Girardengo, il Campionissimo. Simbolo di forza e rivalsa in un’Italia piegata dalle difficoltà

Nasceva 130 anni fa il fuoriclasse del ciclismo tricolore, famoso anche per la canzone a lui dedicata e incisa da Francesco De Gregori

di Giorgio Marini

Secondo alcuni Costante Girardengo, detto “il Campionissimo”, è stato il più grande corridore che il ciclismo abbia avuto, non solo in Italia. Di sicuro ancora oggi il nome di questo atleta è uno dei più popolari.  

Costantino “Costante” Girardengo nacque a Novi Ligure, vicino ad Alessandria, centotrent’anni fa, il 18 marzo 1893. Lì il padre Carlo e la madre Gaetana Fasciolo avevano affittato una piccola tenuta per loro e per i loro sette figli.

Costante frequentò la scuola fino alla sesta elementare (all’epoca prevista dall’ordinamento scolastico vigente), poi si mise ad aiutare i genitori a Bettole di Scrivia (Alessandria), dove, nel frattempo, i Girardengo si erano trasferiti e gestivano una rivendita di sale e tabacchi con una piccola osteria annessa.

Costante si divertiva, intanto, a scorrazzare su una vecchia bicicletta del padre, lanciandosi nelle prime volate su strade sconnesse e polverose. Dopo aver lavorato a Lecco in una conceria e a Sestri Levante come aiutante in una ferriera e poi presso un piccolo armatore, a Tortona fu impiegato come operaio in alcune officine. Ogni giorno macinava una quarantina di chilometri a bordo della bici del padre.

Il debutto di Girardengo nelle corse avvenne nel 1909, mentre il suo esordio come professionista fu nel 1912. La famiglia all’inizio non condivideva la sua passione e solo dopo molto tempo il padre si convinse a comprargli la prima bici nuova pagandola 160 lire, corrisposte a rate.

Per sette volte consecutive, dal 1919 al 1925, fu campione d'Italia. Fu il vincitore di due Giri d'Italia, nel 1919 e nel 1923, e trionfò cinque volte nella Milano-Torino, cinque volte nella "XX settembre", sei volte nella Milano-Sanremo, cinque nel Giro dell'Emilia, quattro nel Giro del Veneto, tre nel Giro del Piemonte, tre nella Milano-Modena, tre nel Giro di Lombardia, due nel Giro della Toscana, solo per ricordare alcuni dei suoi numerosi successi. Detenne il record italiano dell'ora dal 1917 al 1926.

Costante Girardengo nel 1927

La carriera di Girardengo ha rappresentato, per l’Italia degli anni Dieci e Venti del Novecento, un esempio di forza, determinazione e riscatto. L’“omino di Novi”, com’era stato ribattezzato, faceva sognare le masse inanellando una vittoria dopo l’altra mentre molti dovevano imbarcarsi in America in cerca di fortuna, una scelta che forse avrebbe fatto anche Girardengo se non si fosse affermato nel ciclismo. 

Spiegava il giornalista sportivo e tifoso appassionato Nazareno Fermi: “Il punto di forza del ‘Gira’ è l’onestà sportiva’’. Quando perdeva, ammetteva la sconfitta senza nascondersi dietro a scuse.

Il nome del ciclista, comunque, è associato ancora oggi, in gran parte, a un’impresa non sportiva, una vicenda diventata quasi leggendaria. Se ne parla anche in una celebre canzone di Luigi De Gregori, fratello di Francesco e da quest’ultimo incisa nel 1993: nel brano ‘Il bandito e il campione’, infatti, si narra l’incontro fatale tra Girardengo e Sante Pollastri (o Pollastro), uno dei più famigerati criminali italiani, sei anni più giovane dell’atleta e, come lui, nato e cresciuto a Novi Ligure.

Pollastri era fuggito in Francia dopo una rapina a Milano in una gioielleria, terminata tragicamente con l’uccisione del proprietario e di due poliziotti. Mesi dopo, nel dicembre del 1932 l’uomo andò al velodromo di Parigi dove Girardengo doveva disputare la ‘Sei giorni’. Pollastri si fece riconoscere dal massaggiatore e allenatore del campione, Biagio Cavanna, con cui aveva tentato a sua volta – senza successo – la strada del ciclismo.

Sante volle incontrare Costante e parlargli, sia per smentire le voci secondo cui il bandito sarebbe rimasto ucciso in uno scontro a fuoco coi gendarmi francesi, sia per discolpare due loro compaesani, condannati a 30 anni di carcere per un omicidio del 1922, di cui Pollastri si assunse piena responsabilità. Girardengo, poi, raccontò tutto alle autorità che si misero sulle tracce del bandito. Dopo la cattura, Pollastri fu processato in Francia e quindi estradato in Italia, per scontare due ergastoli. Ricevette la grazia nel 1959.

Girardengo morì nel 1978 (Pollastri si spense l’anno successivo). Ancora adesso la tomba del “Gira” a Cassano Spinola (Alessandria) è meta di pellegrinaggio di amanti del ciclismo e ammiratori del “Campionissimo”.

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