L’Europa o si armonizza o non sarà

Bastano uno spazio comune, una moneta comune, delle regole comuni? Tutto questo è sufficiente per affrontare la crescente complessità che le sfide odierne ci pongono dinanzi?

di Toni Ricciardi 28 maggio 2024

 

Chi è abituato a seguire le campagne elettorali sa bene che ogni appuntamento viene rappresentato come quello decisivo. Questo accade, il più delle volte, per una mera questione di retorica elettoralistica, ed altre, perché la fase storica nella quale l’appuntamento elettorale cade è decisiva.

Fu così con il Referendum del 1946 che doveva sancire la scelta tra Repubblica e monarchia; lo furono le elezioni del 1948, che posero i cittadini dinanzi alla scelta dell’ancoraggio internazionale e geopolitico della neonata Repubblica; accadde, in ambito svizzero nel 1970, con l’iniziativa Schwarzenbach che rischiava di falcidiare la presenza italiana nella Confederazione; lo stesso, a fine decennio, nel 1979, quando per la prima volta elettori ed elettrici furono chiamati a scegliere direttamente i parlamentari europei.

Appunto l’Europa, cos’è l’Europa? Bastano uno spazio comune, una moneta comune, delle regole comuni? Tutto questo è sufficiente per affrontare la crescente complessità che le sfide odierne ci pongono dinanzi? È sufficiente l’Europa istituzione per come è oggi per affrontare il rischio di uno scenario di guerra globale? Le sue istituzioni sono in grado di mitigare le crescenti difficoltà dei loro cittadini? La risposta immediata è no. Eppure, sembra un paradosso, la soluzione è proprio nell’Europa, ma quale? O meglio, come?

L’Unione europea di oggi è figlia di una scelta consapevole e coraggiosa dei tanti e delle tante che contribuirono ad immaginarla. Ne tracciarono il percorso, prima attraverso la creazione di una comunità che mettesse in comune il carbone e l’acciaio, il diritto alla mobilità interna, fino all’armonizzazione finanziaria. Fermiamoci un momento: ritorniamo con la macchina del tempo al 2001. In quella fase storica persistevano ancora le monete nazionali, se facessimo la conta degli attuali 27 paesi aderenti, esistevano 27 monete nazionali, altrettante banche centrali che agivano indiscriminatamente in un contesto vagamente definito, nonostante lo strumento materiale del “serpente monetario” che vedeva l’allora Repubblica federale tedesca quale punto di riferimento.

E ancora, nel corso dei decenni, l’Europa ha sempre più regolamentato la quotidianità delle persone, pur restando, per molti, un’entità astratta, a volte inutile. In realtà, oltre al percorso, i padri e le madri dell’Europa ne definirono l’orizzonte. D’altronde, l’orizzonte non è altro che una metafora per indicare il processo che è un costante divenire. L’Europa è un’incompiuta per definizione, in quanto ancora si devono compiere passi coraggiosi e definitivi di armonizzazione. La grande sfida delle prossime elezioni europee sta esattamente nell’armonizzazione. Tradotto, significa: politica economica comune, fiscalità comune (tutti hanno lo stesso livello di tassazione), portabilità dei diritti. Un diritto acquisito in un paese membro deve essere automaticamente riconosciuto nell’altro. Ciò vale per i titoli di studio, per i quali molto è stato fatto, ma vale soprattutto per le qualifiche professionali. Un ulteriore tassello è quello dei diritti civili e sociali. Non ci sarà orizzonte se questi non verranno riconosciuti universalmente, senza distinzione, tra paesi diversi.

Per queste ragioni e per tante altre ancora, il prossimo appuntamento elettorale determinerà se l’Europa sarà ancora o rischia di non essere più. Il Covid ci ha dimostrato che un’Europa solidale è possibile, che condividere il debito tra paesi è determinante e, soprattutto, che, se le politiche per affrontare i problemi sono comuni, probabilmente il destino comune dell’Europa potrà essere salvo. Altrimenti, e la storia più volta ce l’ha dimostrato, le grandi costruzioni sovranazionali possono implodere. E quando questo accade, nessuno potrà sentirsi al sicuro.

 
Corriere dell’italianità


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