Il Museo nazionale svizzero ricorda il legame tra Anna Frank e la Confederazione
Fino al 29 settembre 2024, al Château de Prangins, una mostra ripercorre le connessioni della famiglia della celebre autrice del ‘Diario’ e i Cantoni durante e dopo la Seconda guerra mondiale.
Di Redazione 28 marzo 2024
Fino al 29 settembre 2024, presso il Museo Nazionale Svizzero nella sede romanda del Castello di Prangins, nel Canton Vaud, nel distretto di Nyon, si potrà compiere un viaggio tra foto, racconti e documenti che attestano il legame tra la famiglia ebrea di Anna Frank – celebre in tutto il mondo per il suo ‘Diario’ – e la Confederazione elvetica.
La mostra, intitolata, per l’appunto, ‘Anne Frank e la Svizzera’, è incentrata soprattutto sulla vita dei Frank prima e durante la Seconda guerra mondiale e mette in luce le storie di sopravvivenza di alcuni parenti rifugiatisi a Basilea.
Otto Frank, padre di Anna, era nato a Francoforte sul Meno, in Germania, nel 1889. Negli Anni Trenta del Novecento, con l’ascesa al potere di Adolf Hitler e la crescente ostilità dei nazisti contro gli ebrei, la madre e le sorelle di Otto, insieme a mariti e figli, emigrarono in territorio elvetico, all’epoca ultimo angolo nell’Europa centrale non occupato ancora dalle milizie delle SS.
Un fratello si trasferì in Inghilterra, un altro a Parigi. Otto, invece, portò la sua famiglia – la moglie Edith e le figlie, Margot e Anna – in Olanda. Ad Amsterdam l’uomo avviò una succursale della ditta Opekta, già nota ai tedeschi, specializzata in preparati per marmellate e conserve.
Il 10 maggio 1940 i nazisti invasero anche i Paesi Bassi. Frank, nel frattempo, con l’aiuto di alcuni amici e colleghi, aveva preparato un nascondiglio nel retro del suo edificio aziendale. Lì, nel 1942, il manager e un’altra famiglia, i Van Pels, andarono a stare di nascosto in quell’alloggio.
Poco più tardi, si aggiunse anche il dentista Fritz Pfeffer. Queste otto persone vissero clandestinamente in quel modo per due anni. Fu lì che la piccola Anna scrisse le pagine del suo ‘Diario’, miracolosamente scampato all’irruzione della Gestapo avvenuta due anni dopo, nell’agosto 1944.
I Frank, i van Pels e Pfeffer furono deportati nel campo di sterminio Auschwitz. Si sa che Anna e sua sorella Margot morirono di tifo a Bergen-Belsen. Di tutti loro, solo Otto riuscì a sopravvivere. Al suo ritorno ad Amsterdam, la sua segretaria, Miep Gies, che aveva aiutato lui, i familiari e gli amici durante la clandestinità, gli consegnò il diario di Anna. Miep era riuscita a prendere il quaderno dal nascondiglio, dopoché era stato messo a soqquadro dai soldati nazisti, conservandolo silenziosamente fino a quel momento.
Otto, quindi, si trasferì da una sua sorella a Basilea. Nel 1979, intervistato dal giornale ‘Basler Magazin’, raccontò: “Non potevo più vivere in Olanda. Ogni volta che ci tornavo, i ricordi prendevano il sopravvento e non riuscivo a sopportarli”. Ha aggiunto Frank: “In Svizzera, ho anche trovato la pace interiore necessaria per fare tutto il lavoro legato al libro dal 1947”. Il dirigente aziendale, infatti, si impegnò a far conoscere i messaggi della figlia, nel segno dell’umanità, della tolleranza e della speranza, a tutto il mondo, pensando soprattutto alle generazioni future.
La mostra allestita al Castello di Prangins utilizza proprio il ‘Diario’ di Anna come punto di riferimento per raccontare i 735 giorni trascorsi dai Frank e dai loro amici nel rifugio segreto di Amsterdam, fino alla tragica scoperta e deportazione. Attraverso documenti, fotografie e oggetti personali, l’esposizione ‘Anne Frank e la Svizzera’ offre una panoramica sulle persecuzioni subite dagli ebrei sotto il regime nazista, con un focus particolare sul contesto storico, politico ed economico dell’epoca.
La mostra è realizzata in collaborazione con Anne Frank Fonds di Basilea e il Familie Frank Zentrum presso il Museo Ebraico di Francoforte.