Federalismo e democrazia diretta: lezioni svizzere per l’Italia?
È stata depositata lo scorso 3 dicembre la sentenza della Consulta che boccia in parte la legge sull’autonomia differenziata. Mentre nel Belpaese restano ora da correggere i meccanismi fondamentali del federalismo, Pascal Sciarini, professore e decano presso la facoltà di Scienze della Società dell’Università di Ginevra, illustra le ragioni del successo del modello elvetico.
Di Matteo Galasso 18 dicembre 2024
La Svizzera viene spesso indicata come modello di efficienza amministrativa ed economica. La sua capacità di garantire servizi di qualità, coesione sociale e stabilità politica incuriosisce gli osservatori italiani, soprattutto in un momento in cui il dibattito sull’autonomia differenziata è tornato al centro dell’agenda politica. Ma è possibile adattare il modello elvetico all’Italia? E quali lezioni possiamo davvero imparare dal sistema svizzero?
In Italia, la proposta di autonomia differenziata del governo Meloni mira a dare maggiore autonomia amministrativa e fiscale alle regioni più dinamiche. L’idea è di rafforzare il decentramento, ma le preoccupazioni per le possibili ricadute sulle regioni meno sviluppate sono forti. Il rischio di una polarizzazione territoriale è concreto.
Il federalismo svizzero è spesso considerato un esempio di equilibrio tra autonomia locale e solidarietà nazionale. In Svizzera, ogni cantone gode di un’ampia autonomia, ma esiste un robusto sistema perequativo che garantisce la redistribuzione delle risorse per assicurare a tutti l’accesso ai servizi essenziali. «Quando il federalismo fu introdotto – spiega Pascal Sciarini, politologo dell’Università di Ginevra – le differenze tra i cantoni erano significative. Un sistema di compensazione efficace ha permesso di ridurre queste disparità».
In Italia, dove il divario economico tra Nord e Sud è profondo, un federalismo senza solidi strumenti di perequazione rischierebbe di aggravare le disuguaglianze. Il caso svizzero dimostra che il federalismo funziona solo se le regioni più ricche accettano di sostenere le più deboli. Senza questa solidarietà, i servizi pubblici rischierebbero un drastico peggioramento nelle aree più fragili.
Uno dei punti di forza del sistema svizzero è la capacità di bilanciare le esigenze locali con l’interesse nazionale. Questo equilibrio ha garantito stabilità politica e coesione sociale, nonostante le differenze linguistiche e culturali tra i cantoni. In Italia, la maggiore omogeneità culturale potrebbe facilitare un processo di federalismo, ma servono meccanismi chiari per evitare frammentazioni.
Sciarini sottolinea che «un federalismo efficace richiede una visione politica di lungo periodo e una cultura della collaborazione istituzionale», elementi che in Italia spesso mancano. La Consulta ha recentemente riaffermato l’importanza di tutelare l’unità nazionale e i livelli essenziali di prestazioni. Qualsiasi riforma federalista dovrebbe tenere conto di questo principio per evitare ulteriori divari territoriali.
Un altro elemento distintivo del sistema svizzero è la democrazia diretta. I cittadini elvetici sono chiamati a esprimersi frequentemente attraverso referendum e iniziative popolari su questioni di grande rilevanza. Questo strumento ha contribuito a ridurre il senso di distanza tra la popolazione e le istituzioni.
Secondo Sciarini, «viviamo in un’epoca in cui le persone si sentono sempre più lontane dal potere centrale. Strumenti come il federalismo e la democrazia diretta possono avvicinare i cittadini alle decisioni politiche». L’introduzione graduale di meccanismi di democrazia diretta in Italia potrebbe rispondere al crescente malcontento verso la burocrazia centrale e le élite politiche.
Tuttavia, replicare questo sistema non è semplice. La Svizzera ha costruito la sua tradizione di democrazia diretta nel corso di decenni. «In un Paese grande e complesso come l’Italia, l’adozione di questi strumenti richiede un processo graduale e un’attenta valutazione del contesto politico», avverte Sciarini.
Il bicameralismo perfetto è poi un altro pilastro del sistema svizzero. Il Consiglio nazionale rappresenta la popolazione, mentre il Consiglio degli Stati rappresenta i cantoni, con pari poteri ma sistemi di elezione diversi. Questo modello è strettamente legato alla natura federale della Svizzera.
In Italia, il tentativo di modificare il bicameralismo simmetrico con la riforma Renzi del 2016 è fallito. «In un sistema centralizzato come quello italiano, cambiare il ruolo del Senato è complesso e rischioso», spiega Sciarini. La Svizzera offre un modello efficiente, ma difficilmente replicabile in Italia senza una riforma strutturale profonda.
La neutralità svizzera ha giocato inoltre un ruolo cruciale nella storia del Paese, garantendo stabilità interna e indipendenza internazionale. Dopo la Seconda Guerra Mondiale e durante la Guerra Fredda, la neutralità ha infatti rafforzato l’unità nazionale, anche se oggi la Svizzera fatica a mantenere una posizione neutrale in un contesto geopolitico sempre più polarizzato.
Per l’Italia, membro della Nato e dell’Unione Europea, adottare una politica di neutralità sarebbe impossibile. «La neutralità oggi rischierebbe di essere vista come un rifiuto delle responsabilità condivise», osserva Sciarini.
Il modello svizzero, insomma, non può essere trapiantato in Italia, ma può offrire spunti preziosi. Federalismo con perequazione, democrazia diretta graduale e un equilibrio tra autonomia locale e coesione nazionale potrebbero modernizzare il sistema di governance italiano. La Consulta ha ricordato l’importanza di questi equilibri: un federalismo solidale e partecipativo potrebbe essere la chiave per rispondere alle sfide del nostro tempo.