Il Politecnico di Milano è la prima università italiana in Europa

Nella classifica generale, l’ateneo del capoluogo lombardo scala nove posizioni assestandosi al 38° posto. A livello mondiale è 111° su oltre 1.500 atenei. È quanto emerge dall’edizione 2025 della Qs World University Ranking.

Di Redazione 17 luglio 2024

 

Il Politecnico di Milano è la prima università italiana nel panorama europeo. Nella classifica generale, l’ateneo del capoluogo lombardo scala nove posizioni assestandosi al 38° posto. A livello mondiale è 111° su oltre 1.500 atenei. È il miglior risultato di sempre per un’università italiana. È quanto emerge dall’edizione 2025 della Qs World University Ranking.

Tra i primi cento contesti universitari del vecchio continente figurano anche altre due realtà tricolori: La Sapienza di Roma (132ª) e l’università di Bologna (133ª). Degna di nota per l’impatto della sua ricerca scientifica è l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano (389ª), che ha registrato il più grande avanzamento in classifica in Italia e il secondo su scala mondiale.

L'unico campus italiano con una crescita maggiore rispetto all’anno precedente è l'Università del Salento, che è salita di 65 posizioni ed è così arrivata a quota 419.

Per quanto riguarda il panorama globale, come ormai accade da tredici edizioni, anche quest’anno la graduatoria è guidata dal Massachusetts Institute of Technology di Boston. Al secondo posto si impone l'Imperial College di Londra che guadagna quattro posizioni. Seguono Oxford (terza), Harvard (quarta), Cambridge (quinta). Unica università continentale in questa top ten è l'università politecnica Eth di Zurigo, che si conferma 7ª. In 8ª posizione, poi, c’è la National University di Singapore. Chiudono la top ten la University College London del Regno Unito e il California Institute of Technology (Caltech).

Relativamente alla Confederazione elvetica, solo al 26° posto troviamo la seconda università svizzera in classifica, la EPFL – École polytechnique fédérale di Losanna, preceduta dalla francese Université PSL (24ª) e dall’Università canadese di Toronto (25ª).

A partire dallo scorso anno, ci sono tre nuovi indicatori che incidono sui giudizi delle singole strutture e che ne determinano la posizione in classifica congiuntamente ad altri parametri qualitativi: sviluppo sostenibile a livello sociale e ambientale, grado di occupabilità post lauream, collaborazione nell’ambito della ricerca internazionale.

Anche se, nel complesso, le università italiane – guidate dai tre atenei eccellenti sopra ricordati -  hanno ottenuto validi risultati, ci sono comunque alcuni fattori da cui risultano penalizzate. Un primo aspetto negativo, per esempio, è il rapporto studenti-docenti: 20 a 1 nella Penisola mediterranea, a fronte di 17 a 1 in Francia, 15 a 1 nel Regno Unito, 12 a 1 in Germania. Un altro limite è la scarsa internazionalizzazione: gli atenei dello Stivale, da questo punto di vista, continuano a essere poco attraenti sia per gli studenti che per i docenti stranieri.

Nello specifico, gli studenti sono frenati dalle barriere linguistiche (i corsi in inglese restano una minoranza) e dal costo medio delle rette, fra i più alti dell’Europa continentale (circa mille euro, secondo l’ultimo rapporto Udu – Unione degli universitari). Sul versante dei professori, molti di loro si sentono demotivati per gli stipendi bassi e per i fondi esigui destinati alla ricerca, per non parlare di un meccanismo di reclutamento rigido e poco trasparente

 
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