Italiani sempre più con la valigia
«L’estero è il nuovo ascensore sociale», dichiara Delfina Licata, curatrice del rapporto. Dal 2006 sono raddoppiati gli iscritti all’Aire, arrivando a oltre 6,1 milioni. L’Italia continua ad allontanare le risorse giovani. Non guarisce, anzi si acutizza «la ferita migratoria».
Di Loredana Traina 6 novembre 2024
Continua a ritmo sostenuto l’esodo degli italiani. Nel 2023, dopo la parentesi dell’emergenza sanitaria, quasi 90mila persone si sono iscritte all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) per la sola motivazione «espatrio». Non si è ancora tornati ai 130mila annui prepandemia, ma il movimento è in netta ripresa. «Con un protagonismo accentuato dei giovani», dichiara Delfina Licata, curatrice del Rapporto Italiani nel Mondo: la XIX edizione è stata presentata ieri, martedì 5 novembre a Roma, dalla Fondazione Migrantes.
Nel 2023, il 45% aveva fra i 18 e i 34 anni, con un ulteriore 23% fra i 35 e i 49 anni. Chi parte, insomma, è la frangia più giovane e più dinamica della popolazione, «una mobilità in crescita negli ultimi cinque anni», sottolinea Deflina Licata. «L’estero ha sostituito l’ascensore sociale bloccatosi negli anni Novanta».
Nel 2022 e 2023, i principali Paesi di destinazione sono stati il Regno Unito e la Germania, primi in graduatoria con rispettivamente il 15,1% e il 13,3% degli espatriati, seguiti da Svizzera, Francia, Spagna, Brasile e Stati Uniti. Sono questi i Paesi più gettonati fra i 187 che hanno accolto gli emigrati italiani partiti nell’ultimo anno, rappresentando tutti i continenti, dove oggi risiedono complessivamente 6 milioni 134 mila italiani, di cui il 52,4% in Europa, il 40,6% in America, il 2,7% in Oceania, l’1,3% in Asia e infine l’1,1% in Africa. L’Europa rimane la protagonista anche della nuova mobilità con oltre il 71,4% delle iscrizioni all’Aire nell’ultimo anno per «espatrio».
Si parte ma molto più spesso non si torna. Il rapporto lamenta «la desertificazione dei territori dalle menti e dalle braccia più produttive e creative». Nelle aree interne, abbandonate non soltanto per trasferirsi all’estero, chiudono scuole, bar, filiali di banche, attività commerciali, generando nuovi esodi. Non guarisce cioè la «ferita migratoria», che potrebbe cominciare a rimarginarsi «considerando la partenza non un abbandono ma una possibilità di crescita per un ritorno più utile».
A Roma, nel giorno della presentazione, Delfina Licata ha chiamato il XIX volume «il rapporto della maturità», per via delle analisi retrospettive di lungo spettro, temporale e spaziale, che offre quest’ultima edizione. Da tempo, «l’unica Italia a crescere continua ad essere soltanto quella che ha scelto l’estero per vivere», evidenzia il rapporto. «Ma quello che si evince fondamentalmente», prosegue la curatrice, è che «dal 2006 sono praticamente raddoppiati gli iscritti all’Aire», dai tre agli oltre sei milioni di individui.
Insomma ci sono sempre più italiani con la valigia per l’estero. Il covid ha certo rimescolato le carte, «bloccando per un paio di anni quei profili che prima partivano in maniera cospicua, le famiglie e i minori», aggiunge Delfina Licata, ma questa mobilità dava e continua a dare riscontro di una «necessità esistenziale» non solo lavorativa, «ma di garanzia di superamento di una precarietà e di una fragilità» che continuano a protrarsi in Italia.
Ora l’esigenza di fuoriuscire dai limiti socioeconomici del Paese si collega con «un altro desiderio anch’esso esistenziale», prosegue Licata, quello della genitorialità: «La nascita dei figli fuori dai confini nazionali è diventato un elemento preponderante», della presenza italiana all’estero, particolarmente in Europa.
Sul numero delle nascite fuori dall’Italia, sapere cioè quanto sia prolifica la famiglia italiana oltre i confini, «è un elemento che stiamo valutando», aggiunge Licata. Un dato che si dovrà mettere in relazione con la gracile natalità dell’Italia, una delle ultime nazioni per fertilità al mondo.
Intanto nel Paese continuano ad arrivare cittadini stranieri, anche se con numeri più contenuti che in passato, in cerca di un’esistenza più dignitosa. Nel tempo hanno messo al mondo nuove generazioni, ragazzi non italiani dagli 11 ai 19 anni di cui l’85% si sentono italiani pur non essendo riconosciuti tali. Mentre decine di migliaia di italiani lasciano il Paese, e ne tornano meno della metà: così dal 2020 si contano circa 652 mila residenti in meno.
Il rapporto mette in evidenza «uno scollamento tra la realtà e l’azione politica». La realtà è quella di un Paese delle migrazioni multiple in cerca di una «cittadinanza attiva», un tema a cui è dedicato il XIX rapporto.
«La politica riconosca e interpreti i cambiamenti in atto nella polis. Deve interpretarli e governarli con strumenti idonei e non pregiudiziali», afferma monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes: «La mobilità umana sta già di fatto mutando profondamente il concetto di cittadinanza». In Italia è invece rimasto intrappolato nell’inerzia della «materia ideologica».