«In Ticino, la lotta ai tumori colorettali è entrata in una nuova fase»
L’EOC ha ricevuto una prestigiosa certificazione che lo designa come «centro europeo» per i tumori colorettali, il risultato di un lavoro interdisciplinare svolto per offrire al paziente una presa in carico moderna e sempre più di qualità.
Di Fabio Lo Verso 15 febbraio 2025
Interventi chirurgici meno invasivi, con protocolli di presa in carico moderni, degenza breve, l’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) del Ticino è sempre più in prima linea nel campo della chirurgia colorettale. Nello scorso dicembre, ha ricevuto una prestigiosa certificazione dalla DKG, Deutsche Krebsgesellschaft, che designa l’Ospedale Regionale di Lugano come «centro europeo» per i tumori colorettali.
L’audit effettuato dagli esperti tedeschi ha evidenziato «i requisiti di qualità dell’infrastruttura, delle collaborazioni scientifiche, e del lavoro interdisciplinare svolto a favore del paziente», spiega il Dr. Med. Dimitrios Christoforidis, vice primario all’EOC, specializzato in chirurgia viscerale e del colon-retto.
Inoltre nel giugno 2021, il Consiglio di Stato ticinese ha deciso di implementare il Programma cantonale di screening colorettale, invitando sistematicamente tutte le persone fra 50 e 69 anni a sottoporsi gratuitamente a un esame coloscopico. Per il dottor Christoforidis, «in Ticino la lotta al tumore colorettale è da allora entrata in una nuova fase».
A cosa punta il programma di screening generale?
Dr. Med. Dimitrios Christoforidis: Lo scopo è pervenire a una diagnosi precoce, che permetta di scoprire piccoli polipi o tumori in persone che non mostrano nessun sintomo. Nel caso del colon, un piccolo polipo benigno in 7-10 anni può trasformarsi in un tumore maligno invasivo.
Quante persone ricevono oggi una diagnosi di tumore colorettale?
Ogni anno in Svizzera circa 4300 persone, di cui più o meno 250 in Ticino, si ammalano di tumore colorettale, il secondo più frequente fra le donne e il terzo negli uomini. Ogni due anni, il Programma cantonale offre un test immunochimico quantitativo per la ricerca del sangue occulto nelle feci, in caso di risultato positivo da una coloscopia di approfondimento.
Quali sono i maggiori sviluppi in campo chirurgico?
Dopo la laparoscopia, ormai diventata uno standard, la chirurgia robotica è entrata nella sale operatorie con progressi notevoli nell’ultimo decennio, in particolare nel caso dei tumori del retto. All’EOC, grazie all’acquisizione del robot da Vinci (foto), gli interventi permettono una grande precisione, operando in spazi ristretti in prossimità dell’intestino. Oggi la chirurgia robotica minimizza il rischio di ledere tessuti e nervi, evitando il più delle volte il ricorso al sacco esterno per le feci. Ma attenzione, i progressi riguardano anche i protocolli di presa in carico, la cui importanza è cresciuta negli ultimi anni.
Dr. Med. Dimitrios Christoforidis, vice primario all’EOC, specializzato in chirurgia viscerale e del colon-retto
Qual è l’evoluzione dei protocolli di presa in carico?
C’è tanto da dire su questo punto. Schematizzando, ci sono protocolli di presa in carico ante intervento, il cui obiettivo è preparare il paziente, ad esempio dando un carico glucidico ottimale per fornire l’energia necessaria ad affrontare lo stress post chirurgico. Ci sono anche protocolli da applicare durante l’intervento: l’anestesia viene effettuata con sostanze più leggere, che l’organismo elimina con maggiore rapidità.
Per quanto riguarda l’aspetto analgesico, si è arrivati a un controllo perfetto del dolore, permettendo al paziente in fase post operatoria di recuperare subito il movimento, in modo da ridurre i tempi di degenza. Questo diminuisce anche l’incidenza di complicanze come la trombosi, perché il paziente è più attivo.
Come si svolge il periodo post operatorio?
Prima si usciva dall’ospedale dopo circa una settimana, dieci giorni. Ora spesso il paziente può tornare a casa al secondo o terzo giorno di degenza. è il risultato dell’applicazione dei protocolli ERAS, per Enhanced Ricovery After Surgery, il cui scopo è minimizzare le complicanze, oggi sempre più rare, ma che possono sempre apparire. L’unico chirurgo che non deve far fronte a complicanze è un chirurgo che non opera.
Oltre allo screening, nella lotta ai tumori colorettali, è importante insistere sulla prevenzione alimentare?
È pur sempre utile consigliare un’alimentazione sana, evitando il consumo eccesivo di carne rossa e di cibi processati. Ma se, per il tumore al polmone la causa è ben chiara e definita, e occorre smettere di fumare o meglio non cominciare mai a farlo, per il tumore al colon, il fattore alimentare non incide così tanto. Se una persona mangia carne rossa sin da piccolo tutti i giorni, è evidente che il rischio aumenta di sviluppare un tumore. Ma se la stessa persona fa uno screening colorettale a 45 anni, e presenta un polipo maligno, basta reciderlo per ridurre a zero il timore che si sviluppi. Lo screening fa la differenza.