«L’Italia spende per interessi del debito come per tutta l’istruzione»

Al meeting di Rimini, il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta sottolinea che l’indebitamento è un problema cruciale per il Paese. Oltre alla crescita modesta, l’Italia fa anche fronte da anni ormai a un preoccupante calo demografico.

di Redazione 21 agosto 2024

 

Oggi con un livello prossimo al 140% del Pil, il debito italiano comporta quasi 97 miliardi di euro di spesa per interessi, «pressoché equivalente a quella per l’istruzione», sottraendo risorse per investimenti e per il «futuro delle giovani generazioni». Al meeting di Rimini, il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, va al sodo: l’indebitamento è un problema cruciale per il Paese.

L’impegno principale per chi governa è allora spingere la produttività, e per questo servono più immigrati regolari. Perché oltre alla crescita modesta, l’Italia fa fronte da anni ormai a un preoccupante calo demografico. Problematiche irrisolte che assillano anche l’Europa.

Tutti sanno che la riduzione del debito sarà ardua senza un’accelerazione dello sviluppo economico. Il messaggio è lanciato al governo, proprio nei giorni che precedono l’avvio del lavoro per disegnare la manovra 2025. Inoltre entro il 20 settembre l’esecutivo dovrà presentare a Bruxelles il Piano strutturale di bilancio a medio termine, secondo le modalità del nuovo Patto di Stabilità.

«L’Unione ha accumulato un ritardo di 20 punti percentuali in termini di produttività rispetto agli Stati Uniti», ricorda Panetta. «L’industria europea è intrappolata in settori a tecnologia intermedia e poco presente in quelli alla frontiera, nonostante l’eccellenza della ricerca», prosegue il governatore. Soprattutto il divario è abissale nel campo dell’intelligenza artificiale. Negli ultimi venti anni, l’Europa ha investito 20 miliardi di dollari «contro 330 negli Stati Uniti e 100 in Cina». 

Il governatore di Bankitalia dipinge un quadro a tinte fosche ma avverte «segnali di vitalità» su investimenti, occupazione e crescita, emersi dopo la pandemia, che «consentono di guardare al futuro con fiducia». A condizione però che il governo decida di cominciare a sciogliere i nodi che stringono, fino quasi a soffocare, l’economia italiana: aumentare la concorrenza, il capitale umano, l’occupazione di giovani e donne, la produttività e infine «definire politiche migratorie adeguate».

Quest’ultimo è il punto più spinoso per l’esecutivo e la maggioranza che lo sostiene in Parlamento. «Misure che favoriscano un afflusso di lavoratori stranieri regolari costituiscono una risposta razionale sul piano economico, indipendentemente da valutazioni di altra natura», dichiara Fabio Panetta. «Più immigrati e più lavoratori non risolveranno i problemi», sottolinea però il governatore di Bankitalia, senza «una maggiore produttività, cioè un incremento del prodotto per ora lavorata».

 
Corriere dell’italianità


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