Il nodo delle generazioni future
Di Fabio Lo Verso direttore 15 dicembre 2024
La rivoluzione, nel controverso campo mediatico, è partita dalla Danimarca, si è estesa più o meno al Vecchio Continente, ha fatto breccia negli Stati Uniti con il movimento del Constructive Journalism, confluito nelle Positive News per raccontare il mondo nella sua versione migliore. In Italia prende il nome di Buone Notizie. In Svizzera, il fenomeno è raro, nella felice Elvezia non si è (ancora) raggiunto il livello di «isteria mediatica» che ha pervaso il mondo.
È la ruvida, severa critica che buona parte della generazione fra i 25 e i 45 anni volge a stampa, radio e televisioni. La stessa rigetta il modo con cui si fa informazione: strillato, allarmista, superficiale e, innanzitutto, negativo. Lo slogan di questa generazione stanca dell’isteria mediatica campeggia sulla homepage di buonenotizie.it: «Le notizie come le conosciamo ci lasciano impotenti, divisi e meno informati».
La lezione dei 25-45enni è cruciale: nel frastuono dell’informazione ansiogena e preclusiva di ogni orizzonte, si perde il senso di un destino comune, la capacità di far fronte alle sfide del futuro. Possono i ventenni di oggi, avvolti nell’inquietudine ambientale, pensare senza impazzire che l’immobilità sarà il loro pane quotidiano? Possono i trentenni e i quarantenni, che hanno messo su famiglia, accettare che la loro prole viva una vita sospesa fra pessimismo e sfiducia, i sentimenti più accentuati dal sistema mediatico?
Così in questo numero di fine 2024, un anno fra i più oscuri del millennio, il Corriere dell’italianità ha scelto di fare luce su iniziative e progetti che hanno fin qui avuto un esito positivo, iscrivendosi nell’agenda delle generazioni future: la rinascita di un borgo nel sud Italia, ripulire gli oceani dalla plastica e catturare la CO2 nei mari.
Nel filo che unisce le notizie da un mondo sempre più cupo, il nodo risiede nel rifiuto dei giovani di coltivare in clandestinità la speranza. Nel loro bisogno di capire, sapere che esiste un passaggio verso un mondo migliore, e questo varco rimarrà aperto anche alle prossime generazioni. Al contrario di quanto si crede, è un’aspirazione che emerge persino sotto la falsa patina di spensieratezza raffigurata nei social.
Adesso la domanda da porsi è questa: quanto contano i giovani e le loro aspirazioni future nella vita pubblica? Per decenni l’Italia si è distinta per la classe dirigente più anziana d’Occidente e il livello di occupazione giovanile più basso tra i Paesi dell’Europa ricca.
Fra gli oltre novantamila italiani espatriati nel 2023, il 45% aveva fra i 18 e i 34 anni, con un ulteriore 23% fra i 35 e i 49 anni. La risposta è nei numeri di una irragionevole emarginazione. Dalla Svizzera i giovani partono per voglia di viaggiare, carriera, amore, e fanno spesso ritorno in patria. Dove lottano tanto quanto i giovani italiani per un mondo migliore.