Austria, le lunghe ombre del passato

È fallita per il momento l’ascesa al potere del leader di estrema destra Herbert Kickl. Puntava a essere Volkskanzker, «cancelliere del popolo», titolo usato da Hitler negli anni Trenta.

Di Ludovica Pozzi 15 febbraio 2025

 

Non ce l’ha fatta Herbert Kickl, leader del Fpö, Freiheitliche Partei Österreichs, il Partito della libertà fondato nel 1956 sulle ceneri del nazionalsocialismo, a formare un governo. Le trattative con i conservatori popolari dell’Övp, Österreichische Volkspartei, si sono concluse tre giorni fa, il 12 febbraio, con un nulla di fatto, dopo un mese di negoziati ad alta tensione. Kickl ha gettato la spugna; se fosse riuscito nel suo intento, l’Austria avrebbe avuto per la prima volta dal dopoguerra un cancellerie di estrema destra.

Ufficialmente le discussioni si sono arenate sulla ripartizione dei dicasteri. In realtà Herbert Kickl non ha voluto fare alcun compromesso con l’Övp. Al presidente federale Alexander van der Bellen, figura di spicco dei Verdi austriaci, si presentano ora quattro opzioni: indire nuove elezioni cinque mesi dopo le legislative dello scorso 29 settembre, vinte da Kickl con quasi il 30% dei voti; formare un governo di minoranza; selezionare un governo tecnico; o rilanciare le discussioni fra i conservatori dell’Övp, i socialdemocratici della Spö e i liberali del Neos, che lo scorso 6 gennaio avevano rinunciato a formare un esecutivo tripartita.

Con la prima opzione, il Paese tornerebbe alle urne gonfio dello stesso malessere che lo ha condotto oggi a una impasse politica. Quel disagio sociale che è stato strumentalizzato negli anni Novanta dal fu leader populista Jörg Haider, di cui Kickl incarna l’eredità: l’Austria è da più di un trentennio in preda alle convulsioni che si manifestano nei Paesi vicini, l’intolleranza per l’immigrazione e la difesa di una pretesa identità austriaca «autentica», l’esaltazione del sovranismo che si sfoga nella critica feroce all’Unione europea e alla globalizzazione.

Herbert Kickl è stato per decenni l’uomo-ombra del nazionalismo muscolare che oggi prevale nel Paese, autore dei discorsi di Jörg Haider e manager delle campagne di Christian Strache, l’ex vicecancelliere austriaco condannato per corruzione. Kickl puntava a essere Volkskanzler, cancelliere del popolo, un termine utilizzato negli anni Trenta da Hitler. «Uno di tanti elementi del lessico nazista che tornano frequentemente nella demagogia del Fpö», osserva la prestigiosa testata Affari Internazionali. Nel Paese che diede i natali al Führer nazista, e fu il primo a essere annesso dal Terzo Reich, si allungano le ombre del passato.

Incubo e vertigine, sono state le parole più usate nelle ore successive alla chiusura delle urne, il 29 settembre, per descrivere l’avanzata dell’estrema destra neonazista. Lo scorso 6 gennaio, il conferimento del mandato a Kickl di formare un governo ha tenuto l’Europa con il fiato sospeso. Il leader del Fpö è filorusso, vuole stabilire canali diplomatici diretti con Mosca, concludere ghiotti accordi con Putin, fra cui un pipeline per far arrivare il gas dalla Siberia a Vienna, ed è tra i fondatori della famiglia europea dei Patrioti di Viktor Orbán, con Marine Le Pen e Matteo Salvini.

Tutti motivi per cui, nello scorso autunno, il partito di Kickl non aveva trovato alleati di governo. Una sorta di «cordone sanitario» era stato istituito attorno al Fpö dalle formazioni politiche tradizionali. Ma gli argini sono saltati quel fatidico lunedì 6 gennaio, quando il presidente van der Bellen si è risolto a dare l’incarico all’aspirante Volkskanzler. Quegli argini che lo stesso van der Bellen aveva provato a consolidare affidando proprio la formazione di un governo ai partiti che avevano perso le elezioni, i conservatori dell’Övp, i socialdemocratici della Spö e i liberali del Neos*.

Ma i negoziati per una coalizione tripartitica, inedita nella storia dell’Austria, si erano dissolti di fronte alle profonde divergenze programmatiche fra i popolari, i socialdemocratici e i liberali. A quel punto, per il presidente austriaco non era più possibile ignorare il vincitore delle elezioni, né indire un nuovo scrutinio. Nel frattempo le resistenze della prima ora all’interno del partito Övp contro una coalizione con l’Fpö si erano attenuate. Da sempre perno del governo di Vienna, precipitato al 26,3% perdendo oltre undici punti percentuali, l’Övp si era detto a sorpresa pronto a trattare. Ma come visto neanche questo secondo tentativo è stato concludente.

I nove Länder austriaci si chiedono ora: Wie geht es weiter? Cosa succederà*? L’ultradestra è alle soglie del potere nel momento più difficile in ottant’anni anni di storia della Repubblica federale austriaca. Il Paese soffre di un drastico calo dell’attività industriale, contagiato dalla crisi nella vicina Germania. La forte recessione del 2023, quando il Pil si è ridotto dell’1%, si è prolungata nel 2024, contrassegnando la fase di contrazione economica più lunga dalla fine della Seconda Guerra mondiale.

Nello scorso dicembre, il Wifo, Österreichische Institut für Wirtschaftsforschung, ha previsto un aumento della disoccupazione fino al 7% per il 2025. Il mercato del lavoro è sotto pressione a causa della flessione produttiva delle industrie, un problema ormai europeo, e la debolezza delle esportazioni austriache. L’effetto più visibile è dato dalle 7mila aziende che hanno dichiarato fallimento nel 2024, il numero più alto degli ultimi quindici anni.

Chiunque esso sia, il futuro cancelliere austriaco prenderà le redini di un Paese in declino, tormentato e avvolto dalle ombre lunghe del passato.

*Due settimane dopo la pubblicazione di questo articolo, il 27 febbraio è stato infine concluso un accordo per la formazione di un nuovo governo senza l’ultradestra di Kickl, l’annuncio è arrivato dal leader dei popolari dell'Övp Christian Stocker dopo aver sciolto gli ultimi nodi con i nuovi alleati, i socialdemocratici dell'Spo e i liberali di Neos. Leggi l’agenzia Ansa.

 
Corriere dell’italianità


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