Cuba oggi: crisi, resistenza e potenziale rinascita
In occasione del 66° anniversario della vittoria della rivoluzione cubana, il 1° gennaio 1959, abbiamo intervistato Marco Terreni, ex coordinatore di progetti Onu a Cuba, attento osservatore della realtà nell’isola del mar dei Caraibi.
Di Matteo Galasso 6 gennaio 2025
Cuba sta attraversando una delle peggiori crisi economiche della sua storia, caratterizzata da salari bassi, carenze croniche di beni di prima necessità, blackout frequenti e una crescente insoddisfazione sociale. Se le sanzioni internazionali hanno contribuito alla precarietà attuale, le inefficienze sistemiche di Cuba e la repressione politica rappresentano altrettanti criteri di causalità.
In occasione dei 66 anni della vittoria della rivoluzione cubana con il rovesciamento, il 1º gennaio 1959, del dittatore Fulgencio Batista, abbiamo intervistato Marco Terreni, che ha vissuto e lavorato sull’isola come coordinatore di progetti di cooperazione dal 2001 al 2011, e da allora è rimasto in stretto contatto con la realtà cubana.
Qual è la sua valutazione della crisi attuale?
La crisi economica odierna non è un fenomeno nuovo. Già negli anni ’70, con la dipendenza economica dall’Unione sovietica, si erano evidenziate le inefficienze del modello cubano. Il crollo dell’Urss negli anni ’90, durante il cosiddetto Periodo Especial, ha ulteriormente aggravato la situazione. Le fughe di massa, come quella del porto di Mariel nel 1980 e la crisi dei balseros nel 1994, dimostrano quanto la popolazione fosse, e sia tuttora, desiderosa di cercare altrove un futuro migliore.
Oggi, la situazione è altrettanto critica. Le carenze di cibo, medicine e carburante sono all’ordine del giorno, e la popolazione è costretta a vivere di espedienti. Le rimesse degli emigrati rappresentano una delle principali fonti di sopravvivenza per molte famiglie cubane. Mentre la popolazione soffre, l’élite al potere continua a gestire progetti faraonici che servono solo a mantenere lo status quo.
Quali sono le cause principali della crisi e quanto incidono le sanzioni internazionali?
Le sanzioni economiche, imposte dagli Stati Uniti a partire dagli anni ’60, hanno certamente avuto un impatto significativo sull’economia cubana. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che le inefficienze interne sono altrettanto, se non più, responsabili della situazione attuale. Le sanzioni non riguardano beni di prima necessità come cibo e medicine, eppure queste risorse scarseggiano a causa di una gestione economica fallimentare e di un sistema produttivo inefficiente. Il governo cubano tende a utilizzare le sanzioni come capro espiatorio per giustificare le proprie inefficienze. In realtà, molte delle difficoltà economiche derivano da decenni di scelte sbagliate e di un’economia pianificata incapace di adattarsi ai cambiamenti globali.
Quali soluzioni ritiene possibili oggi?
Le soluzioni non sono semplici, ma esistono. È necessario attrarre investimenti stranieri, garantendo però condizioni di sicurezza e trasparenza per gli investitori. Al tempo stesso, è fondamentale promuovere una cultura del lavoro e dell’imprenditorialità fra i cubani.Un’apertura economica simile a quella attuata dalla Cina potrebbe rappresentare una via d’uscita. Ma per attuare riforme significative, il governo cubano deve mostrare una reale volontà di cambiamento e smettere di temere le aperture al mercato globale.
«Uno dei miti più diffusi riguarda la sanità pubblica cubana, spesso lodata per la sua accessibilità. La realtà è meno idilliaca: ospedali privi di risorse, lunghe liste di attesa e una qualità delle cure inferiore rispetto agli standard occidentali».
Marco Terreni
Quali sono state le principali mansioni svolte durante il suo incarico e le sfide incontrate?
A Cuba mi sono occupato principalmente della gestione e del coordinamento di progetti di cooperazione internazionale. In particolare, ho lavorato su progetti come Habana Ecopolis e Los Mogotes, volti alla riqualificazione urbana e finanziati dall’Unione europea e dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo. La nostra missione era migliorare le condizioni abitative nei quartieri storici dell’Avana e implementare pratiche di sviluppo sostenibile. Una delle sfide principali è stata la relazione con le autorità cubane. La cooperazione con un governo fortemente centralizzato e diffidente nei confronti degli aiuti esterni ha reso difficile ottenere i permessi necessari e accedere ai fondi in tempi rapidi. La politica locale interferiva spesso imponendo decisioni poco razionali. Ricordo, ad esempio, la scelta obbligata di acquistare materiali di costruzione dal Venezuela a costi elevatissimi, piuttosto che approvvigionarsi sul mercato internazionale, più economico e accessibile.
Come ha influito la sua esperienza diretta sulla percezione del contesto cubano?
Il mio lavoro a Cuba mi ha permesso di comprendere le profonde contraddizioni del sistema. Da un lato il governo promuove l’idea di uguaglianza e giustizia sociale, dall’altro, esiste una netta divisione tra una ristretta élite con privilegi e una popolazione che fatica a sopravvivere con salari mensili medi di appena 15-20 euro. Uno dei miti più diffusi riguarda la sanità pubblica cubana, spesso lodata per la sua accessibilità. La realtà è meno idilliaca: ospedali privi di risorse, lunghe liste di attesa e una qualità delle cure inferiore rispetto agli standard occidentali. Anche l’istruzione, pur garantendo un alto tasso di alfabetizzazione, soffre di carenze che si manifestano in una scarsa preparazione pratica della popolazione. Questa dissonanza tra propaganda e realtà quotidiana è uno degli aspetti più frustranti della vita a Cuba.
Intravede una speranza per il popolo cubano?
Nonostante il drammatico stallo attuale, credo che ci sia ancora speranza. La popolazione è resiliente, possiede un enorme potenziale di rinascita. Se la leadership attuale dovesse cedere il passo a riformatori più pragmatici, potrebbe verificarsi un cambiamento positivo. Il mio augurio è che nel 2029, in occasione dei 70 anni della vittoria della rivoluzione, si verifichi un ritorno ai valori di giustizia sociale e uguaglianza, ma in chiave moderna e adattata alle necessità reali della popolazione.