che permettessero di riaprire al turismo della spesa. Insomma, rivolevano gli svizzeri in Italia.
Come per i frontalieri, è una questione che interessa tutti i vicini della Confederazione. La Svizzera e la Germania si erano mosse anche prima dell’Italia per agevolare il passaggio degli svizzeri e, a loro volta, i commercianti elvetici chiedevano al proprio governo di inasprire i dazi e i limiti di spesa all’estero.
Con il raffreddamento delle relazioni fra Svizzera e Unione Europea visto negli ultimi mesi, la situazione resterà in bilico. Gli svizzeri continueranno a varcare il confine alla ricerca di prezzi più bassi (e si lamenteranno dei frontalieri che li valicano per stipendi più alti) e i governi cercheranno di mediare per tirare acqua al proprio mulino. La direzione di lungo periodo però, secondo me, è un’inevitabile maggiore integrazione nel mercato comune del continente. Non si tratta di un assorbimento, ma di un graduale allineamento di interessi comuni. È una questione di geopolitica: la Svizzera non entrerà probabilmente mai nell’Unione Europea, ma il suo peso diminuisce man mano. Aveva più margini di movimento nell’epoca degli Stati nazionali, ma, con la progressiva integrazione del progetto europeo, rischia di essere sempre più piccola di fianco a un vicino sempre più grande.