I passi avanti della scienza e l’industria per catturare e stoccare la CO2 nei mari
È stato scoperto quest’anno un microrganismo capace di assorbire quantità elevate di biossido di carbonio, nello stesso tempo è stato realizzato il primo impianto al mondo di stoccaggio in acqua marina.
Di Ludovica Pozzi 19 dicembre 2024
È arrivata lo scorso 29 ottobre la notizia che aspettavamo. Un’équipe di microbiologi ha individuato un ceppo di cianobatteri capace di stoccare elevate quantità di anidride carbonica all’interno delle proprie cellule. La scoperta, pubblicata sulla rivista Applied Environmental Microbiology, «è un passo avanti significativo nell’urgente necessità dell’umanità di mitigare e invertire il cambiamento climatico», commenta su Repubblica George Church, co-autore dello studio, docente di genetica presso la Harvard Medical School e docente di scienze e tecnologie sanitarie a Harvard, negli Stati Uniti.
Il cianobatterio è un microrgansmo conosciuto da tempo, ma il ceppo appena scoperto possiede facoltà utili al sequestro della CO2 e soprattutto alla sua restituzione per la biolavorazione industriale. I ricercatori spiegano che i cianobatteri da loro osservati «tendono a sedimentare, formando una specie di “tappeto verde” che ne facilita la raccolta rispetto ai ceppi che tendono invece a rimanere dispersi in soluzione».
Questa caratteristica inattesa ha il potenziale per essere sfruttata nell’ambito industriale, poiché semplifica la fase di concentrazione del CO2 abbattendo i costi di produzione di materiali a partire da sistemi biologici. Il coinvolgimento dell’industria, fondamentale nella lotta al riscaldamento climatico, è legato alla prospettiva di poter convertire in ricavi gli ingenti investimenti nella cattura ma anche nello «stoccaggio» di CO2.
Quest’ultimo è la missione di un’azienda italiana, Limenet, che nel 2024 ha realizzato il primo impianto al mondo di stoccaggio di CO2 in acqua marina ad Augusta, in Sicilia. «L’innovazione tecnologica, basata su processi chimici, è oggi in grado di trasformare l’anidride carbonica, raccolta dall’atmosfera, in una soluzione acquosa di bicarbonati di calcio. In questo modo nasce una soluzione di stoccaggio di CO2 duratura e stabile», spiega la rivista Wired Italia.
Il metodo rimuove la CO2 e contrasta il temibile fenomeno dell’«acidificazione» che minaccia la vita sott’acqua, di cui il colpevole è, manco a dirlo, il diossido di carbonio in eccesso. Entro il 2050 gli scienziati prevedono che l'86% degli oceani del mondo saranno più caldi e più acidi di quanto lo siano mai stati nella storia moderna. Un minimo cambiamento dell’equilibrio acido è già un problema per coralli, ostriche e altre creature con conchiglie. Oggi i mari e gli oceani sono sovraccarichi di CO2, con un tasso di 24 milioni di tonnellate al giorno... L’urgenza è evitare il collasso.
Alcuni scienziati hanno però lanciato un appello alla cautela, a non danneggiare la fauna e flora oceanica con l’uso di tecnologie aggressive, dettate appunto dall’urgenza, e a puntare su soluzioni biologiche. Fra queste spicca la recente scoperta pubblicata sulla rivista Applied Environmental Microbiology.