Il divario tra i salari in Svizzera è sempre più marcato

Il numero uno di UBS, Sergio Ermotti, guadagna 267 volte di più del dipendente meno pagato. È una delle conclusioni di uno studio del sindacato Unia sui salari pubblicato oggi.

di Redazione 26 agosto 2024

 

Oggi Svizzera lo stipendio più alto è in media 143 volte più elevato di quello più basso. Tradotto in parole povere, i big boss delle maggiori aziende guadagnano sempre di più, le retribuzioni più basse invece rimangono invariate. È questo in sintesi la conclusione di uno studio del sindacato Unia sui salari pubblicato oggi.

Il compenso più alto nel 2023 è stato intascato da Vasant Narasimhan, il CEO di Novartis. Ha visto la propria retribuzione quasi raddoppiare, salendo a 16,2 milioni di franchi. Segue il numero uno di UBS Sergio Ermotti, con un bel gruzzolo 14,4 milioni per soli nove mesi di lavoro. Facendo due calcoli si è portato a casa 84.000 franchi al giorno, più di uno stipendio medio annuo svizzero (81.500 franchi). Ha guadagnato in altre parole 267 volte di più del dipendente meno pagato.

Terzo in classifica il CEO (uscente) di Nestlé Mark Schneider, la cui busta paga è passata da 10,3 milioni nel 2022 a 11,2 milioni l’anno successivo. In media, i dieci dirigenti che guadagnano di più hanno visto i loro salari aumentare del 3,5%.

La maggior parte degli utili finisce nelle tasche degli azionisti, si lamenta Unia. I più grandi gruppi elvetici hanno versato l’anno scorso globalmente 45 miliardi di franchi in dividendi, contro i 44,3 miliardi del 2022. Ad averne approfittato sono in particolare i detentori di titoli di Roche, Nestlé, Novartis e Zurich.

Il sindacato intende far capire che i soldi per aumentare gli stipendi più bassi ci sarebbero, eccome. Ma su questo fronte non si muove foglia o quasi, un problema accentuato dall’incremento del costo della vita.

Nel 2023, i prezzi erano più alti del 5,7% rispetto al 2020, calcola Unia, mentre il costo di affitto ed energia è salito del 9,3%, quello dei trasporti del 12,8% e quello dei generi alimentari del 4,8%.

L’inchiesta del sindacato Unia è realizzata con cadenza annuale dal 2005.

 
Corriere dell’italianità


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