D'Annunzio e quell’estasi erotica che vuole raggiungere il segreto della vita profonda

Nasceva 160 anni fa a Pescara il Vate, uno degli esponenti di spicco della letteratura italiana e del decadentismo europeo

di Sandra Persello, docente di Lettere

L’espressione più vistosa del nuovo orientamento politico-culturale, che si afferma negli ultimi anni dell’Ottocento, è costituita dalle opere di Gabriele D’Annunzio.

Egli è il nostro interprete più prestigioso contro il positivismo e la visione antirazionalista di fine secolo. Sul piano letterario ha il merito di aver ampliato la tematica, arricchito il patrimonio estetico, raffinato il senso dei valori linguistici, metrici, musicali, quale risultato dell’incontro con le tendenze del Decadentismo europeo.

Il suo spirito è sempre in cerca dell’ebbrezza rivelatrice nella bellezza, in tutto ciò che può liberarlo dai limiti della sua persona e ricongiungerlo al fremito eterno della vita, in una sorta di sapienza intuitiva, che coglie una verità più vasta di quella che l’intelletto e la scienza consentono.

Nell’amore fisico, nell’estasi erotica ritrova lo stimolo per attingere il segreto della vita profonda, libero dal freddo della riflessione.

Il momento essenziale della storia intellettuale e poetica di D’Annunzio, quello in cui si riconosce e prende forma la sua vocazione, è il soggiorno romano (1881-1891): qui si apre alla letteratura naturalistica francese, accoglie l’influenza dei romanzieri russi, dei parnassiani, dei simbolisti francesi e volge la sua originaria sensualità da una prima fase naturalistica verso un estetismo edonistico a sfondo autobiografico.

Sono questi gli anni de Il piacere, in cui esalta la sua esperienza di vita salottiera e mondana e scopre Nietzsche ed il mito del superuomo, che deforma nel senso di un amoralismo per creature privilegiate ed in parte adegua al concetto del poeta-vate, profeta ed eroe della sua stirpe.

È il momento in cui raggiunge il vertice della sua sapienza e della sua arte, intesa come possesso raffinato degli strumenti linguistici metrici e musicali.

L’importanza del romanzo, non solo sul piano letterario, ma anche su quello del costume, consiste soprattutto nel fatto che con esso viene introdotto in Italia quel tipo di eroe decadente esemplificato in Francia da Des Esseints e, in Inghilterra, da Dorian Gray: raffinato e gelido, cultore solo di quel bello che, attraverso l’artificio, sia riscattato dalla piatta dimensione naturale, aristocratico spregiatore del grigio diluvio contemporaneo.

Alla classe media italiana il poeta abruzzese appare quindi come il realizzatore di tutti i sogni proibiti: forza fisica e straordinarie capacità erotiche, coraggio, eleganza raffinata, aspirazione alla potenza ed alla gloria.

Infiniti i suoi amori, come quello con Eleonora Duse, la più famosa attrice dell’epoca.

Tra le opere più importanti sono da annoverare la raccolta di liriche Poema paradisiaco ed il romanzo L’Innocente (1891), che testimoniano una nuova fase dell’arte dannunziana, segnata dalla stanchezza, che segue alla realizzazione del piacere, il ripiegamento, la sazietà della carne, che genera malinconici vagheggiamenti di ritorno ad una vita passata: ma la volontà di approdare ad un mondo basato sulla rigenerazione e sui buoni sentimenti fallisce.

Particolare attenzione meritano le Laudi, riconducibili alla fase di superuomo-tribuno.

Il terzo volume delle stesse, Alcyone, ha però una fisionomia particolare. L’Autore si abbandona al ritmo delle sensazioni, che si traducono in musica di parole, toccando note che attingono a strati psicologici più profondi.

Sono proprio questi i testi che hanno esercitato un più chiaro influsso sugli scrittori del Novecento, benché l’adesione di D’Annunzio alla poesia del Decadentismo resti soprattutto esteriore.

Non si può non menzionare la sua lirica forse più celebre, La pioggia nel pineto, nella quale l’argomento è ridotto ad un’unica voce, quella della pioggia estiva sulla pineta deserta, mentre il poeta si immerge nella selva, a pochi passi dal mare,  in compagnia di una figura femminile.

Prodigiosa è la capacità mimetica, l’abilità nel riprodurre i suoni e usare le parole come note musicali. Questi motivi si incontrano con la sostanza più genuina della lirica dannunziana, con il “panismo”, con la capacità del poeta di immedesimarsi con le cose stesse. Nell’intrico del pineto i due personaggi si tramutano in una metamorfosi vegetale.

Singolare il tema del silenzio. Ermione, vaga presenza muliebre, è da considerarsi l’equivalente femminile di quella decantazione dal superomismo più torbido che è del D’Annunzio maggiore.

Taci. Su le soglie

del bosco non odo

parole che dici

umane; ma odo

parole più nuove

che parlano gócciole e foglie

lontane.

[…]

Dal punto di vista politico, prima della marcia su Roma ha contatti con Mussolini e celebra la conquista dell’Etiopia; “ma, nei confronti del regime, si apparta, certo per estetismo aristocratico, dalle adesioni al conformismo di massa”(Contini).

Nel 1921 si ritira a Gardone Riviera, forse deluso dall’epilogo dell’esperienza di Fiume.

La residenza viene trasformata in museo delle sue attività e delle sue gesta e ribattezzata Vittoriale degli Italiani.

Lì è sepolto, dopo la morte, avvenuta nel 1938.

Indietro
Indietro

Girardengo, il Campionissimo. Simbolo di forza e rivalsa in un’Italia piegata dalle difficoltà

Avanti
Avanti

Dottorato conferito a Mussolini a Losanna: un convegno per riflettere sulle conseguenze