Casa d’Italia, l’ultimo ostacolo
La comunità italiana di Zurigo è scossa dall’ordine di sequestro del monumentale edificio della Erismannstrasse 6, il cui restauro, tuttora in corso, ha superato diversi ostacoli. Il futuro della Casa d’Italia, vittima di una vertenza internazionale fra il Governo italiano e un investitore franco-svizzero, è nelle mani dei ministeri competenti che si sono opposti alla confisca.
Di Ludovica Pozzi 1 aprile 2025
La notizia è arrivata poco prima di Natale al Consolato di Zurigo. Il personale chiudeva le ultime pratiche, pronto ad immergersi nell’atmosfera natalizia della città, quando il Console Generale, Mario Baldi, riceveva una scarna comunicazione dell’Ufficio del Catasto di Zurigo: «Avvenuta richiesta di sequestro conservativo dell’immobile della Casa d’Italia». Un’ombra fitta calava di colpo sulle festività di fine anno.
A chi era dunque balzato in mente di chiedere la «confisca» dello storico, monumentale palazzo della Erismannstrasse 6, da sempre il luogo per eccellenza delle attività sociali, culturali e ricreative della comunità italiana di Zurigo? Risposta: a Francis Louvard, imprenditore franco-svizzero, titolare di tre società che hanno investito 399 milioni di euro in 356 impianti fotovoltaici in Italia. Un investimento «sicuro», sostenuto dagli incentivi statali e da tariffe calcolate in modo da garantire un buon rendimento agli investitori.
Ora è proprio questo investimento multimilionario all’origine della nota «richiesta di sequestro conservativo» della Casa d’Italia di Zurigo, edificio di proprietà dello Stato italiano, situato nel «Kreis 4», cuore pulsante della città, ex quartiere popolare da oltre un secolo il centro dell’immigrazione italiana.
C’è subito da fare un excursus: se l’imprenditore Louvard è approdato alla Casa d’Italia, è perché si ritiene «defraudato» del guadagno che era stato concordato. Accusa il Governo italiano, che nel frattempo aveva cambiato le carte in tavola, riducendo del 25% le tariffe incentivanti per gli impianti fotovoltaici. La faccenda risale al 2014, l’esecutivo di Matteo Renzi firma il decreto «Spalma Incentivi», entrato in vigore il 1°gennaio 2015.