«In Europa la premier Giorgia Meloni ha tentato il triplo salto carpiato»

Lo storico Alberto Mario Banti, professore all’Università di Pisa, è uno studioso dei nazionalismi: «Non ho ben capito che intenzioni avesse la presidente del Consiglio, ora si trova in mezzo a un guado».

Di Fabio Lo Verso 4 settembre 2024

 

Professor Banti, cosa è successo in questa concitata estate meloniana in Europa?
È successo che alcuni partiti di destra, fra cui Fratelli d’Italia e la Lega, hanno con forza rilanciato in Europa l’ideologia nazionalista. È stato un passo ulteriore della strategia politica di difesa della nazione contro un preteso nemico esterno, l’Europa. Lo hanno fatto usando all’interno lo strumento del sovranismo.

Sovranismo e nazionalismo si sovrappongono per mobilitare i seguaci, il primo ha bisogno di un nemico interno, il secondo di un nemico esterno. Funziona così anche in Italia?
Il ragionamento è questo: se vogliamo difendere la nostra nazione, l’Italia, allora dobbiamo riacquistare potere in Europa. A questo scopo si fanno scoppiare polemiche, vere o false che siano, contro ad esempio l’esagerata ingerenza delle istituzioni europee nella politica interna. Ma per tutti, non soltanto per Giorgia Meloni, non è una linea così facile o semplice da seguire. In Italia puoi anche alzare la voce quanto vuoi, poi però quando arrivi in Europa, devi cercare di stringere alleanze e tessere rapporti.

Inizialmente Giorgia Meloni è parsa molto abile in questo.
Infatti è stata capace di saldare buone relazioni addirittura con Ursula von der Leyen. Poi il rifiuto di dare il suo voto alla stessa von der Leyen ha complicato la strategia sovranista italiana in Europa. Ora il problema riguarda tutti i partiti nazionalisti europei. Se intendono essere un attore centrale nella costruzione degli equilibri all’interno della potente Commissione europea, devono allora ridimensionare le loro pretese, non adottare una posizione radicale, di scontro diretto. Non sembrava che Meloni avesse in mente proprio quest’ultima posizione.

 
 

Alberto Maria Banti. © DR 2024

 
 

Appunto, cosa aveva in mente Meloni?
A me pare che la premier abbia davvero fatto un gioco di prestigio, volendo entrare in modo decisivo nella costituzione degli equilibri della Commissione, pur sapendo che non disponeva dei numeri in Parlamento. Poi è stata spiazzata dalle formazioni euroscettiche, in primo luogo dall’insorgenza dei Patrioti per l’Europa, una creatura del premier ungherese Viktor Orbán, un partito che vuole demolire l’Europa e non vuole certo mantenere equilibri. La leader italiana si è così trovata in mezzo al guado, né esattamente da una parte, né dall’altra.

In mezzo al guado, oppure si potrebbe dire che Meloni è caduta nelle sabbie mobili?
Tutto quello che si può dire è che al momento la mossa ha indebolito molto, sia nel contesto europeo che in quello italiano, il profilo di Meloni. La presidente del Consiglio ha tentato il triplo salto carpiato, cercando invano di tenere insieme la possibilità di affermare un’identità sovranista, dunque antieuropea, e di contare nello stesso tempo in Europa. A me è parsa una partita difficile, se non ardua sin dal principio. Quando in seguito, con la spinta di Orbán, si è ridisegnata una nuova geografia delle alleanze nazionaliste, questa difficoltà è diventata somma, la partita di Meloni si è rivelata una sconfitta.

Insomma Orbán ha dato scacco matto a Meloni.
Viktor Orbán ha giocato in modo efficace la sua partita politica molto più di quanto abbia fatto Giorgia Meloni. Non si è capito bene cosa la premier si aspettasse dalle sue mosse. A volte, se non spesso, giocare su due tavoli contemporaneamente è una strategia perdente.

C’è pure da considerare che la premier non ha nemmeno una vita facile in casa.
Meloni ha un problema interno, con il generale Vannacci, Salvini e la Lega. La competizione è aperta fra chi parla meglio il linguaggio nazionalista e sovranista. La premier ora deve prendere una decisione, non può rimanere in mezzo al guado, dove per il momento si è autocondannata a stare. Sono state le sue scelte politiche a metterla in questa scomodissima posizione.

Cosa prevede che farà la premier per uscire da questa scomodissima posizione?
Sono uno storico, non prevedo il futuro. Come diceva Braudel, gli storici profetano il passato.

Alberto Mario Banti insegna Storia Contemporanea all’Università di Pisa. È membro dell’Accademia dei Lincei. Dal febbraio al giugno 2021 è stato titolare della cattedra De Sanctis presso il Politecnico Federale di Zurigo. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: La nazione del Risorgimento, Einaudi, 2000; e Wonderland. La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd, Laterza, 2017.

 
Corriere dell’italianità


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