Il crepuscolo di Biden e il pugno verso l’alto di Trump

di Paola Fuso 4 luglio 2024 New York

 

In America le elezioni presidenziali non sono un affare liquidabile in poche settimane di accordi tra correnti politiche e nel rispetto (o quasi) degli aspetti privati. Negli Stati Uniti la scelta del presidente, in definitiva del dirigente politico più importante al mondo, rispecchia lo stato del Paese e dunque la privacy non esiste, ma soprattutto mai come in questo 2024, osservare la campagna elettorale di Joe Biden e Donald Trump può farci comprendere le prossime mosse degli Stati Uniti in ambito di politica interna e internazionale. Ad oggi, sostenere che Biden possa governare gli Stati Uniti sino al 2028 è sempre più improbabile.

Gli elementi che inevitabilmente portano a questo scenario sono tutti nello stato psico-fisico del presidente uscente. Nonostante gli stretti collaboratori blindino le informazioni sullo stato di salute di Biden e le sue stesse uscite pubbliche, è evidente che il presidente faccia fatica a tenere insieme nozioni e dati da esporre con concentrazione e attinenza.

Non è sfuggito che gli incontri di Biden vengono organizzati dal suo staff in determinate fasce orarie e che, nonostante tutto, le interviste siano preoccupanti. Ne è un esempio paradigmatico proprio il confronto tra Biden e Trump del 28 giugno: pare che il presidente si sia preparato all’incontro per ben dieci giorni, ma di fatto il risultato è stato deludente. In più la percezione che tutti gli spettatori hanno avuto della inadeguatezza di Biden non è stata fugata: infatti a quel dibattito non è seguita, come succede praticamente sempre, nessuna conferenza stampa che dimostrasse la capacità di Biden di governare il Paese per i prossimi quattro anni.

Questo perché, realisticamente, il presidente non sarebbe stato in grado di reggere, a stretto giro, l’ennesima intervista. Infatti, la conferenza stampa delle scorse settimane, densa di errori, imprecisioni e attimi di smarrimento, non ha fatto che rafforzare le voci di quanti chiedono a Biden di fare un passo indietro. Ed ecco la domanda che tutti ci poniamo: perché Biden non fa un passo indietro? Innanzitutto, perché la scelta è soltanto la sua. E questo potere gli deriva dall’aver vinto le primarie del Partito Democratico. In secondo luogo, perché Biden ha fatto molto bene in questi anni, è un fatto indiscutibile che l’economia statunitense sia florida. Infine, non dimentichiamo che è un politico di razza e quando per cinquanta anni sei il primo della classe è difficile poi scendere dalla giostra del potere.

Arriviamo adesso a delineare la figura dello sfidante che, se non bastasse la densa e folta schiera di sostenitori al seguito, ha dalla sua pure una serie di eventi fortunati, tutti tra l’altro accaduti a ridosso delle elezioni. Infatti, mentre Biden continua a crollare nei sondaggi e vede giorno dopo giorno i propri sostenitori che si defilano in maniera costante, Trump viene ferito all’orecchio dal proiettile che gli ha sfiorato il cranio in un tentato omicidio da parte del ventenne Thomas Matthew Crooks. Tutto ciò durante un suo comizio elettorale a Butler, in Pennsylvania.

Già questo potrebbe bastare per innalzare il suo indice di gradimento, ma Trump fa di più. Mentre gli uomini e le donne dei servizi segreti accorrono per fargli da scudo, lui, insanguinato e incurante del pericolo, si risolleva mostrando il pugno e urla “Fight”. Non si capisce contro cosa Trump vorrebbe lottare, perché non c’è una guerra civile in corso negli Stati Uniti ma, in quel momento, davanti a quella immagine potentissima, il popolo americano si innamora perdutamente. Perché? Perché ha trovato il cowboy solitario che risolve ogni problema di questo gigante disfunzionale che è l’America.

Risultato? Trump vola nei sondaggi. E mentre il Presidente ha dovuto condannare l’attentato, le ultime legioni democratiche pro-Biden scuotono il capo davanti al colpo di grazia ricevuto. Biden può continuare la sua corsa alla presidenza, ma se si ritira (scartate le ipotesi fantasiose di Michelle Obama e del segretario di Stato americano Antony Blinken: la prima ha più volte dichiarato di non voler scendere in campo e il secondo è un tecnico senza nessun contatto personale con comitati, associazioni e più generalmente con gli elettori) rimane l’opzione Kamala Harris.

La scelta della “sposa fantasma” di Biden, vicepresidente degli Stati Uniti d’America, rappresenta l’unico modo per salvare i fondi ad oggi destinati a sostenere il presidente, perché la raccolta delle risorse economiche per la campagna elettorale porta il nome del presidente e della sua vice. Tuttavia, c’è un nodo molto difficile da sciogliere ovvero che la Harris non è molto amata: Biden le aveva assegnato il dossier sulla immigrazione e in questo compito la vicepresidente non ha propriamente brillato.

Naturalmente vi sono altri nomi, ma occorre capire se i delegati, in tempo, convergeranno su un unico nome. Al momento in cui scriviamo Trump è quindi sulla cresta dell’onda. Nonostante abbia usato i fondi destinati alla sua campagna elettorale per pagare una escort. Nonostante l’assalto al Campidoglio (ricordiamo tutti il tentativo insurrezionale a Washington il 6 gennaio 2021 quando i manifestanti pro-Trump assaltarono il Campidoglio). In ultima analisi, nonostante il fatto che il cecchino Crooks, determinato a ucciderlo, fosse un elettore repubblicano (secondo i media statunitensi, i registri elettorali dello Stato mostrano che era un repubblicano registrato). E nonostante la sua vita sia stata attentata utilizzando un’arma d’assalto (per la precisione un fucile semiautomatico AR-15) e lui stesso sia rappresentante del partito che sostiene l’uso delle armi.

Ma di “nonostante” la nostra storia è piena. Così come, purtroppo, di attentati. Può un tentato assassinio fare della vittima un eroe? Sicuramente può farne un martire ma anche un eroe se le circostanze vengono raccontate in un certo modo e non vi è, come adesso negli Stati Uniti, nessuna alternativa accettabile.

In America ora sta iniziando a circolare l’idea che solo l’intervento di Trump possa risolvere il conflitto ucraino e consentire magari anche la riappacificazione con la Cina. Si tace invece sui grandi dilemmi della sua presidenza. Il rispetto della Costituzione, l’uso delle armi, il valore dei diritti civili, il diritto all’aborto, la gestione della immigrazione che è la grande forza lavoro in America, il ruolo degli USA nella Nato e i rapporti con l’Europa.

 
Corriere dell’italianità


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